A un passo dalla scissione

A un passo dalla scissione MEDIAZIONE IMPOSSIBILE A un passo dalla scissione La sinistra nei comitati popolari per Prodi SROMA EDUTO in quarta fila in quella platea dell'hotel Ergife dove i post-democristiani si preparano a dirsi addio un uomo con i capelli e i baffi bianchi tiene tra le mani un bastone da passeggio e scuote continuamente la testa per marcare il proprio dissenso. Gabriele De Rosa, storico «ufficiale» della de, l'uomo che ha contribuito alla nascita dei popolari, è sicuro: le due anime del partito stanno per dividersi. Anzi, il divorzio, anche se nessuno se ne è accorto, di fatto si è consumato. «Queste - sentenzia - sono le anime di un partito già scisso. Questa è la verità. Ci sono due visioni ideologiche profondamente diverse». Ma come ogni vecchio democristiano anche De Rosa non si rassegna: «C'è però una cosa che mi fa arrabbiare, che non capisco: è arrivato il maggioritario e noi dobbiamo scegliere. Ma chi l'ha detto?». Forse ha ragione l'anziano De Rosa, il «divorzio», la «scissione» dei popolari è avvenuta, ma nessuno, dentro quella sala gremita da persone cresciute in un partito che ha sempre aborrito ogni tipo di scelta traumatica, ha il coraggio di ammetterlo. Ora c'è da aspettare solo che la rottura sia ufficializzata. Il meccanismo si è messo in moto: da oggi la sinistra del partito oltre a chiedere il congresso promuoverà, sia pure indirettamente, la nascita in periferia dei «comitati popolari prò Prodi». Tutti ne parlano, da Guido Bodrato, a Rosy Bindi, a Beniamino Andreatta: «Noi spiega Bodrato - abbiamo la maggioranza in otto regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia, Marche, Abruzzo, Lazio e Basilicata) e lì andremo sicuramente avanti». Saranno proprio i comitati, gli organismi territoriali in cui transiteranno i popolari «dissidenti» prima di finire nel nuovo soggetto politico che sta mettendo su Romano Prodi. Che farà Buttiglione? «Io - dice il segretario - valuterò questa iniziativa, se non sarà in linea con le indicazioni del partito gli organi competenti prenderanno dei provvedimenti». Ma Formigoni, che è meno diplomatico di Buttiglione, già parla di «com- portamento inammissibile». Così, alla fine di questo consiglio nazionale le due prospettive che si aprono a breve termine per il partito popolare sono quelle di una «scissione» messa in piedi dai dissidenti o di un'«espulsione» promossa dal segretario nei confronti dei ribelli. L'epilogo è maturo. Certo i «mediatori» come Marini, come Gargani, continuerano a lavorare, forse riusciranno a chiudere la riunione del consiglio nazionale senza che sia sancito il distacco, ma l'atmosfera dell'Ergife fotografa come non mai quanto siano inconciliabili le due anime del partito popolare. Lo sono adesso nel ppi, come lo erano nel mondo cattolico: da una parte c'è l'Azione Cattolica e le Acli, finite nella sinistra del ppi; dall'altra c'è Comunione e Liberazione che è diventata il serbatoio da dove Buttiglione attinge i suoi quadri di partito. Così in questi ultimi capitoli di storia del ppi si riversano vecchi e nuovi rancori. C'è Monticone che, vittima di un attacco verbale dal palco, se ne va strappando il cartellino di consigliere nazionale. La Bindi, invece, rivolge ai suoi avversari la fatidica accusa di «clerico-facisti» mentre a Buttiglione dà direttamente del «fascista». Mancino dentro la riunione parla di un «Buttiglione megalomane». Andreatta è addirittura incontenibile nelle critiche al segretario: «Buttiglione ha un atteggiamento autoritario che ha offeso il mio narcisismo che come tutti sanno non è inferiore al suo». Eppoi i soliti