« Business? Non in Italia » di Bruno Ghibaudi

« « Business? Non in Italia » Ma le pazienti non corrono rischi» « ROMA. Anche in Italia l'ecografia su videocassetta non è più una novità. Ma viene fatta solo nelle case di cura e negli ambulatori privati. Nelle strutture pubbliche no. Gli ecografi con videoregistratore, capaci di registrare direttamente su nastro i movimenti del feto, ci sono già da qualche anno. Ma in ospedale le richieste di questo genere, del resto non contemplate né dal Servizio sanitario nazionale né dalle casse integrative né dalle assicurazioni, non vengono neppure avanzate. «Al Centro diagnosi prenatale le registrazioni ecografiche vengono fatte, soprattutto quando si tratta di conservare le immagini più significative delle malformazioni fetali - spiega il professor Giuseppe Spera della Seconda Clinica ostetrico-ginecologica del Policlinico Umberto I di Roma -. Ci servono per confrontare le condizioni del feto a distanza di qualche settimana, per seguirne meglio lo sviluppo e per evidenziarne tempestivamente le eventuali anomalie. Le raccogliamo perché sono utili per lo studio, per la ricerca, per la didattica. Ma non per con^ segnare un souvenir alla futura mamma». Non le è mai capitato di sentirsi chiedere una di queste registrazioni? «Sinceramente no. Del resto, se qualcuno mi chiedesse l'indirizzo di un privato che le la non saprei neppure a chi indirizzarlo». Comporta qualche rischio, per la madre o per il feto, un'esposizione agli ultrasuoni più prolungata del dovuto? «Studi al riguardo ne sono stati fatti molti, ma prove certe di danno non ne sono ancora state raccolte. Alcune nostre pazienti vengono sottoposte ad ecografia una volta la settimana per controllare la crescita fetale o la flussimetria placenta-feto-madre. E non sono certo i dieci-dodici minuti di esposizione a costituire un rischio». Quante ecografie si fanno in una gravidanza normale? «Tre, se non ci sono motivi particolari: alla fine del terzo mese, la fine del quinto e l'inizio del sesto, all'inizio del nono. Se emergessero patologie, se ne fanno delle altre. Queste indagini sono necessarie per controllare periodicamente lo sviluppo del feto. Trascurare questi accertamenti, che ormai sono obbligatori, sarebbe un grave errore: in caso di malformazioni il medico potrebbe essere denunciato». Dobbiamo allora parlare di una nuova moda propiziata da un consumismo sempre più esasperato e ormai inarrestabile? «La spinta consumistica, favorita dalla diffusione dei videoregistratori, c'è senz'altro. Ma non bisogna neppure sottovalutare l'emozione di un genitore dinanzi ai pri¬ mi segni di vita di suo figlio. Una volta non si sapeva neppure in quale posizione si trovasse il feto. Ora invece lo si vede muovere e palpitare, e perfino di profilo. Sono momenti di grande meraviglia e commozione, che tutti i genitori, con l'aiuto del videoregistratore possono rivivere a piacere». Ma allora perché la Food and Drug Administration ha messo nel mirino questa pratica? «Forse per motivi economici. Se la nuova moda si diffondesse le apparecchiature di videoecografia dovrebbero sopportare un carico di lavoro enorme, con costi altissimi per la comunità». Bruno Ghibaudi

Persone citate: Giuseppe Spera, Umberto I

Luoghi citati: Italia, Roma