UN AMERICANO A PARIGI «PAGANINI, CASALE E CELIBERTI NEL MUSICAL DI GEORGE GERSHWIN»
UN AMERICANO A PARIGI UN AMERICANO A PARIGI Paganini, Casale e Celiberti nel musical di George Gershwin UE fratelli, un musicista e uno scrittore, che sbarcano a Parigi. Vi troveranno fortuna, fama e amore. E' 10 spunto del musical «Un americano a Parigi» che va in scena dal 7 al 12 febbraio al Teatro Colosseo. Protagonisti Raffaele Paganini, Rossana Casale, Ruben Celiberti (fresco sposo con Lina Sastri), Sonia Bertin e Marzia Falcon (danzatrice «seria» che ama le incursioni nel teatro leggero); la coreografia è di Luciano Cannito. L'ambientazione è la Parigi del dopoguerra, la vita dura della ricostruzione, le mille fatiche per trovare un ingaggio nel mondo dello spettacolo, i contrasti amorosi a lieto fine. E da sottofondo la musica di Gershwin e la sua affascinante composizione «Un americano a Parigi» che dà 11 titolo al musical e che diede il titolo al famosissimo film del 1951 di Vincente Minelli con Gene Kelly e Leslie Caron. Ma a parte la comune ambientazione parigina e la musica del grande Gershwin nulla sembra avvicinare il musical al film. E per rifare un po' di storia ricordiamo che il film nasceva all'inizio dell'ultimo decennio d'oro del genere musicale, quando, in America, il pubblico già sembrava preferire starsene a casa davanti al piccolo schermo piuttosto che andare al cinema ad ammirare megaproduzioni danzerine. Ma per «An american in Paris» la Mgm non badò a spese e nella sola scena finale del lungo balletto (17 minuti, una eternità al cinema) danzato sulla musica della partitura omonima di Gershwin, furono investiti mezzo milione di dollari (del 1951 !) per ricostruire in studio la Place de la Concorde, con relativa fontana centrale, tutta dise¬ gnata alla Raoul Dufy. In primo piano la storia d'amore fra l'artista americano Gene Kelly e la giovanissima e bella commessa Leslie Caron. Una rivelazione, la Caron, danzatrice del Ballet des Champs Elysées, che dimostrò di essere anche una brava attrice e che Hollywood avrebbe nuovamente utilizzato quattro anni dopo in «Papà Gambalunga» con Astaire. Sergio Trombetta UNA coppia cinematografica e televisiva all'Erba, temporaneamente «imprestata» al teatro. Dal 7 al 12 febbraio sul palco Cinzia Leone e Salvatore Marino in una commedia di Duccio Camerini, «La serva del negro», per la regia di Walter Lupo. Famosa per «La tv delle ragazze» e poi <(Avanzi», la Leone ha recitato in molti film: da «La moglie ingenua e il marito malato» e «Parenti serpenti» di Monicelli, a «Stasera in casa di Alice» di Verdone e «Donne con le gonne» di Nuti. A teatro, nella stagione passata, ha fatto «Zot», sempre di Camerini. Ricordate l'anchorman di colore che sciorinava dei tiggì in apparenza sensati e in realtà senza né capo né coda, che mescolavano parole in libertà mantenendo però la «cadenza» classica delle news? La carriera artistica di Marino ha dalla sua anche il serial «Villa Arzilla» di Proietti e «Fortunatamente insieme», «Il colore dell'odio» di Squitieri e «Abbrorizatissimi» di Gaburro per il cinema, «Cyrano» con Proietti e «Pittore ti voglio parlare» di Quartullo in teatro. «La serva del negro» è la storia di un incontro casuale che si trasforma in un incrocio di destini. Ugo è il direttore di una piccola ditta di bulloni, che sta facendo tirocinio per affermarsi nella so¬
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