SCIENZIATI E UMANISTI La guerra delle culture

SCIENZIATI E UMANISTI SCIENZIATI E UMANISTI La guerra delle culture UN 35 anni fa, lo scrittore e scienziato inglese sir Charles Snow pubblicò un saggio, The two Cultures, in cui indicava e deplorava la divergenza fra il mondo mentale dei letterati e quello degli scienziati, auspicandone un ravvicinamento. Lo scritto (che fu tradotto in italiano presso Feltrinelli con una prefazione di Ludovico Geymonat) ebbe una sua risonanza: intanto la divaricazione tra i due rami continuò e si accrebbe. Inevitabile: le scienze sono cresciute, in questo secolo, come non mai prima. In generale, lo scibile si dilata, mentre la durata della vita umana resta suppergiù quella che era. Anche la capacità della mente ha i suoi limiti. In antico, questa dicotomia non c'era. Mancava persino un vocabolo per indicare la «scienza». L'uomo pensante era il «filosofo». Noi, a distanza di tempo, possiamo cogliere incontri palesi o nascosti tra i due campi; come la circostanza che alcune proposizioni e dimostrazioni matematiche ebbero e conservino la bellezza di opere d'arte (poniamo, la prova che Euclide espone dell'infinità dei numeri primi: negli Elementi, libro IX, prop. 20); o che un poeta romano, Lucrezio, potè entusiasmarsi nel De Rerum Natura, per le conquiste della filosofia naturalistica di Epicuro. Più tardi, per restare all'Italia, furono scrittori e scienziati insieme Leonardo (che, facendo torto a se stesso, si dichiarava illetterato), Galileo e i suoi più diretti allievi; poi i naturalisti Redi e Spallanzani; mentre tentativi di poesia didascalica si ebbero dal Parini, attento ai disagi sociali; dallo Zanella, cui dobbiamo una ispirata Conchiglia Fossile; dal Mascheroni, poeta e matematico, autore di un Invito a Lesbia, più famoso che godibile. La Francia può vantare il matematico e fisico e scrittore Pascal; mentre in Gran Bretagna, acutissimo e grande divulgatore fu Darwin. Invece nessuno dei fisici moderni, Einstein incluso, seppe spiegare bene la relatività. Comunque debbano andare, per l'avvenire, le cose, le due culture, per alcuni aspetti, sono inseparabili: non fosse altro che lo scienziato, per dire della sua ricerca o scoperta, adopera un linguaggio (la sua parlata o di altri), che è il prodotto (mutabile nel tempo e destinato a scomparire) di una cultura di natura spontanea, poetica (le lingue artificiali, come quella del nostro Peano, il Latino sine flexione non ebbero fortuna). A Albert Einstein do così 94,59 per cento di possibilità di vincere. Pierandrea Saraco Dati 16 giocatori, 8 maschi e 8 femmine, che giocano sempre in coppia maschio-femmina in un torneo all'italiana, è possibile che ognuno giochi sempre contro e in coppia con una femmina diversa? CHI SA RISPONDERE? volte la cultura umanistica attinge alla scienza per strani prestiti. Così Benedetto Spinoza, per scrivere la sua Etica, si ispirò al Mos Geometricus degli Elementi di Euclide. Ai tempi nostri, un congiungimento rilevante tra i due campi si deve al computer, uno strumento che, piccolo o grande, insinuandosi un po' dappertutto (negli uffici, nelle banche, nei ministeri, e altresì nelle stanze degli scrittori) porge aiuto nella composizione, nella impaginazione; ma soprattutto è stato adoperato nell'analisi lessicale di opere famose. C'è chi conosce a memoria tutta La Divina Commedia. Così un calcolatore, con qualcosa di più e di meno. La macchina è inferiore all'uomo perchó non capisce il testo, non si indigna, non si commuove. Ritiene dei segni (che sono per noi, non per esso, parole). Ma essa ci supera perché sa rispondere a chi le domandi, per esempio, quante volte e in quali canti e in quali versi, ricorra la parola «cielo» o qualsiasi altro vocabolo (La Divina Commedia, testo, concordanze, lessici, rimario, Ibm Italia 1965). La macchina ci informa altresì, supposto che ne abbiamo la curiosità, che il termine «mio» ri- corre 310 volte, e che la parola più usata è la congiunzione «e». Su questa e altre virtù può venire il dubbio che esse siano di poca utilità. Ma letterati e filologi possono avere ottime ragioni per pensare diversamente. L'andamento divaricante tra i due campi, con qualche ponte qua e là gettato tra di essi, è anche mantenuto da una diffusa incomprensione tra i rispettivi cultori o studiosi: gloriandosi lo scienziato per l'universalità del suo intento. Va egli alla ricerca di leggi della natura, valevoli in ogni luogo e in ogni tempo, mentre, sì, quel tale letterato è uno studioso importante, che sa tutto sul Manzoni. Ma il Manzoni stesso, chi era? Uno scrittore d'ingegno, ma limitato, un individuo, prodotto di una certa cultura e di un certo tempo, non portatore di nulla di universale. Il quale giudizio è poi ricambiato da molti degni studiosi verso i matematici o i cercatori di farfalle o verso altri personaggi noiosi, i quali soli hanno la pazienza e l'intrinseca pochezza per affrontare le minuzie della geometria. E poi, è vero che la scienza rimane uguale a se stessa? No: Copernico smentisce Tolomeo; Einstein corregge Newton. Quale universalità è questa? Didimo Qual è l'origine dell'espressione «Mangiare la foglia»? Perché in molte lingue europee la parola «nove» e la parola «nuovo» sono simili? (Nine/new; nuevo/nueve; neu/neun; neuf/neuf). Perché i cani per i loro bisogni sono attratti dai pneumatici delle automobili? Risposte a «La Stampa-Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 01165.68.688 E' possibile: alternando, ad esempio, il maschio A e. la femmina A contro il maschio B e la femmina B, e analogamente tutte le altre coppie. Lo dimostra un tabellone con A, B, C, D, E, F, G, H come ascisse e ordinate. Flavio Norbiato Novi Ligure (Alassandria)

Luoghi citati: Elementi, Francia, Gran Bretagna, Italia, Torino