La Pivetti abbiamo salvato la democrazia

La presidente della Camera a sorpresa sul palco del Carroccio: ci siamo ribellati a un abbraccio mortale La presidente della Camera a sorpresa sul palco del Carroccio: ci siamo ribellati a un abbraccio mortale La Pivetti: abbiamo salvato la democrazia Parole di fuoco per il Cavaliere, Maroni e i «traditori» MILANO DAL NOSTRO INVIATO «Oggi non potevo mancare. Avevo pensato di rinunciare a questa festa per rispetto istituzionale. Ma anche le istituzioni hanno un'anima, hanno un cuore. Eppoi spero che possa essere concesso anche a me quello che è stato concesso a tutti i miei predecessori». Irene Pivetti quasi chiede scusa quando prende la parola al congresso della Lega. Sa che il discorso che seguirà provocherà polemiche e susciterà critiche e, proprio per questo, mette le mani avanti. Ma poco importa: visto che la Lega di Umberto Bossi ha perso Roberto Maroni nella battaglia per la cacciata di Silvio Berlusconi da palazzo Chigi - una battaglia che la Pivetti ha più volte benedetto -, l'inquilina di Montecitorio si è sentita in dovere di scendere in campo in prima persona per dare manforte al «Senatur» impegnato nel diffìcile compito di traghettare i lumbard verso un'alleanza non congeniale per il Carroccio com'è quello schieramento che dovrebbe appoggiare la candidatura di Romano Prodi. L'Irene arriva al Palatrussardi all'improvviso, preannunciata al mattino da un messaggio di auguri che il deputato leghista Roberto Castelli rivolge dal palco del congresso alla «militante Pivetti». E' un segnale premonitore che sfugge a tutti, visto che nessuno si aspettava al congresso la comparsa di quell'ospite d'onore. In realtà Bossi, che si sente in difficoltà, in questi ultimi giorni ha tentato di tutto per convincere l'Irene ad accettare l'invito. Ha bisogno d'aiuto il Senatur visto che la Lega si sta squagliando, un aiuto che non può venirgli da una Pivetti che si limiti a fare il presidente della Camera. E, infatti, la persona che arriva a Milano non è certo la stessa che a Roma sceglie con cura ogni espressione per essere ligia al suo ruolo istituzionale, non è il personaggio che parlando di sé dice «mi sono sciolta nelle istituzioni». Quando la Pivetti apre bocca tra le ovazioni da stadio della platea, si capisce subito che sul palco del Palatrussardi non c'è certo la «sacerdotessa» delle istituzioni ma una dirigente della Lega. La Pivetti si lascia andare ad apprezzamenti duri nei confronti dei «traditori» che hanno lasciato la Lega, verso quel «furbo» di Berlusconi che è stato il regista delle scissioni del Carroccio, contro lo stesso Roberto Maroni che - secondo lei - si è fatto abbindolare dal gioco del Cavaliere. Si tratta, di fatto, di un'altra delle tante forzature a cui ci hanno abituato i diversi protagonisti della seconda Repubblica a cominciare da Berlusconi per finire, in alcuni casi, allo stesso Scalfaro. E probabilmente la decisione della terza carica dello Stato di scendere in campo senza remore e infrangendo molte convenzioni è il segnale che quella campagna elettorale sotterranea, cominciata da tempo e che tutti fanno finta di non vedere, è venuta allo scoperto. E' un altro segnale che si voterà presto. L'entrata in scena della Pivetti sembra studiata da un abile scenografo. Si presenta davanti ad una platea leghista in visibilio quasi a braccetto con Bossi. Saluta più volte agitando la mano, commossa, con gli occhi lucidi per l'emozione. Qualche attimo, il tempo di far calare nella sala il silenzio e subito partono i fulmini e le saette contro i nemici del Senatur. «A di¬ spetto di tutti gli uccellaceli del malaugurio - esordisce l'Irene questo comgresso ha