«Lo hanno ucciso al posto mio» di F. For.

«Lo hanno ucciso al posto mio» «Lo hanno ucciso al posto mio» 77 vero obiettivo: un esportatore di frutta LA GUERRA DELLE BANANE UMOGADISCIO NA guerra nella guerra da tre anni dilania la Somalia: quella delle banane. Un confronto feroce, senza esclusioni di colpi: battaglie nelle piantagioni, milizie assoldate dai produttori per la difesa, mercenari di scorta ai convogli che trasportano le banane dal Basso Giuba al porto di Mogadiscio. Ogni tanto ci scappa il morto, da una parte e dall'altra. E gli animi si incattiviscono: la vendetta sembra essere una caratteristica dei somali, i vari clan che forniscono i miliziani per le scorte e la sicurezza si muovono in forze per vendicare la morte dei membri della loro «cabila» e si va avanti così all'infinito, in una faida crudele e assurda. Al centro della disputa un gruppo di agricoltori somali azionisti della Somalfruit, società italo-sòmala che esporta banane dalla Somalia dal 1985, e una multinazionale americana della frutta, la Dole, che con la Delmonte e l'United Fruit controlla quasi tutto il mercato mondiale e detiene il monopolio dell'area del dollaro, cioè dei Paesi produttori dell'America Latina. Dal maggio dell'anno scorso la Dole è presente anche in Somalia, rappresentata dalla società Sombana, il cui presidente è Salai Mohamed Siad mentre il settore commerciale sarebbe affidato a un certo Duale, un somalo invischiato in operazioni poco chiare nel settore dei trasporti. La Sombana prende i primi contatti con i produttori somali di Shalambod, cento chilometri a Sud di Mogadiscio, e di Afgoi, a trenta chilometri dalla capitale ma, dice il rappresentante della Somalfruit Vittorio Travaglini, «con scarso successo: il 95 per cento degli agricoltori di quel comprensorio hanno confermato la loro disponibilità alla collaborazione con la Somalfruit». Per due anni, da quando il Paese è scon- volto da una feroce guerra fratricida, la società italo-somala ha continuato a fornire aiuti agli agricoltori. «Foraggio, concimi, utensili, anche denaro spiega Travaglini -. Di recento abbiamo comperato motopompe per svuotare le piantagioni dall'acqua delle piogge abbondanti della scorsa stagione». Lo scorso anno la Sombana, per conto della Dole, ha fatto partire dal porto di Mogadiscio soltanto tre bananiere ma il carico era di modesta qualità e sembra che se ne siano liberate gettandolo in mare. «Comperano di tutto senza badare alla qualità - dice Travaglini perché in questo modo cercano di imporsi sul mercato». Per dirimere la controversia si è mosso anche il generale Aidid, le piantagioni si trovano nella zo¬ na meridionale del Paese controllata dagli Aberghedir, gli uomini del suo clan, che aveva «consigliato» ai produttori di vendere la loro produzione anche alla Dole, ma in seguito il generale si è tirato fuori da questa querelle. Sul campo so- no rimasti a fronteggiarsi le «milizie» delle due società cui sono affidate la protezione dei convogli e delle piantagioni. Una guerra in famiglia perché sono tutti Aberghedir, anche se di cabile diverse. Ci sono stati scontri un po' dappertutto, Vit- torio Travaglini è stato minacciato più volte di morte. Per questo la Somalfruit aveva potenziato il proprio servizio di sicurezza: 40 uomini a protezione della sedo della società, in una villetta nei pressi del quarto chilometro, e di Travaglini, che per quattro mesi è rimasto a Mogadiscio per riorganizzare tutta l'attività, acquistare le banane, approntare i carichi per le navi. «Ci sono stati momenti di grande tensione - racconta -, a novembre le autorità portuali hanno obbligato una nostra nave, già attraccata al molo e in attesa di caricare, a uscire dal porto per lasciare il posto a due navi della Dole». In quei mesi Vittorio era stato raggiunto . alcune volte dalla moglie Cristina, che vive a Nairobi. «Per questo sono sicuro, anche in base a quello che mi ha raccontato Carmen Lasorella, che aveva preso alloggio nella nostra sede e si serviva delle nostre auto e della nostra scorta, che i giornalisti sono caduti in un agguato preparato contro di me. Sono rimasti vittima di un equivoco: qualcuno vedendoli ha creduto che fossimo tornati io e mia moglie». Perché l'imboscata? Fino all'altro giorno c'erano stati soltanto scontri fra i mercenari, mai un attacco diretto contro le società vere e proprie. «Mi è stato detto che una decina di giorni fa, io manco da Mogadiscio da un mese circa, ci sarebbe stata una sparatoria fra i nostri uomini che scortavano un camion carico di banane diretto al porto, e degli uomini che lavorano per la Sombana, che hanno avuto alcuni morti. Forse volevano vendicarsi uccidendomi. Rabbrividisco solo a pensarlo, non tanto per me, che sono qui, ma perché offrendo ospitalità e assistenza alla troupe del Tg2 forse li ho mandati incontro alla morte. Almeno per il povero Palmisano...». [f. for.]

Luoghi citati: America Latina, Mogadiscio, Nairobi, Somalia