Lamento per Felipe

Spagna, in tv lo stanco dibattito alle Cortes tra Gonzàlez e i suoi rivali, Aznar e Anguita Spagna, in tv lo stanco dibattito alle Cortes tra Gonzàlez e i suoi rivali, Aznar e Anguita Lamento per Felipe Va in onda l'agonia socialista VENT'ANNI DOPO FRANCO Cm MADRID ™ E' stata la televisione collocata per tutto il tempo in filo diretto, da mezzogiorno l'ino a notte inoltrata, e c'era anche mezza Spagna che alla tv seguiva Gonzàlez, Aznar e Anguita che si beccavano sulla tribuna delle Cortes: eppure alla fino non è stato un grande avvenimento, il dibattito parlamentare di ieri sullo «stato della nazione». Non lo è stato perché, da quando la televisione è diventata uno degli strumenti di esercizio della vita politica - e anzi tende orinai a farsene lo Strumento principale, se non unico - anche la politica deve subire le regole rigide della comunicazione tv, dove ciò che conta soprattutto ò l'imprevedibilità del reale, l'incertezza, il colpo di scena, quello insomma che i cronisti dello spettacolo chiamano «il bello della diretta». Ieri pomeriggio, invece, tutto era scontato, nel teatrino delle Cortes, e il governo e i suoi oppositori hanno recitalo una parte che non prevedeva sprazzi d'improvvisazione: martedì il leader catalano Jordi Pujol aveva detto che l'appoggio al psoe lui lo conferma, «almeno per tutto il '95»; e con la ventina di deputati di Pujol, Gonzàlez conserva la maggioranza del Parlamento. Per quest'anno ancora, può continuare la sua lunga agonia politica. Ma è anche vero che ormai «la sua arte di governo è poco più di un esercizio di sopravvivenza accanto a un telefono», come gli rimproverava ieri Aznar in tono severo; «e nessuno sa quali notizie pollerebbe quel telefono, se mai dovesse squillare». Ha troppi scheletri negli armadi, il governo di Gonzàlez, corruzione, scandali, l'ondi riservati, forse anche qualche morto; e come per alcuni mesi era apparso pure in Italia, il destino di un capo di governo può an- che essere una scelta legata non ai voti della dinamica politica ma al telefono di un giudice. In quest'ombra torbida di rivelazioni e di attese inquiete, lo scontro sul futuro delle soluzioni della crisi si sta facendo ogni giorno di più una «guerra sporca», dove i servizi segreti - anche qui in modo non dissimile da quanto è accaduto in Italia - fanno il doppio e il triplo gioco: ieri, per esempio, al giornale «Abc», il più importante quotidiano conservatore, ò sta- I la fatta arrivare la ricevuta di un conto di 100 milioni per le vacanze nel Caribe di un giudice e della sua famiglia, ricevuta pagata dal ministero degli Interni con i fondi riservati del governo. Ora, il giudice coinvolto (e che ha già presentato querela) è Baltasar Garzón, il Di Pietro spagnolo, l'uomo che da un anno sta tentando di aprire l'armadio del governo; ci si chiede perché questo documento sia stato fatto filtrare ora che la stretta i di Garzón si fa serrata, e poi perche sia stato fatto filtrare ad «Abc». Le contraddizioni fanno difficile una spiegazione univoca, e ormai non si capisce più quali interessi stiano manovrando le rivelazioni, e chi si voglia affondare. La «guerra sucia», ieri, è rimasta però nello sfondo del dibattito, nessuno ha osato portarla in primo piano, davanti alla tv, anche se per qualche attimo Gonzàlez non ha saputo rinunciare a sfruttarne un uso strumentale: e ha ri¬ cordato agli spagnoli che la spregiudicatezza «partitica» nello scontro politico può anche rischiare di portare il Paese indietro, al clima dei primi vent'anni del secolo, quando la democrazia si deteriorò fino a cedere la tribuna del potere legittimo alla dittatura. Aznar gli ha risposto che non cadeva «nella trappola», e che non accettava «provocazioni»; e tutto ò stato messo a tacere. Ma il Partido Popular, che spera di avere prima o poi elezioni anticipate per trasformare in un nuovo Parlamento i sondaggi che gli danno già la maggioranza delle preferenze, ha tacciato di «discorso disperato» I la lunga relazione del premier, acj cusato di «essere interessato unicamente alla sorte del suo personale destino politico». Aznar ha detto a Gonzàlez che la sua è una crisi ormai irreversibile (e pare anche vero, basta andare in giro a parlarne con la gente qualunque), Gonzàlez gli ha risposto che invece è Aznar a non riuscire a guadagnarsi credibilità dal Paese (e anche questo è vero, perché tra i due la differenza di statura politica resta molto alta); erano però tutte battute scontate, che non si son prese nemmeno molti applausi. E il dibattito se n'è andato avanti nella noia dei copioni prevedibili. Il fatto è che ormai Gonzàlez si è consegnato prigioniero nelle mani di Pujol, che fa e disfa i programmi di governo anche al di là degli stessi progetti di Felipe: Pujol sta ricavando buoni vantaggi per la sua Catalogna, e non ha nessuna intenzione di far scendere Gonzàlez dal filo dove lo sta facendo ballare; ma Gonzàlez non ha alternative reali, e deve subire l'abbraccio del furbo banchiere catalano. E' la fine di un'epoca di potere assoluto, il lungo tempo del «felipismo», che ha dominato l'immaginario collettivo per quattro legislature facendo di Gonzàlez l'identificazione della nuova Spagna, moderna, democratica, brillante; giovane per quanto era vecchio, invece, il franchismo. Felipe è la faccia e la storia del miracolo spagnolo, di un Paese cioè dove soltanto vent'anni fa c'era ancora il fascismo; e il mondo quotidiano si divideva tra vincitori e vinti. Con Felipe, e con il psoe, fu seppellita finalmente la guerra del '39 e la Spagna diventò Europa, il paese di Almodóvar, della movida, di Juan Carlos che fa le gare di vela, della Seat venduta in tutto il mondo, della stabilità politica che attirava capitali e turismo. Ora il miracolo è finito, e uno spento dibattito in tv accompagna lentamente verso la chiusura le illusioni e le ambizioni di una storia politica che ha fatto la nuova Spagna. Tutti ora aspettano un telefono che squilli. Mimmo Candito Il capo dei popolari: ormai il primo ministro governa aspettando che suoni il telefono e porti cattive notizie Spunta una ricevuta compromettente per il giudice che fa la guerra al psoe e ista ir Il capo deiil primo maspettande porti c Il premier Gonzàlez (in basso a sinistra) applaudito dai ministri del suo governo durante il dibattito in Parlamento ifotoreuter]

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