Il legale degli Agnelli parla delle stagioni con Boniperti, Montezemolo e ora Bettega-Giraudo Chiusano difensore in casa

Il legale degli Agnelli parla delle stagioni con Boniperti, Montezemolo e ora Bettega-Giraudo Il legale degli Agnelli parla delle stagioni con Boniperti, Montezemolo e ora Bettega-Giraudo Qiiusano, difensore in cosa «Bisogna voler bene a questa Juve» L'INTERVISTA CINQUE ANNI DA PRESIDENTE NELL'OMBRA E M l'altro avvocato. E si chiama Vittorio Chiusano, penalista famoso. Di ghiaccio, dice chi lo conosce bene. Quando si toglie la toga mostra però l'altra faccia: gioviale, disponibile, estroversa. Ed è quella del tifoso della Juve, di cui ha festeggiato ieri i 5 anni di presidenza (l'investitura il 5 febbraio '90). Nel '60 entra a far parte del Consiglio di amministrazione. Si mette in luce con un capolavoro nel diritto sportivo. Con ineccepibili deduzioni convince gli organi disciplinari che Juve-Inter (sospesa per invasione pacifica del Comunale) va giocata e non assegnata, a tavolino, all'Inter. Avvocato, come diventò presidente? «Non c'era più Platini, la Juve non andava molto bene, capita, questione di cicli. Boniperti, che amava la Juve come la famiglia, capì che era tempo di svolte e, dopo aver consultato la proprietà, mi comunicò la notizia. Andai a Villar con lui, ero teso, emozionato. Pensai: "Chissà come regirà la squadra, Boniperti è un santone!". Espressi le mie riserve all'Ordine e feci presente che per una legge professionale non potevo fare il presidente che muove ingenti capitali. Ma siccome in arrivo (dopo Italia '90) c'era Luca Montezemolo, accettai di essere operativo fino a quella scadenza». E che cosa capitò? «Un miracolo. La squadra, che voleva la sua conferma, si compattò attorno a Zoff, professionista esemplare, e vinse due Coppe, Italia e Uefa. Che soddisfazione anche per me. Nessun presidente aveva conquistato due trofei al debutto. Raddoppiai l'Uefa con Trapattoni. Che media! E se arrivasse lo scudetto... Ma non voglio correre troppo». Lei ha collaborato prima con Boniperti e poi con Montezemolo. «In una sola cosa erano d'accordo: nel dare fiducia a Maifredi. Io avrei tenuto Zoff. Giampiero per certi aspetti era eccezionale, giocatore grandissimo. Trasferì l'immensa personalità in campo manageriale. Con Allodi fece un tirocinio utilissimo. I loro rapporti non erano idilliaci. Dal giorno del loro divorzio ogni decisione fu presa da Boniperti. Mi chiedeva consigli giuridici e opinioni. Sono stati anni interessanti, divertenti». Come definirebbe Giampiero Boniperti? «Figlio del tempo che non si è adeguato ai grandi mutamenti di un calcio diventato più imprenditoriale e meno tecnico. Soffrì, forse, l'avvento di potenze economiche come Mantovani e Berlusconi, parametri difficili da reggere». E Luca Montezemolo? «Per Boniperti il fatto importante era vincere lo scudetto, per Luca l'ottica era innanzitutto ma- nageriale. Uno era roccioso, privo di flessibilità, l'altro con maggiore patrimonio culturale, più duttile e con grosse esperienze maturate in Ferrari e ai tempi di Azzurra. L'ideale uomo di pubbliche relazioni». Eppure fu costretto ad abbandonare... «Sono solidale con Bottega e Giraudo quando ricordano che Montezemolo ha svolto un grosso lavoro di base, non ha avuto tempo di edificare. Ha pagato gli errori di Maifredi, un tifoso della Juve che ha peccato in superficialità e presunzione, un guascone innamorato della Signora». Giovanni e Umberto Agnelli sono i tutori della Juve. Ci parli dell'Avvocato. «E' un personaggio carismatico, difficile sfuggire al suo fascino. Nessuna frase banale esce dalla sua bocca. E' un intenditore appassionato, con inclinazioni estetiche. Quando Heriberto vinse lo scudetto, durante la celebrazione dichiarò: "Complimenti, però questo scudetto è un po' troppo socialdemocratico", etichettando il gioco bianconero come noioso e pianificato. A lui piacciono i Platini, i Baggio e i Del Piero, calcio e fantasia». E Umberto Agnelli? «E' pure lui un grande tifoso, meno estroverso del fratello. E' stato presidente illuminato a cavallo degli Anni 50-60, ottenne successi con grande visione manageriale. Sivori e Charles li volle lui. Quando mi ha chiamato per confermarmi la fiducia, mi raccomandò di guardare soprattutto al bilancio». Bettega, Giraudo, Moggi: il nuovo avanza. «Lavorano con entusiasmo, i risultati daranno il voto a cose e persone. C'è una specifica divisione dei compiti che è molto producente. Bottega, con Furino, è stato il mio giocatore preferito. Ha una enonne competenza tecnica e si completa con Giraudo. Moggi è un consulente che non ha bisogno di presentazioni». Ha mai provato imbarazzo di fronte a una situazione? «Sì, quando l'Avvocato dovette spiegare a Zoff che il rapporto di lavoro era finito. Dino non ebbe la forza di bere neppure l'aranciata che aveva chiesto». Un rimorso? «Sì, aver lottato per la costruzione del Delle Alpi. Aveva ragione l'opposizione. La televisione uccido l'era dei grandi stadi che comportano sprechi enormi». Parla spesso con Baggio? «L'ho sentito sabato mattina. L'ho trovato sollevato, meno tormentato. So i tifosi sapessero quanti sacrifici fa per un ginocchio che gli ha procurato, anni fa, tanti fastidi! Entra sempre in campo con una tensione speciale, ma nessuno lo capisce. Mi piace proprio questo ragazzo». E Vialli? «Uomo notevolissimo, grande campione, un leader. Con Roberto, snno grandi entrambi ma diversi, forma la coppia più forte d'attacco. Lo dicova sempre anche Mantovani...». E questo esiliarsi a Bologna in Coppa Uefa? «Stragiustificatissimo da un punto di vista sportivo. E i nostri bravi tifosi, che ci criticano spesso, dimostrino di volere bene alla squadra offrendo una cornice sempre degna». Angelo Caroli «Provai imbarazzo nel divorziare da Zoff; fu un errore aver lottato per il Delle Alpi; Vialli un leader, Baggio fantasista sensibile* Chiusano (foto grande) è diventato presidente della Juve il 5 febbraio del 1990; a lato, da sinistra, i fratelli Giovanni e Umberto Agnelli allo stadio

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