Gli ultra tradiscono Vincenzo Esce la bara applausi solo ai cacciatori

—_h * ^n cinquemila a Genova per i funerali del giovane assassinato ^n cinquemila a Genova per i funerali del giovane assassinato Gli ultra tradiscono Vincenzo Esce la bara, applausi solo ai calciatori GENOVA nostro inviato Sotto al cielo grigio di Genova, Vincenzo sparisce nella curva, fra le facce della sua gente, le sciarpe e i colori. Ma questo è uno spettacolo del dolore, e la curva affolla il sagrato di una Chiesa, e le campane suonano a morto. Non è lieve, l'aria. E non c'è festa, non c'è pace, in mezzo a mille volti sconosciuti, alle mani e ai pugni levati, fra le bandiere ammainate alle finestre. Strano funerale. Quando la salma esce dalla Chiesa e si ferma prima di scendere nella piazza, l'applauso è triste, non forte. E poi tutti, i giovani, i vecchi, le donne, si girano verso il corridoio lasciato libero in mezzo a loro, per guardare i calciatori che passano, che sfilano lentamente, come all'ingresso di uno stadio dietro a un arbitro che non c'è. La salma di Vincenzo Spagnolo si allontana quasi di nascosto, inseguita solo da un grappolo di compagni del circolo Emiliano Zapata che fendono la folla e alzano il pugno gridando «Hasta siempre Spagna». Lo chiamavano Spagna, o Claudio, gli amici. Va via così, il ragazzo di curva assassinato da un colpo di coltello, domenica, a Marassi. Se ne va nell'applauso che accompagna i suoi idoli, Skuravy, Bortolazzi, Galante, Miura, nel saluto che insegue Mancini o Gullit, Zenga ed Eriksson. Se ne va quasi dimenticato dalla sua curva, come per un dispetto del destino. Ma che funerale è mai questo, che dimentica il suo fratello? E' nel pianto dei genitori, nell'incedere affranto di papà Cosimo, in quella mano protesa di mamma Rina verso la bara che dondola sulle spalle degli amici, è nella voce rotta di don Bruno che ricorda il bambino della prima comunione, è solo in questi gesti rari, in questi sguardi smarriti, che il funerale di Vincenzo riacquista tutta la sua dignità. Scriveranno di lacrime e di dolori, diranno di un popolo che si è stretto attorno al suo figlio. Noi questo non l'abbiamo visto. E forse non devono averlo visto neppure gli uomini della Chiesa, se prima che la gente sfollasse, il cardinale Giovanni Canestri si è sentito in dovere di richiamarli: «Mi piacerebbe tornare qui stasera alle 7 per pregare davvero in silenzio. E sarei contento che fossero rappresentate come stamattina diverse classi sociali». Torneranno alla sera, cento amici, molti tifosi. Nella mattina grigia sono in cinquemila, sotto le bandiere, con il servizio d'ordine che li controlla passo passo. Genova c'era, ai funerali di Vincenzo, una Genova stranita e ferita. E, nella Chiesa di San Teodoro, c'era tutto il mondo della curva e dello stadio. Corone di fiori. «Rude Boys». «Irriducbili Lazio». «Skynheads». «Collettivo vecchia guardia Ancona». «TJltras Brescia». «Bad Boys Pescara». «TJltras Napoli». «Tigrotti sampdo- riani». C'era anche quella del Calcio Milan, quella del Tennis tavolo, quella della Lega Calcio. C'era lo sport che piange un suo amico e se stesso. C'è un silenzio difficile, strano, sotto le navate. E lungo i corridoi laterali, i chierichetti che aspettano: «Sono arrivati i calciatori? Padre, possiamo andare a chiedere gli autografi?» Nella casa del Signore, si aspetta la Messa. All'improvviso, il primo applauso è lungo, stordente: ci sono i calciatori del Genoa che entrano, e la folla si alza dalle panche, spinge, qualcuno si aggrappa pure al pulpito. L'applauso si ferma e riprende, subito do¬ po: ci sono quelli della Samp, e il primo è Mancini, con una sciarpa blucerchiata al collo che chissà se gli ha regalato qualche tifoso. Poi, tutti gli altri. In sacrestia, arrivano gli uomini di Chiesa che dovranno celebrare la Messa: frate Mauro, padre Giorgio Musante, il vescovo Bernardo Citterio, ausiliario del cardinale Martini, Monsignor Camelli, don Bruno Venturelli e il cardinale di Genova. Sotto l'altare, prendono posto il sindaco Sansa, il presidente genoano Spinelli e quello della Samp, Mantovani. La salma arriva adesso, una bara in legno chiaro con una grande coccarda rossoblu, seguita dalla famiglia, i genitori, le due sorelle, due zie e Raffaella, la fidanzata di Vincenzo. Qualche pungo chiuso sul portone. Dalle lettere di Paolo ai Filippesi: «La nostra Patria è nei cieli». Si comincia così, mentre don Bruno va all'altare: «In questa Chiesa ti ho dato la prima comunione quando avevi 8 anni...» Fuori, qualche bandiera sventola. Gli amici del circolo Zapata alzano i pugni e piangono. E la voce della Chiesa esce nella piazza gremita: «Beati i vinti perché erediteranno la terra, beati i poveri di cuore perché vedranno Dio». Non è qui la nostra Patria, dice il cardinale Canestri. «Qui non c'è il Paradiso. E il Paradiso non è la droga, la discoteca, lo stadio, la moda». Niura è in piedi vicino a Spinelli, Gullit tiene la testa alta. Poi, sale all'altare Romina, la sorella di Vincenzo. Legge poche righe: «In questo difficile momento di dolore desideriamo esprimere il nostro ringraziamento a quanti hanno partecipato al nostro lutto. Nello stesso tempo vogliamo ricordare Claudio con affetto. Lasciamo da parte rancore, rabbia, vendetta. Basta con la violenza, diamo spazio a solidarietà, pace e collaborazione. Cerchiamo di costruire un mondo di giustizia. Ciao Claudio, che il tuo sacrificio non sia vano». La parola perdono non c'è, e forse non poteva esserci, era inutile aspettarla. Avvicinata dai cronisti durante la preghiera della sera, Romina ha scosso il capo: «E' troppo presto per perdonare». Ma adesso, dall'altare, guarda Raffaella, la fidanzata di Vincen¬ zo, un topino con gli occhialini da miope, come a voler chiedere se andava bene. Simona si abbraccia alla nonna, e mamma Rina reclina il capo sulla spalla del marito. Quando la messa finisce, Gullit va a baciare i genitori e Miura lo segue. Papà Cosimo trattiene le lacrime, e la signora Rina guarda la salma che se ne va e allunga il braccio per sfiorarla ancora. «Beati voi, quando vi perseguiteranno e mentendo vi diranno di tutto. Rallegratevi ed esultate perché grande è la nostra ricompensa nei cieli». Ecco, adesso se ne vanno tutti, don Bruno sfugge in sacrestia. E lo stadio ora è fuori, attorno al tempio abbandonato. La mamma quasi s'accascia, Cosimo la sorregge. Qualcuno alza il pugno chiuso. Le campane si fermano. Tira un vento da terra. Spazzerà tutto. Ora, la piazza si spoglia. Vincenzo è già andato. Pierangelo Sapegno Il vescovo deluso «richiama» i parenti: tornate stasera, per pregare in silenzio —_h * della sorella di Vincenzo Spagnolo: anche lei faceva parte del collettivo Zapata Il feretro del tifoso ucciso I genitori di Vincenzo ieri al funerale e a fianco il giovane ucciso prima della partita di calcio