Giustizia 24 anni al morto

Sentenza per omicidio a Torino, nessuno sapeva del decesso Sentenza per omicidio a Torino, nessuno sapeva del decesso Giustizia: 24 anni al morto LO han condannato a 24 anni di carcere, ma sarà difficile farglieli scontare. Perché è morto da mesi. Né l'accusa né la difesa lo sapevano, sicché la condanna è stata pronunciata ed è diventata, come si dice, esecutiva. E adesso come la eseguiranno? Già è difficile eseguire quelle condanne a 10 o 20 anni, che ogni tanto vengono inflitte ai supercri-. minali mafiosi vivi ma chiusi in galera con uno o due ergastoli. Hanno due condanne che non finiscono mai (in francese si dice «à: la perpétuité»), se per caso ne finisse una ne comincia subito l'altra, come si fa ad aggiungere altri vent'anni? Li scontano nell'aldilà?1 Vanno in paradiso meno 20 anni, o all'inferno più 20 anni? Ma la magistratura non può fermarsi: se la colpa merita altri 20 anni, abbia i 20 anni che merita. Pareva un primato. Come tutti i primati, prima o poi doveva essere battuto: alla fme di gennaio, a Torino, un imputato di omicidio, riconosciuto colpevole, ha avuto questa condanna a 24 anni, ma il poveretto era stato a sua volta assassinato due mesi prima. Se è stata una gara tra pubblico e privato nel campo della giustizia, bisogna riconoscere che la giustizia privata è stata più rapida. Il lato più inquietante della faccenda è che l'imputato, a quanto pare, era difeso da avvocati di fiducia, non d'ufficio. Si dice sempre che l'avvocato d'ufficio va lì per dovere ma non spende l'anima per te, tu per lui sei una pratica, non un affare. Se vuoi giocare le tue carte, devi pigliarti un avvocato di fiducia. E con l'avvocato di fiducia devi stare sempre in contatto: se sei latitante non telefoni a nessuno tranne che a lui. Lui deve sapere se sei davvero colpevole o innocente, fermo re¬ stando che sosterrà comunque la tua innocenza. Deve sapere cosa facevi, con chi eri. Tutto. Qui, a quanto vien fuori, gli avvocati di fiducia eran due, e nessuno sapeva che l'assistito era sotto terra. Hanno anche pronunciato un'appassionata arringa, perché il loro cliente fosse scagionato. E' un evento giuridico che sarà ricordato come «processo al cadavere». Non è il primo, nella storia. Ci fu anche un Papa processato dopo morto, riesumato, portato in aula, interrogato, e condannato. Si chiamava Formoso. Nel processo, qualcuno rispondeva alle accuse al posto suo, stando in piedi accanto al cadavere, e interpretandone la volontà. Era il suo difensore. D'ufficio, naturalmente. La sua preoccupazione era quella di salvare la vita, non del cadavere, ma la propria. Quanto alla condanna del cadavere, essa fu regolarmente eseguita, e il defunto fu annegato nel Tevere. Ferdinando Carnon SERVIZI IN CRONACA

Persone citate: Formoso

Luoghi citati: Torino