LA CORSA AL CENTRO di Sergio Romano

Un male italiano soffoca LA CORSA AL CENTRO dei partiti tradizionali, un'utile rute di collegamenti culturali o clientelar!. Ma la situazione nel frattempo e cambiala. Un nuovo «centrista», Berlusconi, occupa ormai con Forza Italia inni parte dello spazio che apparteneva alle vecchie coalizioni e, più recentemente, alla Lega. Non basta. Vi è nel Paese, da) referendum dell'aprili; I J93, una evidente deriva maggioritaria ci»; non attende il rinnovamento delle istituzioni i' sconta la divisione del quadro politico in dui; poli contrapposti. La candidatura di Berlusconi nel '94 e quella di Prodi ora dimostrano che tutti, lo vogliaio o no, debbono conformarsi a questa logica. Ecco quindi che il vecchio centro e la Lega, minacciati di estinzione, cercano disperataniente di valorizzare il loro i nolo e di allargare lo spazio di cui dispongono. Abbiamo assidilo in questi mesi a tutte le combinazioni possibili: Segni e Bossi, Bossi e Berlusconi, Buttigliene i' D'Alcma, Buttiglione • Hnssi, Buttiglione e Berlusconi, Bossi e D'Alema. Non vi è centrista che non abbia piroettato su se stesso almeno un paio di volti; nella speranza di cadere nella posizione giusta. Anche la crisi dello scorso dicembre e dovuta in gran parte a questa frenetica ricerca di spazio chi; assilla i reduci del grande naufragio centrista. Buttiglione ha colpito a destra appoggiandosi a sinistra. Ma il suo scopo, probabilmente, era quello di rimpicciolire il suo naturale interlocutore, Berlusconi, per renderlo più docile e maneggevole. Oggi, mentre le elezioni si avvicinano, il centro diventa sempre più effervescente e il suo turbinio sempre più vorticoso. Piaccia o no, il governo Dini ha un mandato limitato e tutti sanno che occorre piazzarsi in tempo per la prossima corsa. Fra la tattica di Berlusconi e quella di Prodi corre meno differenza di quan¬ to non si creda. Ciascuno dei due vuole controllare i propri alleati dal centro. Ma il primo dialoga con uno schieramento che ha già un leader prestigioso, e non può quindi candidare se stesso alla direzione del Paese; mentre il secondo punta sull'aiuto di un partito, il pds, che non può correre con il proprio leader, e ne approfitta per l'are atto di candidatura. Ma parlare di «rinascita» del centro è un errore. 11 vecchio centro era il grande regista del teatro politico italiano. Quello d'oggi si compone di personaggi in cerca d'autore. Conoscono la parte, sanno a memoria il copione, ma hanno bisogno di un regista che li metta in scena; e possono trovarlo soltanto alleandosi con il Polo delle libertà o con il cartello dei progressisti. Dietro questa frenetica agitazione centrista vi è un calcolo politico. Il centro sa che non può correre da solo, ma sa anche che alla deriva maggioritaria della società italiana corrisponde un sistema politico immutato. Le elezioni avranno un carattere bipolare e saranno dominate dalla contrapposizione di due raggruppamenti politici. Ma il giorno dopo, in Parlamento, ogni partito riacquisterà la propria indipendenza e ogni leader diventerà un semplice deputato o senatore, senza l'autorità e il mandato necessari per tenere insieme la sua coalizione elettorale. E' quello il momento in cui i centristi marginali della vita politica italiana - dalla Lega al partito popolare - potranno ricominciare a spiegare le loro virtù e a «ricattare» i propri alleati. Se vince Berlusconi, Buttiglione sarà, con più stile e garbo, il suo nuovo Bossi; se vince Prodi assisteremo a una riedizione, con diversi rapporti di forza, dell'era di Moro. Questi sono scenari rozzi e approssimativi, naturalmente, ma servono a dare un'idea di ciò che ci aspetta se alle tendenze della società politica non corrisponde una riforma costituzionale che trasformi in senso maggioritario e presidenzialista il sistema politico italiano. Sergio Romano