Imboscata nella città dell'odio

Mogadiscio: guerriglieri in agguato sulle jeep, dieci minuti di raffiche. Mogadiscio: guerriglieri in agguato sulle jeep, dieci minuti di raffiche. Imboscata nella città dell'odio Ucciso l'operatore Rai, si salva Carmen Lasorella MOGADISCIO. La morto era li. Marcello Palmisano, operatore del Tg2, arrivato nella capitalo somala soltanto sotto oro prima, l'ha incontrata sulla strada dell'aeroporto allo 15 (ora localo), mentre con la giornalista Carmen Lasorella si slava accingendo a furo dolio riprese per il primo servizio. Salgono cosi a quindici lo vittime italiano immolate sul ironie di questa guerra assurda e feroce, combattuta fra bando sanguinarie dei vari clan che si contendono il poteic in Somalia. Ed è il terzo giornalista italiano ucciso a Mogadiscio: il 20 marzo dell'anno scorso la giornalista Ilaria Alpi del Tg3 e l'operatore Miran Hrovatin venivano assassinati da un commando nei pressi dell'ex ambasciata italiana. Quasi un'esecuzione: Ilaria Alpi e stata uccisa con un colpo di pistola alla testa sparato a bruciapelo, Corse perché era arrivata troppo vicino alla verità su un traffico d'armi in cui, secondo voci che circolano tutt'ora a Mogadiscio, sarebbero implicati noti personaggi italiani. Carmen Lasorella e Marcello Palmisano orano arrivati a Mogadiscio allo 8 (ora locale) con un volo Unosom proveniente da Nairobi. All'aeroporto della capitale somala, dove sono raggruppati i circa tremila Caschi Blu che saranno ritirati nei prossimi giorni, allo scadere del mandalo della missione dell'Onu, orano attesi da una scorta di una trentina di uomini con duo «locnicho», fuoristrada su cui sono piazzati mitragliatrici posanti o lanciarazzi, che li hanno accompagnati in una casa noi pressi del quarto chilometro dove si trovano gli uffici della «Somalfruit» e che era stata scolta come base operativa porche ben protetta o sorvegliata da un nugolo di uomini fidati. Il tempo di montare il telefono satellitare, poi i duo giornalisti orano usciti per preparare il servizio. Faceva caldo, la temperatura a mezzogiorno ora di 52 gradi, le strado nei pressi del porto e dell'aeroporto deserte, percorse ogni tanto da «tecniche); zeppe di armati. Poco prima delle 15 Lasorella e Palmisano escono dal campo militare a bordo di una «landcruiser» su cui oltre l'autista hanno preso posto altri duo somali. Sono tutti disarmati perché all'interno del perimetro controllato dai Caschi Blu non possono entrare civili armati. All'uscita i due giornalisti sono attesi dallo duo «tecniche» di scorta con trenta uomini armati di tutto punto. Da una strada laterale sbuca una «tecnica» con un cannoncino e moti armati, che blocca la strada costringendo l'autista della «landcruiser» a fermarsi. Altre due «tecniche» sbucate dal nulla si affiancano alla vettura dei giornalisti. Questioni di attimi: la scorta di Lasorella e Palmisano è ancora lontana, il loro autista tonta di aprirsi un varco, partono i primi colpi di mitragliatrice, Lasorella o il suo operatore si rannicchiano sui sodili, corcano di proteggersi dalla raffiche che au- montano d'intensità. Poi scoppia l'inferno. Sopraggiungono le due «tecniche» con la scorta dei giornalisti, ne arrivano ancora altre dogli aggressori, si scatena un fuoco micidiale, si spara con ogni tipo di arma, dai kalashnikov alle micidiali mitragliatrici browning, dai lanciarazzi ai cannoncini a tiro rapido. Una vera battaglia. Una granata centra una «tecnica» che salta in aria, anche la «landcruiser» prende fuoco, Carmen Lasorella si salva gettandosi fuori dalla vettura dopo aver tentato invano di soccorrere Palmisano. Attorno a lei piovono i proiettili mentre corca di raggiungere un riparo. Si nasconde dietro un mucchio di sassi: por terra ci sono i cadaveri di tre o quattro somali. Lo scontro si protrac per una decina di minuti: dall'interno del campo trincerato che protegge l'aeroporto, i Caschi Blu pachistani osservano al riparo delle loro postazioni ma nessuno interviene. Poi la fucileria si spegne all'improvviso. Un silenzio innaturale segue al frastuono delle mitraglio e dei cannoncini. Lasorella viene aggredita da un gruppo di somali, forse gli stessi che hanno teso l'imboscata. Percossa, derubata dell'orologio, della catenina, degli occhiali, viene portata nel cortile di una casa a poche decine dal luogo dello scontro. Sulla strada le carcasse annerite e fumanti della «tecnica» e della «landcruiser» incendiato, i cadaveri di una decina di somali, fra assalitori e uomini di scorta. Da lontano arrivano guardinghi alcuni ragazzini avvicinano esitanti alle carcasse delle vetture: non li spinge un impulso di solidarietà ma la speranza di trovare qualcosa da razziare. Perché questa è oggi la tragica realtà della Somalia: la morte è una compagna quotidiana a cui non si fa più caso. Trattenuta per oltre un'ora noi cortile di quella casa, dove gli aggressori discutevano della sua sorte, chi voleva trattenerla in ostaggio per esigere un riscatto, chi invece sosteneva che era meglio lasciarla andare, Carmen Lasorella è stata infine caricata su un'auto e portata alla sede del Cefa, un'organizzazione non governativa italiana, in una casa vicino al quarto chilometro, nella zona controllata dai miliziani del generale Aidid. Quattro elicotteri con incursori del Col Moschin sono decollati dalla «Garibaldi» per recuperare Lasorella, ma l'oscurità non ha consentito di portare a termine l'operazione. Perché l'agguato ai due giornalisti italiani? Perché di agguato si parla, senz'ombra di dubbio. Tutto si ò svolto con precisione cronometrica, guidato da un'accorta regia. E' molto probabile che il bersaglio dell'imboscata non fossero Lasorella e Palmisano ma i dirigenti della «Somalfruit», la società italo-somala per il commercio delle banane. Da alcuni mesi a Mogadiscio opera anche una società americana, la Dole, che cerca di accaparrarsi il mercato: in questi ultimi tempi la tensione era aumentata, gli scontri fra gli uomini armati che proteggono i convogli delle due società si era- no moltiplicati, il direttore Vittorio Travaglini, che da alcuni giorni si trova a Nairobi, era stato minacciato più volte ed era sfuggito ad un paio di attentati. I due giornalisti si erano sistemati nella sede della «Somalfruit», viaggiavano a bordo di un'auto della società: forse gli assalitori quando li hanno visti arrivare hanno creduto che fossero dirigenti della «Somalfruit» e li hanno attaccati. 0 forse sono stati assaliti solo perché erano «gal», stranieri. Trucidati Marcello Palmisano del Tg2 e dieci somali Marcello Palmisano e Ilaria Alpi Sotto, soldati a Mogadiscio Marcello Palmisano e Ilaria Alpi Sotto, soldati a Mogadiscio