Simple Minds ritorno sanguigno Quindici amici ricordano Elvis

F I DISCHI Simple Minds, ritorno sanguigno Quindici amici ricordano Elvis A battaglia si gioca sui suoni. Non c'è più spazio por grandi rivoluzioni che segnino epoche come il rock'n'roll e il beat e, in misura minore il punk. Allora furono confezionati suoni e ritmi nuovi a idee e momenti di rottura generazionale. Ora non è nemmeno possibile una classificazione globale: obsoleto e sminuente il termine musica leggera; improponibile quello di musica giovanile, quando certi rocker (musicisti o ascoltatori) sono ormai alla soglia dei sessantanni; con i termini «moderna» e «contemporanea» si sconfina in altri territori. Sono mille i rivoli in cui scivola la «forma canzone», e le distinzioni si fanno sulle sonorità. Forme multicolori in fondo per riuscire a dipingere un mondo sempre più villaggio globale. Non è certo una novità questa situazione, ma i primi, importanti dischi del 1995 dimostrano quanto ormai sia intricato questo vortice di ricerca e di rimandi al passato. Tra dischi in cui trionfa la passione nel creare e ricreare la musica, per attraversare le epoche. Il '95 inizia bene con il ritorno discografico, dopo tre anni, dei Simple Minds che hanno partorito il sanguigno e travolgente «Good news front the next worid» (Virgin, 1 Cd). Jim Kerre Charlie Burchill non hanno perso la loro propensione a comporre ballad soffici ed eteree, canzoni ballabili dall'atmosfera ballabile. Sono cambiati i suoni: le chitarre di Burchill hanno sviluppato un suono che marchia inconfondibilmente, soverchiando le tastiere, i nove brani dell'album. Parimenti è più sensuale e teatrale la voce di Kerr: libero dall'effetto eco, il cantante può accentuare la creatività ncH'intcrpretare temi quali la tentazione (in «7 Deadly sins»), la decadenza («Cri¬ minal world»), la redenzione («Greal leap forward», «My life»), la fede («This time»), l'amore («Hypnotised»). Simple Minds praticamente nuovi, che sposano la loro abituale eleganza con un tocco ruspante in più. Un gruppo vivo, che ha voluto rinnovarsi. Cantano in «And the band playcd»: «I vecchi giorni, i giorni che muoiono, sono appena iniziati». Appassionate e appassionanti rivisitazioni di un passato non proprio le offrono altri due dischi. Il primo parte da più lontano ed è firmato dai Chieftains: «The long black veil» (RcaBmg, 1 Cd). Il gruppo rappresenta la maggiore espressione della tradizione irlandese, celtica in particolare. Se i sei Chieftains garantiscono sulla forma classica, ci pensa un «parterre de roi» a vestire di abiti moderni composizioni europee del XVIII secolo e altre della storia americana. La personalità di personaggi quali Sting, i Rolling Stones, Van Morrison, Sinéad O'Connor, Marianne Faithfull, Mark Knopfler, Ry Cooder, Tom Jones. Il risultato è quasi opposto a quello che ci si poteva aspettare, ovvero tutti si sono fatti conquistare da jigs, melodie celtiche, personalità dei Chieftains. E le hanno assecondate. In modo stupendo. Mark Knopfler e Ry Cooder in modo particolare. Di grande spessore, aggiungendovi forza moderna, poi le voci di Sting e Mick Jaggcr. Più trasgressivi - non si tradiscono mai - i Rolling Stones, che regalano una fantastica versione della tradizionale «The rocky road to Dublin»: whistle, violini, mandolino, uillean pipes s'intersecano con chitarre elettriche e batteria - a volte scambiandosi i ruoli - fino a dare una forza straordinaria al coro e al ritmo di festa. Ad un personaggio e un momento storico sicuramente importante nella storia della musica fanno riferimento i 15 artisti coinvolti in un progetto commemorativo: «It's now or never. The tribute to Elvis» (Mercury/Nashville, 1 Cd). Con i capelli impomatati e mentre bacia la chitarra, Presley domina la copertina e influenza tutti. Quel suo tipico canto plastico è un termine di confronto cui quasi nessuno riesce a sottrarsi. Una buona parte degli artisti coinvolti ha caratteristiche country (Travis Tritt, Tanya Tucker, The Mavericks, Billy Ray Cyrus) e non desta sorprese la loro adattabilità. Chi invece trascina e stupisce per grinta e straordinaria carica è Melissa Etheridge, che sa esaltare il ritmo di «Burning love», ringiovanendola di trent'anni. Incendiario stile. All'opposto, per delicatezza, l'ottima, originale versione di «Blue moon» offerta da Chris Isaak. Da rimarcare anche l'equilibrio tra fedeltà e voglia di rinnovare espressa da Bryan Adams, Aaron Neville, Faith Hill; e ancor più la raffinatezza dei Wet Wet Wet. Partecipazione d'autore quella di Cari Perkins accanto a Michael Bolton per una «Jailhouse rock» scintillante. Alessandro Rosa