Una Carmen di felina sensualità «Alessandra Ferri alla Scala: grande tecnica» di Luigi Rossi

Una Carmen di felina sensualità A Milano il capolavoro di Roland Petit, e sabato la novità di Amodio Una Carmen di felina sensualità Alessandra Ferri alla Scala: grande tecnica MILANO. Carmen non finisce di danzare. Alla Scala abbiamo visto finalmente il capolavoro di Roland Petit (che è addirittura del 1949) e sabato parte la nuova creazione sul personaggio di Merimée che Amedeo Amodio presenterà a Reggio Emilia. Il battesimo scaligero di «Carmen», arrivato con tanto ritardo rispetto, ad esempio, ad un altro caposaldo del coreografo francese «Le jeune homme ed la moct» che giunse già nel 1955, è stato trionfale. Certo per merito soprattutto di Alessandra Ferri che ha preso degnamente il posto della mdimenticabile creatrice del ruolo Zizi Jeanmaire. Ma anche per la straordinaria fre- schezza della creazione che, a quasi mezzo secolo di distanza, non mostra una ruga e si propone come un prototipo delle innumerevoli Carmen ballettistiche venute dopo. Rivedendolo abbiamo facilmente constatato come da questa folgorante e geniale sintesi della storia di Merimée abbiano attinto altri coreografi che l'hanno rivisi- tata, da Antonio Gades a Alberto Alonso, da Mats Ek fino allo stesso Béjart che nel «Bolero» ha raccolto forse la suggestione del «cerchio magico» di danzatori attorno alla figura centrale del protagonista. La «Carmen» di Petit è basata sulla musica della omonima opera di Bizet, per significare subito la declinazione «francese» e non fla- menca e altro dalla angolazione da cui è visto il trasgressivo personaggio. E neppure le scene di grande efficacia del catalano Antoni Clave suggeriscono alcuna «espagnolade». Semmai vanno rimeditate come profetiche ed esemplari per molte messinscene di teatrodanza contemporaneo. Ci riferiamo soprattutto all'uso delle sedie (che saranno un'ossessione per Pina Bausch) viste non soltanto come oggetti scenici ma come autentici personaggi che intervengono nelle sgargianti scene collettive e nell'mdimenticabile quadro della camera, ove si svolge uno dei più intensi duetti d'amore del balletto contemporaneo. L'accesa sensualità che lo caratterizza aveva a suo tempo scandalizzato molti pubblici puritani che avevano visto questo momento del balletto. Pur nella liberalizzazione sessuale totale d'oggi, resta tuttavia un momento straordinario di incandescenza erotica che non varca mai peraltro, i limiti del buon gusto. Alessandra Ferri, che aveva già eseguito Carmen a Londra e a Parigi, è tornata ad affascinare anche il pubblico milanese disegnando un personaggio di felina sensualità sorretto da una mirabile tecnica nell'impianto di danza accademica su cui è basato. La abbiamo rivista con il caschetto di capelli alla Zizi e il suo conturbante pagliaccetto nel duetto d'amore con l'elegante Laurent Hilaire. E poi nel drammatico e perduto finale accompagnato dal tripudio dell'arena con il fatuo e ridicolo torero (Massimo Murru) sbeffeggiato da Petit. La serata era completata dalla ripresa di due titoli recentemente presentati alla Scala; «Capriccio per piano» di Balanchine con Elisabetta Armiate Vittorio D'Amato e Isabel Scabra e «Etudes» di Lander con Anita Magyari, José Carreno. Ha diretto l'orchestra della Scala il bulgaro Julian Kovatchev. Luigi Rossi La ballerina ha preso degnamente il posto dell'indimenticabile creatrice del ruolo, Zizi Jeanmaire. Spettacolo fresco Alessandra Ferri con Laurent Hilaire in un momento della «Carmen», con la bellissima coreografia di Petit

Luoghi citati: Londra, Milano, Parigi, Reggio Emilia