L'anno della Juve

Coppa Davis, l'Italia batte i ceki a Napoli Il calcio riparte domenica: come Mazzola vede il campionato Latino della MILANO. Otto giorni fa, la morte di Vincenzo Spagnolo. Ieri, la domenica del silenzio e della riflessione, lo sport fermo, gli stadi vuoti. Oggi, il primo giorno di un «dopo» inquietante e misterioso, Proviamo a rimetterci in viaggio. Ci accompagna un campione di calcio e civiltà, Sandro Mazzola, 52 anni, già bandiera dell'Inter, attualmente responsabile della scuola allenatori di Coverciano, accompagnatore della nazionale Under 21. Quello che riparte domenica sarà un campionato diverso? «Me lo auguro. Ci voleva un segnale forte, e c'è stato. Adesso tocca a noi. Non dimentichiamo che l'esempio deve venire dall'alto: dirigenti, tecnici, giocatori, giornalisti». Fu proprio Helenio Herrera, ricorda?, a irreggimentare i tifosi. «Erano altri tempi. E, soprattutto, nella circostanza si perseguirono altre finalità. La nascita di quel rapporto mi parve un atto intelligente: è la crescita che, degenerando, purtroppo ha stravolto l'essenza stessa del tifo». L'Inter da Pellegrini a Moratti: se non ora, quando? «Si decide in settimana. Lo ammetto, pensavo in un trapasso più rapido». Ci sarà posto per lei nel nuovo staff? «Non lo so. Ma se mi fanno un fischio, volo: anche a fare il magazziniere». Quanto ci vuole per rifare l'Inter? «Quanto e chi, già. Paradossalmente, poco». Poco? «Ora che non esiste più un tiranno come lo era il Milan di due anni fa, per assurdo basterà azzeccare due o tre acquisti, uno per reparto. L'equilibrio che regna, è un "alleato" non indifferente». Sinceramente: lei, Berg- kamp, lo cederebbe? «Se parlo da tifoso, non posso che essere deluso, affranto, tradito. Ma se devo parlare da tecnico, allora dico che prima di lasciarlo andare, ci penserei su. Bergkamp non è un giocatore qualunque». Chi vincerà lo scudetto? «La Juve. Ha qualcosa della mia Inter. Meno classe, stesso orgoglio. E poi il carattere: a misura di Vialli, uno dei miei idoli». E il gioco? «Come gioco in sé e per sé, preferisco Parma e Lazio. Ma dal Parma, ecco, mi aspettavo di più sul piano della concretezza e della personalità». Il Milan? «Guai a perderlo di vista. E' scolpito nella roccia, ha una rosa imponente, non soffre di vertigini. Si può definire una mina vagante». E quando tornerà Baggio? «A me l'abbondanza è sempre piaciuta. Più elementi di classe hai, meglio è. Baggio creerà problemi agli altri, certamente non ai suoi». Le sorprese del torneo? «Bari e Foggia». L'Inter? «La grande delusione». Il Torino? «Quel Calieri è diabolico. Ha salvato il bilancio, scovato giocatori cruciali (Pellegrini, Pelé), dato un'anima al gruppo: potrà essere simpatico o antipatico, ma visto che contano i fatti, i risultati, io dico bravo Calieri e forza vecchio cuore granata». Riesce ancora a divertirsi? «Al di là degli eccessi, il nostro campionato rimane di gran lunga il più divertente e selettivo del mondo. Tutto, dalle qualità tecniche dei giocatori all'intelligenza dei nostri allenatori, dalla varietà tattica alle pressioni esterne, contribuisce a farne un laboratorio unico, speciale, gratificante». I tre punti? «Hanno portato una ventata di sana spregiudicatezza. Il 4-3-3 sta soppiantando il 4-4-2. Si rischia di più. Un passo verso il futuro, ma anche un tuffo in archivio: ai mici tempi, l'Inter schierava il seguente attacco: Jair, Mazzola, Milani, Suarez, Corso. Faccia un po' lei». I nostri giovani? «C'è il boom delle punte. Deivecchio, Del Piero, Dionigi, Tot- ti, Vieri, Flachi, Inzaghi. Alla faccia di quei tromboni che accusano gli stranieri di frenarne 10 sviluppo». Ma non eravamo la culla dei difensori? «Eravamo, appunto. E' in atto una specie di metamorfosi. Sin dai vivai si comincia a privilegiare l'attacco, la fantasia». In questo campo, lei è sempre stato molto critico. «E lo rimango, anche se la grande sbornia è passata. Gli istruttori tiravano su i giovani come polli da batteria, privilegiando esclusivamente l'aspetto fisico, 11 pressing, il fuorigioco. L'equivoco, e l'alibi, era l'Olanda degli anni '70, l'ultima rivoluzione calcistica alla quale abbia assistito. Si pensava che, alla base, non ci fossero altro che atletismo spinto e astuzia tattica. E invece c'erano piedi formidabili, mezzi tecnici memorabili. Senza scomodare Cruyl'f, terzini o difensori come Krol, Suurbicr e Haan avrebbero concluso la carriera a centro campo. Non aggiungo altro. Il calcio del Duemila sarà - o meglio, tornerà a essere - fantasia, tecnica e velocità». Gli arbitri italiani? «Vanno capiti, e aiutati. In rapporto agli altri, restano i più affidabili. Parola mia». Aiutati da chi e in quale modo? «Da quattro guardalinee, per esempio. E da un uso meno settario e becero delle moviole. La televisione può e deve educare anche attraverso gli errori. Ma perché questo possa accadere, il tono dei 'precettori' deve essere sempre misurato. Se no, addio. Per sempre». Roberto Beccantini «Il gioco di Parma e Lazio mi diverte di più, ma penso che nella volata verso lo scudetto la squadra di Lippi sia la favorita» Come tifoso, Mazzola (in alto) si sente tradito da Bergkamp: tuttavia invita i dirigenti interisti a riflettere prima di cederlo

Luoghi citati: Coverciano, Foggia, Lazio, Milano, Olanda, Parma