A Pontedilegno l'ex segretario rilancia la candidatura del professore «Non togliamo il disturbo»
a Pontedilegno l'ex segretario rilancia la candidatura del professore a Pontedilegno l'ex segretario rilancia la candidatura del professore «Non togliamo il disturbo» Martinazzoli: i popolari sono con noi PONTEDILEGNO (Brescia) DAL NOSTRO INVIATO La domanda arriva alla fine, dopo l'ultimo applauso dei cinquecento popolari saliti fin qui, tutti in piedi, tutti eccitati e finalmente orgogliosi. Mino Martinazzoli si blocca sull'ultimo gradino del palco. Sindaco, Rocco Bultiglione fa capire che ve ne potreste anche andare... «Cosa!? L'idea che togliamo il disturbo è proprio sbagliata!». Gingio Rognoni, un gradino più su, per una volta dimentica la flemma: «Andarcene? Buttiglione questa se la sogna!». Piuttosto si prepari alla provocazione meditata da Nino Andreatta e annunciata via telegramma. Un bel referendum tra gli iscritti al partito: «Prodi o Berlusconi for president?». Martinazzoli se ne va com'era arrivato, da solo. «Se questo è il mio ritorno alla politica? Solo per un giorno, come i dilettanti...», se la ride. Ma quando sale su una Golf sgangherata al buon umore si aggiunge una grinta tutta bresciana, tutta sua: «Buttiglione dice che qui c'era la sinistra de, una vecchia setta ideologizzata e anacronistica? Balle, l'ha reinventata lui! Qui c'erano i popolari! I popolari che vogliono far sapere a Buttiglione come su certe scelte non c'è il minimo di possibilità di transazione!». Buttiglione, che non avrebbe neppure voluto questo convegno: «Mi ha telefonato e me l'ha anche detto». La giornata dell'Orgoglio, per Martinazzoli e questi cinquecento. Un'incontro tra pochi amici, com'era stato annunciato a metà gennaio, travolto dai tempi della politica. E Martinazzoli, incerto fino all'ultimo, attacco o non attacco, dico tutto o sto sul vago, a Ponte di Legno toma ad essere il fondatore del partito Popolare. Deluso da Buttiglione: «Non considero esaurita la sua funzione a Piazza del Gesù, non l'ha neanche cominciata!». Dal nuovo corso: «Possibile che nel consiglio nazionale non ci sia un posto per me?». Da quel che vede nel futuro: «Il rischio non ò tanto in una scissione, ma nella sparizione». La candidatura di Romano Prodi «ò una buona notizia». Ma attenzione, dice Martinazzoli, «mica glielo hanno ordinato Mancino o Andreatta, ò qualcosa di ben più grosso e il Partito popolare non ne è il demiurgo». Prodi va benone «perché chi non si riconosce in Berlusconi ha trovato una leadership autorevole, interessante e positiva». Prodi che in passato aveva detto più di un no a Martinazzoli. «L'ho sentito venerdì, gli ho ricordato i suoi no. E' emiliano, terre verdiane, "partiam partiamo" e non partiva nessuno... Forse i tempi non erano giusti, ma con la sua candidatura il ppi è felicemente costretto a fare un po' di conti». Fare i conti anche con Buttiglione. A fine mattina Martinazzoli incontra in corridoio Mariolina Moioli, bergamasca, vicepresidente dei deputati popolari, a metà strada tra Buttiglione e Formigoni. Incontro e scontro, dialetti simili e diversi. «O mi spiegate che il mio leader è Buttiglione op¬ pure non so», si sfoga Martinazzoli. Moioli, bionda e minuta, diventa piccina piccina: «Ma guarda Mino che però...». Martinazzoli: «Guarda che cosa? Che voleva perfino impedirmi di venire qui a parlare, che voleva convocare apposta il consiglio nazionale per oggi!». Sfogo, tensione, rabbia vera, capannello, tregua. Due interventi nella giornata dell'Orgoglio. Un'ora la mattina, altrettanto il pomeriggio, tra gli applausi di Bodrato e Granelli, Rognoni e Pinza, Castagnetti e Guzzetti, Pandolfi e Giovanni Bianchi. Buttiglione è citato poco, ma evocato spesso. Il suo «centro mobile» diventa «centro peripatetico». La sua voglia di moderatismo, destra e Berlusconi è svillaneggiata: «Un'invenzione micidiale, il Polo c'è già, al massimo competeremo per le sottoleadership con Casini». Fosse dipeso da lui, ammette, «Buttiglione non sarebbe segretario e Formigoni non si darebbe le arie che si dà, come un Barbiere di Siviglia factotum di tutta la città». E adesso? Qui torna il solito pessimismo, ma con botto: «Non c'è proprio più niente da fare, è così. Ma quando non c'è proprio più niente da fare generalmente qualcosa si fa». E allora perché non cominciare a ragionare su una nuova Costituente, o sul ruolo forse inesistente della tv pubblica? Perché non tornare alla politica, «alle cose della vita che sono più complesse della teoria?». E la politica vuole a primavera le elezioni regionali. «Lì è la nostra battaglia. Questi mesi per il partito sono stati neghittosi, ma si sappia che in Lombardia, che non è del "Kapo" Formigoni, nessun comando da Roma potrà essere ascoltato!». Per esser più chiari, quasi brutali, i cinquecento di Ponte di Legno approvano una mozione che a Buttiglione deve picchiare in testa. Al punto 4 ricordano che «l'ultimo congresso nazionale impegna tutti i popolari, per l'intera durata della legislatura, a mantenere il tradizionale rapporto di competizione con la sinistra e a non stringere alleanze organiche con la destra». Il punto 5 è un Osanna a Prodi, «cattolico, democratico, competente, qualificato come un credibile candidato di Centro. Una significativa opportunità e una grande risorsa per la democrazia di questo Paese». E al diavolo Berlusconi e Fini e il Centro Mobile. Per Buttiglione qualcosa di molto simile al disprezzo (politico). «Con il povero Bossi prima l'ha riempito di caffeina per la mozione di sfiducia, poi se n'è andato senza neppure voltarsi per vedere su quale palo si era spiaccicato...». Povero «piccolo e gracile ppi, che se diventasse la metempsicosi di Comunione e Liberazione sarebbe meglio piantarla qui». A chi si prepara al consiglio nazionale di sabato prossimo («i combattenti») un viatico. Andate, proponete le primarie tra iscritti ed elettori: volete Prodi o il Cavaliere? Combattete. «E se vi invitano alla prudenza rispondete sì, saremo prudenti, ma andiamo avanti!». Giovanni Cerniti «E' inevitabile anche i vescovi sono destinati a dividersi tra destra e sinistra» ti presidente del partito popolare Giovanni Bianchi A sinistra: Mino Martinazzoli
Luoghi citati: Brescia, Lombardia, Ponte Di Legno, Roma, Siviglia
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