UN EBREO, UN COMPUTER E RINASCE HARLEM 1914 di Stefano Bartezzaghi

UN EBREO, UN COMPUTER E RINASCE HARLEM 1914 UN EBREO, UN COMPUTER E RINASCE HARLEM 1914 Henry Roth continua le sue «memorie in forma di romanzo drow Wilson), del mondo che circonda un giovanissimo protagonista, che in Chiamalo sonno si chiamava David Schearl e qui Ira Stigman, l'obiettivo essendo ora come allora quello di creare una «memoria in forma di romanzo». Diverso è il metodo del racconto, che in Chiamalo sonno seguiva un modulo dichiaratamente joyciano, con procedimenti come il monologo interiore e l'introduzione di simboli, mentre oggi nulla intralcia una affabulazione distesa e rilassata, con l'unica lieve stravaganza di essere interrotta ogni tanto da inserti in corpo diverso in cui «Ira» parla brevemente di se stesso mentre scrive, spesso dialogando col computer, cui ha dato il nome di Ecclesias («vanitas vanitatum») e sul cui schermo riemergono fluttuando i brandelli dei ricordi, ovvero accennando alle medicine che prende, agli echi delle vicende politiche internazionali, e insomma alla sua vita di adesso. punto vecchissimo, ha anche modificato alcuni suoi atteggiamenti di una volta, per esempio verso le proprie origini israelitiche, che nel libro più antico sembrava teso a superare se non certo a dimenticare, sottolineando la sostanziale estraneità del bambino di allora col retroterra inesplicabile che i suoi genitori tentavano di importare con lui nel Nuovo Continente; mentre oggi i fatti accaduti a partire dalla guerra del Kippur, risvegliandogli una nuova solidarietà con lo Stato sionista lo portano piuttosto a sottolineare e a cercare di recuperare la cultura dei propri avi. E' poi diverso, almeno un po', lo scrittore. La materia è rimasta la stessa - la ricostruzione fatta per momenti e piccoli episodi, attinti esclusivamente dalla memoria senza altri riscontri (Roth si rifiuta di andare a controllare le date, o per esempio il testo della dichiarazione di guerra di Woo- Negli anni coperti (1914-20) il giovane Ira, che come già David ha una madre affettuosa e talvolta quasi soffocante, e un padre lunatico, violento e spesso assente, nonché una tribù di pittoreschi parenti - il giovane Ira, dicevo, abbandona traumaticamente la comunità ebraica di Brooklyn per trasferirsi a Harlem, in » un quartiere di irlandesi e di italiani, dove si sente a lungo come un estraneo ed è sottoposto a persecuzioni e sevizie; ha un paio di spiacevoli ma non. devastanti esperienze di tentate molestie sessuali; comincia a lavorare, mentre continua gli studi senza distinguersi, come fattorino di un grande negozio di alimentari. Una stella sulla collina... tradotto da Stefano Tani e Mario Materassi - termina con l'avvento del Proibizionismo, in seguito al quale i datori di lavoro di Ira, costretti a sbarazzarsi di tutti gli alcolici che Settantenne del Maine clintoniano, difende gay emarginati e abortisti in nome della tolleranza tengono in magazzino, entrano a patti con la malavita. Non tanto storia, dunque, quanto «Bildungsroman», il cui eroe ripesca con minuzioso accanimento dal pozzo senza fondo dei suoi ricordi ogni odore, ogni sapore, ogni monetina da cinque cents e ogni gelato che con quella riuscì a comprarsi, ogni incontro anche casuale, ogni screzio con i compagni di scuola, ogni percorso compiuto in quella parte alta dell'East Side di New York in quegli anni terminali (e in parte, bellici) del secondo decennio del nostro secolo, intrattenendoci con minuzie iperrealistiche talvolta affascinanti e sempre sorrette da una ebraicissima, vincente felicità di raccontare. Masolino d'Amico Henry Roth Una stella sulla collina del parco di Monte Morris Garzanti, pp. 328, L 32.000 che la stessa, democratica morale della favola è un po' guastata, visto che il cattivone non è tale in quanto antiabortista, ma agisce alle dipendenze di un essere perfettamente malvagio (come combattere democraticamente il demonio?). Inoltre la posta in gioco è la possibilità di evitare un'oscura catastrofe non per la città, non per il Maine, gli Usa, l'America, il Mondo ma per il Cosmo tutto (e qualcosa in più, se c'è). Pare troppo: infatti King fa qualche fatica a riportare la vicenda al livello umano di Ralph, dei suoi amici e dei suoi avversari. Ciò che succede non sempre trova la regola cosmologica che lo spiega. Molte delle regole spiegate trovano eccezioni. Quella che l'orientalista Dumézil chiamava con garbo ironico «burocrazia dell'Invisibile» è affollata di esseri, gradi, livelli, istanze (da tre personaggi sfigati, che «stanno per» le tre Parche dell'antichità fino a un dio superno che dice solo due parole: «Può essere»). Il risultato è che il lettore non sempre sa o ricorda perché in una pagina Ralph faccia di tutto, e in quella dopo sia impotente. La lotta di Ralph è, per la gran parte del romanzo, una lotta contro il tempo, Ralph deve esserci al momento giusto, fare irruzione nella scena decisiva. Una volta che c'è, combatterà il nemico grazie a mosse intuitive, armi che si ritrova per le mani senza capire come. E' qui che, forse, il romanzo metafisico si salda con quello sociale: la parte in cui è schierato Ralph è quella giusta, troppo giusta perché qualcuno - e temiamo che sia lo stesso King non lo protegga. Ne va del Cosmo: o qualcosa in più, se c'è. Stefano Bartezzaghi Stephen King Insomnia trad. di Tullio Dobner Sperling & Kupfer, pp. 744. L. 32.900

Luoghi citati: America, Maine, New York, Usa