Mattina di terrore in stazione

Alessandria: l'uomo, 58 anni, è morto dopo una sparatoria con i poliziotti. Aveva paura di restare senza pensione Alessandria: l'uomo, 58 anni, è morto dopo una sparatoria con i poliziotti. Aveva paura di restare senza pensione Mattina di terrore in stazione «Mi avete licenziato», e spara ai ferrovieri ALESSANDRIA. Disoccupato, con l'ossessione di restare senza pensione, voleva uccidere un dirigente delle Ferrovie, secondo lui la causa di tutti i suoi guai. Così ieri mattina Enrico D'Ambrosi, 58 anni, di Tortona, è arrivato in stazione: una pistola 7.65 carica in tasca, in mano una borsa con due scatole di pallottole. E' andato alla biglietteria. «Era pallido - racconterà un testimone - ha chiesto di alcuni dirigenti che però avevano cambiato incarichi. Poi si è allontanato». Dopo cinque minuti i primi spari. In quel breve lasso di tempo D'Ambrosi era andato nell'ufficio del capostazione titolare, Pietro Porro, 59 anni, di Asti, che però non c'era. S'era messo a parlare con un impiegato. Aveva atteso. Quando Porro gli si ò fatto incontro lo ha bloccato sulla soglia, che dà sul marciapiede del primo binario, lo ha salutato e poi gli ha sparato nella pancia. E' accorso il vice di Porro, Antonio Mascara, alessandrino, 50 anni, e si è preso anche lui una pistolettata, nel fianco. Un'impicgata è fuggita di corsa, quello che stava parlando con D'Ambrosi si è accasciato su una sedia, ma lo sparatore lo ha rassicurato: «Guarda che non ce l'ho con te». Erano le 11,35 in punto: in quel momento transitava un treno passeggeri diretto a Savona, gli inquirenti troveranno il foro di un proiettile contro la fiancata di un vagone. Poi il finimondo: i due corpi stesi sul marciapiede in un lago di sangue, la gente che fugge urlando, l'arrivo degli agenti della Polfer. Comincia l'assedio a Enrico D'Ambrosi che si ò barricato nell'ufficio e minaccia di con- tinuare a sparare. Nel giro di pochi minuti la stazione è in stato d'assedio: auto della polizia e dei carabinieri bloccano tutte le entrate. I vigili urbani deviano il traffico. I funzionari della squadra mobile cercano di parlamentare via telefono, ma l'uomo non risponde. Cinque ferrovieri mancano all'appello, si teme siano ostaggi del folle (solo più tardi si saprà che sono scappati anche loro). Il questore Mastrocinque e il capo della squadra mobile Mondelli fanno uno schizzo degli uffici, con l'aiuto di un ferroviere. Quindi si procurano una chiave della porta del locale dov'è asserragliato D'Ambrosi. «L'obiettivo era entrare e lanciare i lacrimogeni - diranno poi - perché fra l'altro non sapevamo se l'uomo era solo o no». Ma qualcosa va storto. D'Ambrosi vede gli agenti e ricomincia a sparare: una pallottola sibila a pochi centimetri dalla testa di un poliziotto. Gli agenti rispondono al fuoco ed Enrico D'Ambrosi crolla colpito a una gamba ed al torace. E' passata poco più di mezz'ora dai primi colpi di pistola. La tragedia si compirà alle 13,45, quando l'uomo cesserà di vivere nella sala operatoria dell'ospedale. Lì, in rianimazione, sono ricoverati anche Pietro Porro e Antonio Mascara. Entrambi sono stati sottoposti a interventi chirugici. Il più grave ò il primo : la pallottola gli ha trapassato sette volte l'intestino. Dopo l'operazione ha ripreso conoscenza, ha parlato con i familiari, ma i medici non sciolgono la prognosi. Anche lui, forse, ora si sta chiedendo: perché? Enrico D'Ambrosi non cercava lui. Voleva i due dirigenti che all'epoca del suo licenziamento si occupavano degli appalti: era di loro che aveva chiesto in biglietteria. Era loro che riteneva la causa dei suoi guai, delle sue umiliazioni, delle sue ansie. Ma tant'è, non cercava di colpire l'uomo ma l'istituzione, le Fer¬ rovie. Perché da impiegato era stato trasformato di colpo in uomo delle pulizie e poi in disoccupato. E adesso c'era anche il problema della pensione, che temeva di perdere. Enrico D'Ambrosi non era sposato, abitava con la sorella, il fratello e il nipote. Carattere chiuso. Salute malferma, fin da bambino: lesione a un polmone. 11 diploma magistrale non conseguito, ma tanta voglia di applicarsi. E finalmente il «posto»: impiegato in una ditta che si occupava di carico e scarico merci in staziono. Quasi sempre turni di notte, ma un lavoro dignitoso, per 12 anni. Poi nel '91 le Ferrovie decidono i primi «tagli» agli appalti, la ditta entra in crisi, licenzia Ira i tanti anche lui. Lo «riassorbe» un'altra piccola impresa, sempre in stazione, che però si occupa di pulizie. E' uno schiaffo. Enrico D'Ambrosi lavorerà solo due mesi, quindi tre di malati'a. Poi il licenziamento e tre anni passati a rimuginare sulle ingiustizie subite. L'incertezza della pensione è cosa recente: l'aveva chiesta anche per quella sua lesione polmonare, ma gliel'avevano negata. E arrivare fino a 65 anni... Quando, nel '92, rinnovò la carta d'identità volle che fosse scritto come professione: impiegato. L'ultimo orgoglio. Piero Bottino 1 enrico d'ambrosi, 58 anni, entra in stazione con ia pistola nascosta in un pacchetto bianco. alla biglietteria chiede di parlare con il capo unita1 che non ce' r-|-\ 3 arriva la polfer accolta a / 1 colpi di pistola: l'assassino k£_jfr7' si asserraglia nell'ufficio 11.381--^ del capostazione arrivano altri poliziotti che tentano, invano, di convincerlo ad arrendersi UN'ORA DA FAR WEST 4 d'ambrosio punta la pistola contro gu agenti e spara. i poliziotti rispondono al fuoco colpendolo ad un polpaccio e al petto. viene caricato in ambulanza, portato in ospedale, dove muore durante l'intervento chirurgico Il raptus è scattato quando non ha trovato gli ex superiori che incolpava per i suoi guai Gravi i due capistazione che ha colpito con un pistola 7,65 In alto un'immagine della stazione di Alessandria teatro della sparatoria di ieri mattina. Da sinistra, Enrico D'Ambrosi, l'uomo ucciso dalla polizia, e il capostazione Pietro Porro

Luoghi citati: Alessandria, Asti, Savona