«la democrazia non è in pericolo»
«la democrazia none in pericolo» ;5W LEGGE MAMMI' E «la democrazia none in pericolo» Casavola: ma il futuro si gioca sull'informazione F ROMA RANCESCO Paolo Casavola lo dice senza mezzi termini: «La Consulta non è ruota di scorta dei potenti. La democrazia non è in pericolo, il suo futuro si gioca sulla comunicazione e non per ragioni contingenti, ma per il profondo mutamento della cultura del secondo millennio. E' ora di concretizzare il pluralismo anche nel mondo dell'informazione». Poi aggiunge: «Sui referendum non ci sono state sentenze politiche, ma giuridiche con un tasso elevatissimo di tecnicità, ancorate ai principi fissati dalla Costituzione. Sempre in tema di referendum sarebbe meglio che la verifica dei quesiti avvenisse prima, e non dopo la raccolta delle firme, cosa che per i promotori costituisce un dispendio di forze e di energie». Sono le principali affermazioni del presidente della Corte Costituzionale nella tradizionale conferenza stampa in cui ha passato in rassegna ieri le 493 sentenze ed ordinanze emesse dalla Consulta nel '94, Il professor Casavola, che lascerà la carica il 25 febbraio prossimo per scadenza del mandato novennale di giudice costituzionale, ha annunciato che non entrerà in politica, ma tornerà agli studi. Criticando il contenuto dell'intervista di Silvio Berlusconi a Newsweek in cui l'ex presidente del Consiglio sottolineava che in Italia «in questo momento non siamo in democrazia», Casavola si è chiesto: «Perché fare affermazioni tanto perentorie?». Ed ha precisato: «Se dicessimo che non c'è più democrazia dovremmo dire che siamo tutti tallonati dalla polizia, impediti nel parlare, con un solo giornale... Siamo invece in una grande democrazia». Senza fare esplicitamente nomi («Pannella? Non rispondo alle provocazioni»), Casavola ha aggiunto che «dividere in modo manicheo chi sta da una parte e chi dall'altra, ci fa riavvolgere nei fumi mistificatori della propaganda». Per Casavola, poi, è improprio definire Seconda Repubblica la rivoluzione politica seguita a Tangentopoli e al sistema maggioritario. «Oggi si parla di Seconda Repubblica solo in termini di pura propaganda, politicamente si può parlare di stagione nuova. Seconda Repubblica è una forzatura e non ha giustificazione se non quella di creare volutamente delle contrapposizioni polemiche». Per parlare di nuova Repubblica, spiega il Presidente della Corte, «occorre un mutamento dell'identità dello Stato, che può avvenire solo con una Costituzione radicalmente nuova, con altri principi e valori». Casavola ha ricordato la storica sentenza con cui un paio di mesi fa ha cancellato - ma con effetto dall'agosto '96 - le disposizioni della legge Mammì nella parte in cui hanno favorito, anziché impedito, fenomeni di concentrazione di network televisivi. Nel varare la riforma il Parlamento sarà, comunque, vincolato dalla Consulta: non sarà, infatti, più possibile concentrare in un unico soggetto un quarto di tutte le reti televisive nazionali. Con quella decisione, «abbiamo difeso - ha aggiunto Casavola - il valore del pluralismo, valore che connota tutte le grandi democrazie. Le democrazie hanno sancito come valore costituzionale dominante il valore del pluralismo. Riconosciuto il dato strutturale del valore pluralistico della società, bisogna dare spazio al pluralismo culturale. Non si tratta di un'astratta facoltà del libero pensatore, è in gioco la tutela della realtà pluralista della società». «In una grande società - ha osservato - ci sono interessi forti e interessi deboli. La funzione di un potere neutrale come la Corte è di riequilibrare gli interessi dei deboli, di non farli schiacciare». Per la prima volta dopo l'introduzione in Italia del sistema maggioritario le Camere riunite dovranno eleggere tra pochi giorni due nuovi giudici costituzionali in sostituzione di Casavola e del vicepresidente Ugo Spagnoli. Sull'argomento il presidente della Consulta ha raccomandato al Parlamento che «è assolutamente indispensabile che la designazione cada su figure dalla grande indipendenza morale, che rispondano solo alla propria coscienza e a nessun altro, che non siano "colorate" in un modo o nell'altro. Altrimenti sono ruote di scorta di chi in quel momento ha acquisito il maggior consenso in politica». Pierluigi Franz Il presidente della Consulta «Non siamo la ruota di scorta dei potenti» Silvio Berlusconi A destra: il presidente della Consulta Francesco Paolo Casavola
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