coretti delle «claques» dei due schieramenti: quelli della sinistra che danno a Buttiglione del «traditore»; quelli degli amici del segretario che replicano: «Servi di D'Alema». Non mancano neanche le accuse più «basse». Il segretario dal palco accusa i suoi oppositori di pensare al «loro destino personale». Succede un putiferio ma il capo della segretria di Buttiglione, Tassone, non demorde e un attimo dopo è pronto a scommettere che gente come la Bindi, Mattarella ed Elia «hanno un posto garantito nelle liste progressiste». Sull'altro versante le accuse non sono da meno. Bodrato dal palco lancia ai suoi avversari quasi un'anatema: «Siete dei venduti». Poi, dopo il j discorso, spiega: «Berlusconi ha garantito a Buttiglione l'elezione di 90 deputati». Il segretario replica ironico: «Troppa grazia dal cielo, ci metteri la firma». Stando così le cose le due anime del ppi hanno ben poco da dirsi. Bisogna solo scegliere le modalità dell'addio. Eppoi ognuno andrà per la sua strada. I «popolari» di sinistra diventeranno l'ossatura del «progetto Prodi». Qualcuno di loro già lavora gomito a gomito con il candidato del centro-sinistra. «Sì - ammette Angelo Picano - siamo in costante contatto con lui. E' proprio Prodi che in questo momento ci chiede di siglare un armistizio interno. Una rottura, infatti, renderebbe sicure le elezioni a giugno». Gli altri, invece, tentano di immaginare una strategia per marcare con la loro presenza lo schieramento di centro-destra. Hanno trovato un riferimento sicuro in Dini. Durante il viaggio negli Usa l'attuale presidente del Consiglio ha confidato ai suoi collaboratori gli scenari futuri e tutti contano sull'appoggio di Buttiglione. Dini ha intenzione di rimettere l'incarico a Scalfaro tra il 15 e il 30 aprile, poi tra le tante possibilità ce ne sono due che lo riguardano direttamente: le elezioni a giugno e, quindi, in caso di vittoria del centro-destra, un governo, questa volta politico, guidato per un periodo ancora da lui con l'assenso di Berlusconi; o, se non ci saranno le elezioni, la trasformazione dell'attuale esecutivo «tecnico» in un governo politico con dentro la vecchia maggioranza e i popolari che dovrebbe andare avanti ancora per un anno. Discorsi questi che riecheggiano anche nelle parole di Formigoni. «La prospettiva su cui si lavora spiega - prevede le elezioni a giugno e in caso di vittoria un governo Dini. Berlusconi, che non lo esclude, ha tutto l'interesse ad aspettare un anno, prima di tornare a palazzo Chigi. In questo modo potrà sistemare lo sue tv senza venderle sottocosto». Eh sì, da quest'altra parte, da quella di Buttiglione, si torna a parlare di governo come ai tempi della de. Del resto quello che ha in mente il segretario è proprio la rinascita della democrazia cristiana dall'unione del ppi, di Forza Italia e dei Cristiano Democratici di Casini e Mastella. Non per nulla il vecchio Ettore Bernabei, il padre dei grandi boiardi di Stato scudocrociati, non ha dubbi: lui rimarrà con Buttiglione. «L'unica scelta possibile - spiega in un corridoio dell'Hotel Ergife - è questa. L'altra, quella di Andreatta e della Bindi, non esiste. Sarà un nuovo centro, visto che la de l'hanno fatta morire in malo modo due anni fa». Augusto Minzolini Buttiglione cauto «Valuterò bene la loro iniziativa prima di decidere» Formigoni deciso «Comportamento inaccettabile» E Bodrato annuncia «In 8 regioni abbiamo la maggioranza» L'entourage del segretario «Così Rocco ci riporterà al governo» NE LE A un passo dalLa sinistra nei comita Rosy Bindi e il segretario ppi Rocco Buttiglione

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