WAGNER E' SOLO UN TAPPEZZIERE

WAGNER E' SOLO UN TAPPEZZIERE WAGNER E' SOLO UN TAPPEZZIERE I geni letti dal perito grafologo Aliberarci da generiche perplessità sulla portata dottrinaria della grafologia quale voce competitiva nel linguaggio dei segni è lo stesso Ludwig Klages (1872-1956), fondatore della psicologia scientifica della scrittura, filosofo irregolare di matrice antispiritualista e autore di Perizie grafologiche su casi illustri (or ora da Adelphi, seguite da un prezioso saggio di Giampiero Moretti). In assonanza col pensiero di Nietzsche, fisionomo ammiratissimo, i reperti diagnostici non hanno, né possono avere, validità assoluta. I devoti della nuova scienza sono avvertiti: concorrono a rilevare piuttosto che a rivelare. E tuttavia, nel loro ambito, giocano un ruolo insostituibile. Per dirla con le sue parole: «Rappresentano la pianura e le cime più basse che è obbligatorio superare prima che si dischiuda l'accesso alla regione dei ghiacciai». Oltrepassata però la soglia espressiva, il perito ceda umilmente il passo al filosofo. Il quale è sempre lì, pronto a segnalare possibili deragliamenti etici o estetici e a interpolare riflessioni immaginifiche sulla moderna scienza dell'anima - da non confondere con l'ordinaria psiche («Spesso si ha l'impressione che il suo mondo sia circondato dalle pareti di una sala anatomica»). Frequente è il richiamo alle corrette tecniche professionali («A parte i dati anagrafici, il grafologo non ha bisogno di sapere alcunché dello scrivente e deve rimuovere ogni altra informazione acquisita»), sebbene la pratica di laboratorio contraddica poi l'imperativo e il pregiudizio dell'indagatore invada più del sospettabile l'area considerata. E frequente è lo scambio tra i personaggi che compaiono nell'indice - da Nietzsche a Schopenhauer, da Wagner a Beethoven, da Bismarck all'archeologo Schliemann - e quelli chiamati a contrasto nelle singole analisi: da Kant a Hegel, da Goethe a Schiller. Le sorprese, certo, non mancano. Studiando una lettera di Beethoven indirizzata al suo editore J.A. Steiner nel 1824, Klages scopre che i parti spirituali del superbo compositore sono frutto di «cieca necessità», come non si riscontra in Bach, Hàndel, Gluck, Haydn, Mozart, Berlioz... «tutti, senza eccezione, più attenti e consapevoli di lui». E alla domanda se esista una grafia che dal punto di vista tipologico assomigli a quella di Beethoven, risponde: «Sì, è la grafia di Napoleone. Per quanto enormi possano essere le differenze, nondimeno esse presentano affinità che noi, in qualità di studiosi dell'espressione, non esitiamo un solo istante ad associare». Di Wagner, il ritratto che ci si offre, indipendentemente dalle sciabolate di Nietzsche, è nel complesso duro, acrimonioso, pur riconoscendosi al Maestro alcuni rari gioielli (l'«aria triste» in Tristano e Isotta, per citarne uno). Dichiarati gli apprezza menti e i rigetti personali, Klages ratifica una serie di connotazioni distruttive: artificioso, isterico, egolatrico, «vecchio trappolone» e, per estensione, «tappezziere» dell'arte musicale al pari di Stephan George che si guadagna il titolo di miglior tappezziere della letteratura tedesca. Al contrario, Bismarck ne esce ingigantito. Sia il profilo biografico sia l'indagine scritturale ci assicurano che «egli appartiene ai pochi grandi nei quali sussiste piena armonia fra l'umanità quotidiana e lo spirito delle azioni». Con Schopenhauer si torna a un articolato distinguo dell'individuo in sé e del fascinoso pensatore, della specie di Seneca, Montaigne, La Rochefoucauld. Rispetto a Hegel, «un piccolo borghese legato alla terra», Schopenhauer appare addirittura un elegante cosmopolita, un apolide felicemente sottomesso all'ardore dei sensi. Il che non significa che Schopenhauer traboccasse di vitalità erotica, come lascia supporre l'aneddotica. Lo studio del livello formale (ivi compreso il ductus giovanile), che pur conferma una buona dose di cinismo, indiscussa abilità finanziaria e ostinata indifferenza per il prossimo, esclude un'attività sessuale particolamente intensa, esclude altresì qualsivoglia accenno all'«amore romantico» e induce l'analista a parlare di una dottrina sorprendentemente grossolana e di pulsioni elementari applicate alla metafisica, quali poteva esprimere un «allevatore». Del resto, taluni episodi favoriscono la malevolenza esegetica. Una volta, a Venezia, aveva rinunciato a conoscere Lord Byron nel timore che un'amica con la quale si accompagava lo tradisse gettandosi tra le braccia di quel «semidio»; e non aveva forse perduto la testa per una fantesca, scaraventandola giù per le scale allorché la poveretta aveva tentato di resistergli? Talora Klages lascia a bocca aperta i grafologi di carriera, un po' sadicamente si diverte a tenerli sulla brace, e con sovrano distacco denuncia smottamenti e abbagli in corso d'opera. Succede, ad esempio, che i celebri matematici Bernoulli: Jacob, Johannes, Nikolaus e Daniel Bernoulli... - una famiglia singolare che per oltre un secolo glorifica il calcolo delle probabilità, la meccanica celeste e il calcolo infinitesimale - risultino grafologicamente sterili. «Dalle loro grafie, tutte in modo straordinario ricche di spirito, non traspare nulla, ma proprio nulla, che possa far pensare all'esistenza di qualcosa come un talento specifico per la matematica». Klages chiude a secco il resoconto, ma ugualmente ci arriva il suo messaggio: se il perito, fedele al ductus, come gli compete, accusa una sonora sconfitta, il filosofo che attraversa la scrittura e la incorpora ha i mezzi per trionfare. Giuseppe Cassieri Ludwig Klages Perizie grafologiche su casi illustri Adelphi. pp. 210. L. 18.000

Luoghi citati: Adelphi, Venezia