Guerrieri; povero basket, non ha più maestri

Guerrieri; povero basket, non ha più maestri Il decano degli allenatori, coach della Francorosso, fa le carte alla Nazionale e alla serie A Guerrieri; povero basket, non ha più maestri «L'Italia va indietro perché privilegia i muscoli alla tecnica» UN CANESTRO DI PROBLEMI Si continua a ritenere il nostro basket secondo solo alla Nba americana, ma a giugno la Nazionale dovrà fare miracoli per salire sul podio europeo in Grecia e ottenere così un posto ai Giochi di Atlanta '96. E intanto, dalle coppe continentali, questa settimana sono arrivate pessime notizie: Milano unica superstite in Korac (ko, dopo Verona, anche Fortitudo Bologna e Trieste), Virtus Bologna in crisi nell'Euroclub, dove solo Pesaro ha buone chances di final four. Dunque la nostra pallacanestro, esclusa dalle ultime due Olimpiadi, è sempre ammalata? Ne parliamo con Dido Guerrieri, decano dei tecnici italiani (compirà 64 anni a maggio) e tornato nel '93 sulla panchina dell'Auxilium Francorosso Torino, in serie A2, dopo aver allenato squadre di mezza Italia (da Bologna a Milano, Udine, Venezia, Vigevano, Roma, Desio). Professor Guerrieri, l'ar- gento olimpico a Mosca '80 e l'oro europeo a Nantes '83 sembrano preistoria: il basket italiano è in crisi irreversibile? «Sicuramente è in un periodo di involuzione. Lo so che da vecchi si dice sempre così, ma non sono ancora rimbecillito: i giocatori di oggi sono tecnicamente inferiori a quelli del passato». Perché siamo peggiorati? «Perché c'è troppa ricerca atletica e poca attenzione alla tecnica individuale. Inoltre chi ha dei giovani promettenti cerca subito di sfruttarli o sistemarli». E' per questo che adesso molte squadre italiane le prendono anche da francesi, tedeschi, turchi... «Il boom mondiale del basket ha coinvolto molte nazioni, che sono cresciute rapidamente mentre noi segnavamo il passo. Germania, Francia e Turchia ai miei tempi quasi non esistevano». Ma è colpa solo di chi inse¬ gna male i fondamentali? «E' anche un fatto sociale ed epocale. I nostri giocatori non sanno sacrificarsi oltre certi limiti. In altri Paesi, come la ex Jugoslavia, emergere nello sport significa mangiare, in America permette di diventare professionisti. In Germania, invece, sono testardi e sanno applicarsi con grande dedizione. Da noi non c'è tutto questo». Dunque gli Europei saranno l'ennesima débàcle? «Sarà durissima. Jugoslavia e Croazia sono lontane anni luce, la Grecia gioca in casa, Francia, Germania, Russia e Spagna sono ossi duri. E poi, al posto del et Messina, chiamerei in Nazionale chi emerge dal campionato, senza badare troppo all'età». Quindi largo ai vecchi. «Anche ai vecchi, come Brunamonti, Magnifico, Dell'Agnello, Gentile e soprattutto Riva. Uno come Antonello lo chiamerei sempre, e con lui Niccolai ed Esposito. E' inutile provare tanti giocatori, come fa anche Sacchi nel calcio. I giovani vanno inseriti gradualmente in un organico più esperto ed affidabile». Ma i vari Bonora, Coldebel- la, Frosini, De Poi? «Buoni giocatori, nulla di più, così come i Galanda, i Chiacig o gli Scarone. Ma se davvero la Nazionale è così importante, perché non facciamo come gli altri Paesi, naturalizzando chi è in Italia da lustri? Perché non schierare Gay in azzurro?». Però un Myers ce l'abbiamo. «Carlton è una cosa a parte, ha caratteristiche razziali diverse da un italiano, anche per questo è il migliore. Ma è l'unico». Myers ha appena battuto il record di punti di Riminucci, una stella dei suoi tempi. Un paragone tra i due? «Certi record interessano soprattutto i giornalisti, anche se nel loro caso hanno premiato due grandi giocatori. Entrambi hanno sfruttato doti atletiche non comuni, perché anche Riminucci era considerato un superman. Ma un confronto fra i due è impossibile, dopo 30 anni». Myers è sprecato in A2? «Naturalmente, e come lui Niccolai, Ferroni, Ruggeri, Rossini, Bosa, Buratti, Fazzi e tanti altri. E' stato un errore togliere alla A2 il secondo straniero: i giovani avrebbero comunque avuto un loro spazio, con dei modelli in più da emulare». Ci possiamo consolare con una Al mai così equilibrata. «E' vero, ma credo che alla fine vincerà ancora la Virtus: è più squadra, anche se Binion delude. Per l'altra finalista ho qualche dubbio: Pesaro è esperta, ha gran pubblico ed è guidata da Bianchini, il migliore allenatore; Milano ha più cambi ma ha problemi con l'americano». E la Fortitudo? Niente finale tutta bolognese, dunque? «Non credo possa già puntare al titolo perché non trova l'equilibrio fra piccoli che giocano molti palloni e lunghi che non tirano mai». Giorgio Vìberti «Per lo scudetto la Virtus andrà in finale, contro Pesaro o Milano» Myers (da sinistra) e Riva, colonne azzurre secondo Guerrieri (des.) «Myers è la nostra unica grande star»