«Subito un nuovo partito»

«Subito un nuovo partito» Il filosofo: va superata l'esperienza della Quercia, entro pochi mesi «Subito un nuovo partito» Bobbio: «E' l'ora di un sinistra-centro» IL NUOVO POLO IN POLITICA CTORINO HE cosa succede a sinistra, professore? Che cosa fa la sinistra, mentre tutto sembra ribaltarsi? Buttigliene si mette d'accordo con il Cavaliere. Lega e popolari si spaccano. Nasce una convention progressista. Prodi diventa il leader anti-Berlusconi. Ma il blocco di destra è forse più forte di prima, mentre scoppia la febbre elettorale. «Il momento è gravissimo e non c'è tempo da perdere - risponde il professor Norberto Bobbio -. La sinistra deve tagliare le tendenze all'estremismo e vincere le tentazioni alla divisione, dando vita a un grande partito che guardi al centro, sul modello dei partiti socialdemocratici che sono andati al potere, almeno una volta, in Gran Bretagna o in Germania, in Francia o in Spagna. Con un programma che si distingua decisamente da quello della coalizione di destra e un leader non del pds, che potrebbe essere senza dubbio Romano Prodi». Gianni Vattimo ha scritto che la sinistra è prigioniera di un eterno ritardo: cosa c'è che non va a sinistra? «Si possono fare due constatazioni. La prima è che la sinistra, da quando si sono formati i moderni partiti di massa, non ha mai vinto: l'Italia è l'unico Paese occidentale in cui la sinistra non è andata al potere almeno una volta. La seconda constatazione è che la democrazia ha bisogno di partiti che guardano al centro piuttosto che alle loro estreme: come ho detto mille volte, nessuna democrazia può sopravvivere se si radicalizza il contrasto. Si tratta di capire se c'è un nesso fra la prima e la seconda proposizione. Qualcuno infatti potrebbe argomentare che la seconda proposizione spiega la prima: la sinistra italiana non ha mai vinto perché ha quasi sempre prevalso l'ala più radicale». La destra invece è riuscita a qualificarsi come forza liberale e democratica? «No. Tra amici in questi giorni si diceva che si sono affacciate in Italia almeno quattro destre. Quella nazionalista di fascisti e postfascisti, quella integralista dei clerico-moderati, quella populista che si è espressa nel leghismo e una destra neo-patrimoniale, in cui c'è un signore che proclama "lo Stato sono io". Nessuna di esse ha i connotati liberaldemocratici che pretende di avere. Nessuna è la destra che possiamo ritrovare nei Paesi in cui esiste l'alternanza. Tutte hanno un aggettivo che glielo impedisco. Non si può dunque condannare la sinistra per aver reso difficile la democrazia, perché la stessa cosa si può dire della destra. La prova maggiore è quello che successe tra il ' 19 e il '22, quando in tre anni si è passati dall'egemonia del partito socialista niente meno che al fascismo. E' uno strabiliante esempio del fatto che in Italia a una sinistra rivoluzionaria si è sempre contrapposta una destra reazionaria». Quattro destre, ma quante sinistre? «Molte sinistre. E devo dire che anche il campo progressista lascia piuttosto a desiderare dal punto di vista della qualifica democratica che si conviene a un partito dell'alternanza in una democrazia compiuta. Al sistema dell'alternanza fra un partito liberaldemocratico e un partito socialdemocratico in Italia non siamo ancora pervenuti. Ci sono molte destre e nessuna liberaldemocratica. Ci sono molte sinistre e nessuna socialdemocratica». Che cosa deve fare la sinistra per uscire dal cul-desac? «E' assolutamente indiscutibile che lo schieramento destinato a vincere le elezioni dalla parte della sinistra non possa essere che un partito unito che vada al di là del pds. Il partito che in Italia ancora non c'è. Questo ci fa pensare che la sinistra non è mai stata al governo anche perché è sempre stata attraversata da una divisione dopo l'altra. Anche oggi soffriamo di questo storico malessere che rende impossibile alla sinistra raggiungere da sola il cinquanta per cento dei voti, indispensabile per governare». Oggi a sinistra c'è un coordinamento che comprende . pds, verdi, rete, psi, cristiano sociali. Chi altri dovrebbe entrare nel partito della sinistra: Segni? Martinazzoli? D'Antoni? Camiti? «Segni e Adornato sì, per forza. Anche Amato. Anche i popolari che non approvano l'accordo di Buttiglione con Berlusconi: Andreatta, Martinazzoli, Mancino, Rosy Bindi. E l'ala sindacale dei cattolici di sinistra, anche quelli». Fausto Bertinotti? «Non lo so. Un grande partito di tipo socialdemocratico dovrebbe avere all'interno tutte le componenti della sinistra: il centro, la destra e anche la sinistra. Del resto, Bertinotti è un personaggio molto simpatico, ma