OSSERVATORIO l'onu ha fallito e il peggio deve arrivare di Aldo Rizzo

OSSERVATORIO OSSERVATORIO L'Onu ha fallito e ilpeggio deve venire , N Somalia si va verso gioì- ; JL. ni decisivi, nell'operazione «Scudo Unito», che dovrebbe garantire la partenza ordì- I nata e sicura degli ultimi ottomila Caschi blu e dei loro equipaggiamenti, 1 militari lo I chiamano «ritiro in ambiente ] ostile». E quanto sia ostile, I quell'ambiente, lo abbiamo vjsto. Speriamo che il seguito sia meno drammatico. Ma il peggio, non più per gli uomini dell'Orni e per gli stranieri in genere, ma per gli stessi somali, verni dopo, quando le unità della flotta multinazionale si saranno allontanate e le l'azioni locali potranno scatenarsi senza più limiti per il controllo del territorio e dei traffici più disparati. Un fallimento? Certo. Forse il più grave nella storia dell'Omi. Ma che dire del Ruanda, I dove sono state trucidate centinaia di migliaia di persone? Dopotutto, in Somalia un tentativo è stato fatto ed ò andato j male (non senza qualche beneficio nella lotta alla carestia e | alla fame). In Ruanda, neppure ) quello. Ebbene, anche in Ruanda non è finita. Una moltitudine di profughi hutu (l'et- I nia alla line sconfitta nell'agghiacciante guerra civile) si accalca nei campi di raccolta dello Zaire e non si riesce a farla defluire verso le terre d'origine. I capi hutu costringono molti se non tutti a restare, per fare dei campi una basi; di lancio per la guerriglia oltre frontiera, contro i unsi. Ci sono le premesse per un altro bagno di sangue. Queste premesse esistono anche per il Paese vicino e gemello, il Burundi, finora miracolosamente sottrattosi alla faida cruenta tra le due etnie. Lì i tutsi sono all'opposizione, | nei confronti di un governo I detto di unità nazionale, in realtà controllato dagli hutu. Opposizione non all'inglese, evidentemente, ma fatta di agguati e di bombe e di incitamenti a una rivolta generalizzata. 1 tutsi sono una minoranza, come in Ruanda, ma sono meglio organizzati e detengono posti-chiave nelle forze armate. Va anche detto che la pace finora in Burundi è stata assai relativa: due anni fa, proprio a febbraio, fu assassinato il primo presidente democraticamente eletto, Melchior Ndadaye, un hutu, e in conseguen za morirono in vari modi 50 mila persone, essenzialmente tutsi. Il segretario dell'Onu, Boutros Ghali, ha detto che la comunità internazionale «non saprebbe accettare una ripetizione nel Burundi dei tragici avvenimenti in Ruanda». Può darsi, ma per il linimento non si fa nulla per impedirla. E intanto, passando dall'Africa alla vecchia e civile Europa, c'è chi dice che l'operazione di ritiro dei Caschi blu dalla Somalia è una specie di prova generale per la ex Jugoslavia, o almeno per la Croazia, se, come tutto lascia credere, il presidente Tudjman insisterà perché i soldati dell'Onu se ne vadano entro la fine di marzo Tutti temono che ciò possa preludere a una nuova e più vasta guerra, ma c'è come una sorta di fatalismo (ai quale, mi pare, resiste solo la Francia). L'Onu sta per compiere 50 anni. Quindi grandi celebrazioni alle visti-. Ma celebrazioni di che? Piuttosto è un momento grave, di riflessioni gravi. Nessuno può volere la fine dell'Onu. così come nessuno, fra gli ottimisti, può continuare a illudersi che l'Onu sia o possa essere un governo mondiale (non avendone ne la natura ne i mezzi). Si tratta piuttosto di rafforzarla per ciucilo che è, realisticamente: cioè metterla in grado di individuare alcuni obiettivi essenziali o ineludibili e tornirle gli strumenti necessari. Così, passo dopo passo, si può lai' crescere la sua credibilità e la sua efficacia, fuori dalla retorica, che poi provoca un senso collettivo di frustrazione e di angoscia. Si tratta, in ultima analisi, di evitarle la sorte della Società delle Nazioni, che la precedette nella prima metà del secolo, partendo dall'utopia della democrazia internazionale e finendo nella seconda guerra mondiale. Nel nostro caso, sarebbe la terza o la quarta, non si sa. Aldo Rizzo ° l ■7 :

Persone citate: Boutros Ghali, Melchior Ndadaye, Tudjman