Il campione della Juventus: «Accetto l'invito, voglio cantare» Baggio un gol a Sanremo di Gian Paolo Ormezzano

Il campione della Juventus: «Accetto l'invito, voglio cantare» Il campione della Juventus: «Accetto l'invito, voglio cantare» Baggio, un gol a Sanremo ROBERTO Baggio a Sanremo, non per giocare (a calcio, alla roulette) ma per cantare. «Se lo ha fatto Tacconi, posso farlo io», pare che abbia detto. Stiamo parlando proprio del festival della canzone italiana, già frequentato da Stefano il portiere. Il pretesto è una esibizione canora del duo Sabina Guzzanti-Davide Riondino, e la costruzione intorno a loro del coro più vasto e divertente possibile. Ha già detto di sì Sandro Curzi, attuale direttore del telegiornale a Tele Montecarlo: ne ha cantate tante a tanti, da radio e televisioni d'assalto, che cantare a Sanremo deve essere per lui come una passeggiata in pineta. Baggio, interpellato, in un pri- mo tempo si era rimesso alla Juventus, poi, conscio dei propri diritti di bipede pensante, nonché forse aiutato dalla sua lunga convalescenza che è anche tempo libero, si sarebbe autonomamente orientato verso il sì. Adesso ci sarebbero pressioni su Franco Baresi. La canzone si intitola «Troppo sole», può indifferentemente riferirsi alle donne solitarie, alle scottature, alla palla d'oro del successo. Baggio ha una bella «allure» di show-man (scusate ma in italiano non rende: andatura di uomospettacolo?), è a suo agio con lo smoking, come si è visto in uno sketch pubblicitario in cui balla bene - il tip-tap con Beppe Signori, ha il codino come Fiorello, che comunque fa artista, e porta sempre il cappello alla Jovanotti, la sua coperta di Linus. Saper cantare non importa, questi sono gli anni d'oro dell'incompetenza truccata. Forse questa sarà anche l'occasione per farci sentire la sua vera voce, dopo tante interviste in sordina, in falsetto (nel senso che vi si dicono piccole bugie). Curzi ha l'aria di un Sergio Tofano (il signor Bonaventura) un po' deformato in volto dalle polemiche, gonfiato da una arrabbiatura permanente che è come un ascesso. Vediamo a priori bene tutti e due, con chissà chi altri, perché si annuncia un cast di pezzi grossi, di gente nota (però temiamo Vittorio Sgarbi e Maurizio Mosca, come far sì che non si sentano invitati fisiologici?). Il rischio della pagliacciata, vogliamo dire, ci pare inferiore alla possibilità di un buon divertimento. Con prospettive di grandi giochi di parole per frasi calcistiche, baggiofile o baggiofobe, tipo «cantami o divo», «cantagliele tu», «canti da basso», «non c'in... canti», e via striscionando. In più, per il Roberto d'Italia, la speranza, andando a Sanremo, di guarire in fretta dal suo mal di ginocchio ancora misterioso: canta che ti passa. Gian Paolo Ormezzano

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