«E ora, grazie a Prodi il ppi non serve più» di Guido Tiberga

«E ora, grazie a Prodi il ppi non serve più» «E ora, grazie a Prodi il ppi non serve più» PARLA COSSIGA GRAZIE a Prodi, la democrazia cristiana è morta davvero». La politica arruola Romano Prodi, tra gli applausi di metà popolari e la stizza di Buttiglione, il filosofo-segretario che diffida i suoi dal parlare a nome del ppi. Ma per Francesco Cossiga è proprio il partito cattolico ad aver fatto il suo tempo: con Prodi i credenti potranno scegliere da che parte stare, e anche la Chiesa finirà per dividersi. «Se le forze democratiche della sinistra e del centro sinistra lo vorranno come leader - ha detto l'ex Prèsidente in una lunga dichiarazione all'Ansa - sarà una scelta utile alla realizzazione di una compiuta democrazia dell'alternanza e anche a una preziosa presenza pluralista dei valori cristiani nella società». Senatore Cossiga, la sua è una scelta di campo, o sbaglio? «Sbaglia sì. Io non ho bisogno di scegliere il campo di Prodi. Io sono fuori dal campo». Però lei sta appoggiando Prodi, proprio come fanno gli uomini della sinistra popolare... «Guardi che è un errore pensare che la scelta di Prodi nasca dal partito o da una parte del partito. La sua è un'iniziativa che arriva da lontano, dal revival del modo di concepire la politica che aveva Dossetti. No, la mia non è una scelta, è un'analisi. Piuttosto, sono gli altri che devono finalmente scegliere in che campo giocare. A questo punto, l'equivoco del partito popolare deve cessare». Sta dicendo che il ppi non ha più ragione di essere? «Sto dicendo che la posizione di un centro "equidistante" non è più sostenibile. Questa è la rivin¬ cita di Dossetti su De Gasperi». In che senso, senatore? «Vede, la de è stato il partito dell'afascismo e della Resistenza. Per neutralizzare la destra doveva inglobarla nel suo grande corpo moderato. Oggi questo problema non esiste più...». Scusi, senatore, ma lei non può negare di essere nel solco della sinistra popolare... «Attenzione, loro non sono affatto come me: loro sono cattolici democratici. Io sono un liberal-democratico, e le assicuro che siamo in pochi. Alle prossime elezioni, credo che voterò per Rifondazione o per i tirolesi...». Lei scherza, senatore. Però la scelta di Prodi le è piaciuta... «Certo che mi è piaciuta: è una scelta coraggiosa. Ma tenga presente che Prodi non è mai stato democristiano, e non è mai stato popolare. Si legga il suo appello: non c'è un solo richiamo al ppi. La sua scelta nasce dalla tradizione del cattolicesimo bolognese, per la quale io ho un grande affetto. Ma da loro mi separa un fatto: io sono inguaribilmente laico e liberale». Senta, quando lei andava in giro a «togliersi i sassolini dalle scarpe», in che rapporti era con Romano Prodi? «Ottimi. Lui è sempre stato un mio grande amico». Quindi Prodi non è mai stato nel «partito» di chi attaccava il troicconatore»? «Assolutamente no. Glielo ripeto: Prodi è un mio amico. Un uomo di estrema onestà e di estrema semplicità». E di estrema prudenza... «Sì, anche di estrema prudenza». Un prudente che fa una scelta coraggiosa ha bisogno di qualcosa, o di qualcuno, che lo spinga. Non crede? «Io penso che Prodi si sia deciso dopo aver maturato una convinzione religiosa, più che politica». Senta, ma quali ripercussioni può avere una scelta come questa sulla Chiesa italiana? «Ci saranno conseguenze pesanti. Vedrà, l'unità della gerarchia cattolica finirà per spezzarsi». E allora facciamo un gioco. Mi dica «chi sta con chi». Quali cardinali sono con Prodi, e quali con Buttiglione? «E' un gioco che si potrebbe anche fare. Ma io i nomi non li faccio». Allora li faccio io: Re sta con Buttiglione, SUvestrini e Martini stanno con Prodi. Giusto? «Può darsi, ma questo lo ha detto lei. Non io». Però nessuno dei due può dire di avere la gerarchia della Chiesa alle spalle... «Ah, questo è sicuro. Ognuno si muove secondo le sue responsabilità. Gliel'ho già detto: con Prodi, la de è veramente finita». Guido Tiberga A sinistra: l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga In basso: Giuseppe Dossetti