Il contatto con monsignor Biguzzi, a 11 giorni dal sequestro, grazie alla mediazione della Croce Rossa Le suore rapite: stiamo bene ci rispettano

Il contatto con monsignor Biguzzi, a 11 giorni dal sequestro, grazie alla mediazione della Croce Rossa Il contatto con monsignor Biguzzi, a 11 giorni dal sequestro, grazie alla mediazione della Croce Rossa Le suore rapite: stiamo bene, ci rispettano Sierra Leone, le religiose hanno parlato per radio con il vescovo ROMA. Stanno tutte bene le sette missionarie saveriane sei italiane ed una brasiliana rapite undici giorni fa da ribelli antigovcrnativi nella missione di Kambia, in Sierra Leone. Lo ha potuto appurare il vescovo di Makeni, monsignor Giorgio Biguzzi, in un colloquio via radio con i ribelli e con tre delle suore rapite. A quanto ha riferito ieri l'agenzia cattolica «Alfazeta», in questo che è il primo colloquio diretto con loro, le missionarie hanno assicurato il vescovo di «essere trattate con rispetto, sia come donne che come reli¬ giose». Nel contatto via radio, avvenuto con la mediazione della Croce Rossa Internazionale, monsignor Biguzzi ha potuto parlare personalmente con Madre Lucia Santarelli, la superiora delle saveriane in Sierra Leone, con suor Agnese Chiletti e con suor Adriana Marsili. Oltre alle tre suore, rispettivamente di 65, 47 e 46 anni, che hanno parlato via radio con monsignor Biguzzi, il gruppo è composto da Teresa Beilo, di 41 anni, Anna Misconi, di 52, Hildegard Jacoby, di 39, e Angela Bertelli, di 35 anni. Santarelli, Bello, Misconi e la suora brasiliana avevano raggiunto le consorelle a Kambia in dicembre, dopo che l'intensificarsi della guerriglia aveva reso opportuna la chiusura della loro missione a Masiaka. «Il fatto fa ben sperare, perché è un chiaro segnale che qualcosa si è finalmente messo in movimento», ha detto ad «Alfazeta» un religioso, padre Ennio Casalucci, comunicando la notizia dell'avvenuto colloquio. Le sette religiose erano state rapite il 25 gennaio scorso da una banda di ribelli antigover¬ nativi nel Nord-Ovest del Paese e, da allora, hanno dovuto marciare per molti chilometri in direzione Sud-Est. Prima dell'informazione fornita ieri da padre Casalucci, le ultime notizie sulle rapite erano state date dalla testimonianza di due serraleonesi che avevano parlato con le autorità locali dopo essere sfuggiti ai guerriglieri. Per altro anche un portavoce militare di Freetown aveva affermato di avere prove concrete, ora rivelatesi fondate, che le saveriane erano in vita. L'esponente dell'esercito aveva detto che tutto il gruppo si trovava nel Sud del Paese non lontano da una miniera. I saveriani sono presenti in Sierra Leone con una quarantina di religiosi, dei quali la maggior parte (circa 25) italiani. Prevalentemente si trovano nella capitalo, impegnati soprattutto nel settore scolastico. In particolare le suore rapite si occupavano della riabilitazione di bambini poliomielitici. Nel settore scolastico operano anche dodici frati giuseppini italiani. Saveriani e giuseppini hanno tutti deciso di rimanere, nonostante tutto, in Siena Leone. [Ansai

Luoghi citati: Roma, Siena, Sierra Leone