DOSSENA BIZZARRO BOCCIA BERTOLDO

DOSSENA BIZZARRO BOCCIA BERTOLDO DOSSENA BIZZARRO BOCCIA BERTOLDO torio. Lui preferisce lasciare la forma compatta e infilarcisi dentro, a scavare cunicoli, con i suoi incisivi implacabili di roditore, fino a trasformarla in una gruviera. Dove portino quei camminamenti il lettore non lo sa, è costretto a fidarsi della guida, per non perdersi in un reticolato di catacombe. E la guida, sogghignando, apre passaggi ingannevoli, interrompe un percorso per svoltare lateralmente, prende e lascia gli autori di cui parla come gli eroi del «Furioso», lj fa incrociare dove meno ci si aspetterebbe, riduce di altezza i grandi, ingigantisce i minori, cancella nomi consacrati, scrive sulla la' agna gli sconosciuti, recup<ua i rimossi, libera i proibiti, nesce a spiazzare tutti. Il personaggio ha pochi amori e molti odi, gli piace detestare ma soprattutto sorprendere, il suo maggiore divertimento è giocare tiri mancini a chi legge. Siamo nel primo Cinquecento e noi ci aspettiamo, dopo l'elogio dell'Aretino, l'apologia di Francesco Berni, uno scrittore che sembra quasi inventato per compiacere i suoi gusti. Berni è il creatore della poesia comica italiana, il suo linguaggio - in tempi di petrarchismo dominante - recupera in chiave polemica le rime aspre e chiocce del «tristo buco» dantesco. Contro le beltà stereotipe del sonetto predicato dal Bembo, il poeta di Lamporecchio canta i cardi e le anguille, il debito e la peste, non si ferma nemmeno di fronte al capitolo in lode dell'orinale. Ma a Dossena no, quel grande non piace. Ha commesso, ai suoi occhi, il più gran delitto della letteratura italiana, scrivendo il Rifacimento dell'Orlando innamorato, ha sottratto padanità al Boiardo. E, con il Berni, Dossena precipita nell'inferno del suo inferno tutti i berneschi, di cui «va fatto strame», cominciando dal Lasca. Dovrebbe piacergli il Tassoni, forse, «La secchia rapita» è padana tutta, è irridente, è gaglioffa, anche nel linguaggio. Ingenuo lettore, come potevi crederlo? Dossena perdona al Tassoni soltanto di aver chiamato un suo personaggio conte di Culagna, perché ai suoi tempi quel paese esisteva realmente. «Ma è vergognoso per la letteratura italiana che La Secchia rapita abbia avuto enorme successo nei secoli». Dovrebbe piacergli, non è possibile che non gli piaccia, Giulio Cesare Croce; ha perfino curato una edizione del Bertoldo. Disilluditi lettore, anche qui ti va male. Bertoldo sì, è un libro ingiustamente dimenticato dai filistei della critica, e Dossena gli dedica ben quattordici pagine; per concludere che «quest'operina non ci piace». E chi salva, allora, Dossena? Salva Ariosto, naturalmente. Salva Teofilo Folengo, come potevamo prevedere. Salva Bandello, come non avremmo previsto. Salva Campanella, Ciro di Pers, Cardano, Lepóreo. Del Guicciardini salva a tratti la Storia d'Italia. Non salva completamente i Ricordi, scritti nel ritiro di Finocchieto. Se si leggono Montaigne, Pascal e altri, avverte, poi Guicciardini «sa di tappo, sa di Finocchieto 1528». Di Tasso salva la Gerusalemme conquistata e non la liberata, di Galileo il Dialogo dei massimi sistemi ma non per il valore scientifico. Del Marino, lui amante dei giochi, non salva

Luoghi citati: Dossena, Gerusalemme, Italia, Lamporecchio