Una sfida vinta in diciotto mesi «Politica dei redditi contro il rischio-Paese»

Una sfida vinta in didotto mesi Una sfida vinta in didotto mesi «Politica dei redditi contro il rischio-Paese» STRATEGIE E MERCATI 'M L 28 settembre 1993 un grupI po di grandi investitori istituI zionali internazionali fece una valutazione imprenditoriale e assunse un impegno che a qualcuno apparve come un azzardo: la Fiat aveva i numeri per superare la crisi, ci sarebbe senz'altro riuscita, e per questo andava sostenuta. Da ieri è chiaro a tutti che quegli investitori - la famiglia Agnelli innanzitutto, e poi Mediobanca, Deutsche Bank, Generali e Alcatel - avevano visto giusto, e che hanno vinto la loro scommessa. Quel loro impegno aveva implicato l'approvazione di un piano di sviluppo studiato e rappresentato dal vertice aziendale: Giovanni Agnelli, presidente, e Cesare Romiti, amministratore delegato. Che vennero richiesti di restare ai loro posti per poter attuare quel piano, poi rivelatosi vincente. Un piano proiettato nel futuro, nel medio-lungo termine, come forse non è mai accaduto per nessun altro piano stratègico di un grande gruppo industriale multinazionale come la Fiat. Nello stesso periodo in cui la Fiat risaliva la china, l'AziendaItalia restava ferma, anzi indietreggiava. La finanza pubblica registrava un aggravamento delle sue condizioniTla disoccupazione cresceva, la lira perdeva quota. Ed è, ancor oggi, proprio la situazione politico-economica del Pae- se a rappresentare l'incognita più grave per tutto il tessuto produttivo nazionale, Fiat comprésa. E' questa la ragione per cui il presidente della Fiat Giovanni Agnelli, nella lettera agli azionisti diffusa ieri, è ancora costretto a parlare di un «rischio-Paese», determinato e aggravato dallo stato della finanza pubblica e dall'instabilità politica. Tassi più alti, cambi più deboli, segnali di ripresa inflattiva: tutti elementi preoccupanti, aggravati dal carattere territorialmente disomogeneo della pur robusta ripresa industriale italiana. Di qui il monito dell'Avvocato a chi gestisce e gestirà l'economia del Paese: proseguire in una politica dei redditi rigorosa, che mantenga la dinamica dei salari sul livello dell'inflazione programmata. Una politica dei redditi rigorosa è anche, peraltro, l'unico modo per porre rimedio alla piaga della disoccupazione, riducendo il peso degli oneri sociali (soprattutto al Sud, dove invece le attuali riduzioni stanno per venir meno) e incrementando gli elementi di flessibilità presenti sul mercato del lavoro: part-time, contratti a termine, interinali, salario d'ingresso. E' una mentalità innovativa che, del resto, rientra a pieno titolo tra i fattori del successo Fiat: il superamento delle vecchie rigidità ottenuto, insieme con i sindacati, nella gestione delle relazioni industriali. Fin qui il confronto, mai neanche evocato nella lettera di Agnelli eppure in qualche modo fatale, tra l'Azienda-Fiat e l'Azienda-Italia. Ma quel che di più importante traspare dalla «lettera», quel che ne assorbe il contenuto più pregnante, è la sintesi delle strategie seguite finora dal gruppo e di quelle tracciate per il futuro con l'obiettivo di tenere (ed anzi anticipare) il passo del ciclo economico e non ricadere mai più così gravemente in crisi. Sono stati quattro i cardini della ripresa Fiat, e resteranno i «leit-motiv» della strategia futura: innanzitutto, l'alto livello degli investimenti, mai abbassato neanche nel momento peggiore della crisi; in secondo luogo, la riduzione delle spese - fortissima per poter abbassare il punto di pareggio («break-even point») ai minimi livelli della domanda del mercato del 1993; quindi la ristrutturazione profonda dell'azienda (una «rifondazione», l'aveva definita Romiti) per accentuarne l'efficienza in tutti i settori; e infine il forte ricorso al mercato finanziario, con un super- aumento di capitale che si è rivelato un vero affare per tutti gli azionisti (anche i più piccoli) che hanno aderito. Investimenti, contenimento delle spese, efficienza produttiva e gestione finanziaria ottimale restano i 4 punti cardinali entro i quali la Fiat va avanti. Fino a tutto il '96, si svilupperà il suo «storico» piano di investimenti da 40 mila miliardi, diecimila dei quali ancora da spendere; ma già in questo momento tutte le aziende del gruppo, sia quelle operative che le subholding, stanno pianificando un altro quinquennio di impegno e di investimenti. Questo perché l'eccezionale svolta impressa alla gestione non autorizza a dormire sugli allori. La concorrenza è fortissima, sta aumentando ulteriormente, e il quadro congiunturale internazionale è ancora incerto. La stessa concorrenza imporrà, molto probabilmente, una severa selezione tra i grandi gruppi, che si ridurranno di numero attraverso fusioni, accorpamenti e acquisizioni. La Fiat ha in mano le carte giuste per vincere da sola sui mercati e per essere lei a dettare le condizioni per le eventuali, future alleanze - né sicure né programmate ma comunque possibili - anziché subire le condizioni altrui. Sergio Luciano I CONTI DELLA HOLDING [miliardi di lire] f9M W3 RICAVI TOTALI DI GRUPPO 65.500 54.556 AUTOFINANZIAMENTO GESTIONALE [risultato ante imposte + ammort.] 5.500 2.017 [indebitamento] [2.200] (5.247] INVESTIMENTI 4.600 6.659 RICERCA E SVILUPPÒ 1.900 2.246 DIPENDENTI [unità] 248.500 260.951 DI CUI c;».G.S. 3.8ÒO 9.106 SALDO EXPORT/IMPORT SOCIETÀ' ITALIANE DEL GRUPPO 10.500 7.750. Il presidente della Fiat Gianni Agnelli e l'amministratore delegato Cesare Romiti Il loro piano si è rivelato vincente

Persone citate: Agnelli, Cesare Romiti, Gianni Agnelli, Giovanni Agnelli, Romiti, Sergio Luciano I