è indubbio che appartiene all'ala estrema della sinistra storica». Ma perché l'unità a sinistra è così difficile? «Io ho-sempre avuto l'idea, per quanto contestabile e di fatto contestata, che l'unificazione sia assai più difficile a sinistra che non a destra perché la sinistra è più ideologica mentre la destra è più pragmatica. Gli interessi sono negoziabili, gli ideali non sono negoziabili. E' vero che la politica è l'arte del compromesso, ma il compromesso è molto più difficile fra uomini di ideologie marcate». Romano Prodi è il leader giusto per questo partito? «Pur non conoscendolo personalmente, posso dire che Romano Prodi è una delle facce che si vedono più volentieri in tivù. Potrebbe essere la scelta giusta, anzitutto perché appartiene alla sinistra moderata e poi perché è unanimemente riconosciuto come un competente nel campo dell'economia, che oggi richiede gli interventi più urgenti e delicati da parte del governo. D'al- tronde il leader del partito della sinistra non può essere un esponente del pds, perché il pds appare, soprattutto agli avversari, ancora troppo legato alla tradizione comunista». Lo strappo di Occhetto non è bastato? «Lo strappo di Occhetto avrebbe dovuto dare vita a una nuova sinistra che andasse al di là del pei e che in qualche modo lo assorbisse. Questo non è avvenuto. E mi pare che i dirigenti del pds non abbiano mai detto chiaramente di volere un partito socialdemocrato di cui il pds sarebbe soltanto una componente». Nel programma del nuovo partito, qual è il problema centrale? «Quello del mercato. Voglio dire: dei limiti del mercato. La sinistra non può accontentarsi di dire: sì, sono per il mercato. La sinistra deve pur mantenere fede ad alcuni valori fondamentali che l'hanno sempre distinta dalla destra. Non si può pretendere di andare al governo per sostenere le stesse cose che sostiene la destra! Il mercato è un classico tema di destra: la sinistra deve saper opporre il tema dolio Stato. Ma la sinistra che cosa pensa dei diritti sociali e come ritiene di poterli ancora difendere in un'economia di mercato? Se si rinuncia a questo patrimonio di idee avrebbero ragione coloro che dicono che fra destra e sinistra non c'è nessuna differenza. A mio parere la differenza c'è ed è evidente. Le faccio un esempio banale: se oggi si deve fare una manovra da venti o I trentamila miliardi, pescarli nelle tasche dei lavoratori è di destra, prelevarli nelle casseforti dei ricchi è di sinistra». Realizzare l'unità, scegliere il leader, darsi un programma: ce la farà la sinistra? «Mi limito a ripetere che la sinistra potrà fare un passo avanti soltanto quando si sarà purgata dei due vizi fondamentali da cui è partita la mia analisi: il difetto dell'estremismo e quello della tradizionale mancanza d'unità. Se ci riuscirà, non sono in grado di dirlo. Posso soltanto aggiungere che mi pare oggi sulla buona strada». Quanto tempo c'è a disposizione? «Pochi mesi. L'accordo fra Buttiglione e Berlusconi ha imposto una brusca accelerazione dei tempi. Anche perché la mia impressione è che questo rinvio delle elezioni non sia molto popolare. L'idea che Berlusconi è riuscito a diffondere fra la gente - "andiamo a votare e contiamoci" - è un argomento forte su cui la sinistra non può assolutamente alzare le spalle. Confesso di essere un po' preoccupato da un governo di tecnici con un presidente del Consiglio di destra sostenuto però dalla sinistra, che rappresenta una contraddizione facile bersaglio delle polemiche della destra: può insinuarsi il sospetto, nella gente comune, che la sinistra-non voglia andare alle elezioni por paura di uno smacco». La sinistra deve dunque prepararsi alle elezioni politiche? «Sì. Questo governo non può durare troppo tempo. Anche perché la gente si domanda: insomma, perché noi, di fronte a una crisi così grave, non siamo ascoltati? Non sono d'accordo quando D'Alema dà l'imprcssioI ne di non avere fretta e dice in televisione: ah, per le elezioni c'è tempo. Bisogna invece affrettarsi. Non c'è un minuto da perdere». Alberto Papuzzi Prodi va bene è un moderato s'intende di economia e ha la faccia gradevole in tv apij £ 6 li leader non può essere del pds perché agli avversari appare ancora legato al comunismo Bjj u Problema centrale è il mercato Non si può andare al governo parlando come la destra Ci si deve distinguere sul tema Stato ■■ Segni, Amato, Martinazzoli e Camiti protagonisti insieme a D'Alema || |: Massimo D'Alema, segretario del pds Silvio Berlusconi, l'antagonista Mario Segni, sostenitore di Prodi Qui sopra, Romano Prodi || A destra, Norberto Bobbio |:

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