dimostrato una forza e un'allegria da fare invidia. Mi sono sentita orgogliosa. Il movimento ha fatto una rivoluzione democratica prima fuori delle istituzioni, ora dentro. Gente capace di scommettere il cuore per quegli ideali. Abbiamo subito dei colpi, abbiamo perso degli amici. Non tutti però erano amici veri. Tra chi se ne è andato c'è senz'altro chi aveva pensato di servirsi del movimento per i propri interessi personali e chi quando c'era bisogno di stringere i denti non lo ha fatto. Insomma, dei veri traditori ci sono stati». Dopo quest'attacco generico contro tutti gli «scissionisti» la Pivetti inquadra nel mirino Maroni e Berlusconi. Ne parla, ma non ne fa i nomi. «C'è anche chi - osserva - si è fatto confondere le idee senza accorgersi di essere strumento nelle mani di qualcuno molto furbo, molto scaltro che sa perfetta- mente curare i propri interessi a costo di andare contro \.i interessi della democrazia. A questi amici che non hanno capito direi: pensate a chi vi fa i complimenti, a chi sogghigna in questo momento. ] Pensateci perché siete in tempo, I perché la Lega ripartirà più forte». Più va avanti nel suo intervento e più la Pivetti si cala nelle vesti della militante leghista. Apprezza la svolta «democratica» nella vita interna del movimento. A lei basta la nascita di un ufficio di segreteria per dire che è tutto vero. Poi, risponde da leghista alle accuse di tradimento che Berlusconi ha lanciato contro Bossi. «Noi siamo rimasti fedeli all'ideale del federalismo - dice -, era nei patti, anche nei patti elettorali. E la Lega non ha mai tradito i patti, non ha mai tradito gli ideali. Ma si è ribellata all'abbraccio di chi questi ideali non li avrebbe realizzati mai. Per questo io affermo che la nostra è stata una battaglia di libertà per la democrazia. Il movimento si è sacrificato in prima persona quando ha visto in pericolo i valori ideali della libertà e della democrazia. Chi altro mai, stando al go¬ verno, lo avrebbe fatto? La Lega lo ha fatto e ora riprenderà la sua strada al centro, rigorosamente al centro dello schieramento politico». Sì, rigorosamente al centro. Chi meglio della Pivetti può garantire alla base leghista che le alleanze che il Senatur si prepara a stringere con Prodi, con il pds, non sposteranno il Carroccio a sinistra? E' proprio quello che vuole Bossi dall'Irene, un timbro sul fatto che quell'alleanza che la Lega si appresta a fare non ha un colore, ma è un'alleanza «per la difesa della democrazia». E' un altro compito per la Pivetti che nel frattempo dal suo studio di Montecitorio dovrà mandare avanti tutte le iniziative contro il Cavaliere: dalla commissione speciale per l'informazione all'antitrust, v quella legge sulle «incompatibilità» che, se approvata, impedirà u Berlusconi di assumere incarichi di governo o istituzionali. Al massimo l'ex presidente del Consiglio, se proprio lo vorrà, potrà fare il «peone», il semplice parlamentare. Augusto Zinzolini Irene: «A dispetto degli uccellacci del malaugurio questo congresso è forte. Mi sento orgogliosa di voi» Il segretario: «L'unica Lega siamo noi 1 transfughi di Negri? "Negritos" al servizio di Silvio-Frankenstein...» '*? ggne: «A dispetto degli uccellacci l malaugurio questo congresso orte. Mi sento orgogliosa di voi» egretario: «L'unica Lega siamo noi ansfughi di Negri? "Negritos" ervizio di Silvio-Frankenstein...» e Pivetti, agonista nella nata conclusiva congresso sta al trussardi. A ra, Umberto i, sopra il aco di Milano co Formentini Irene Pivetti, protagonista nella giornata conclusiva del congresso leghista al Palatrussardi. A destra, Umberto Bossi, sopra il sindaco di Milano Marco Formentini

Luoghi citati: Milano, Roma