«Provenzano voleva pentirsi» di A. R.

Mafia, 14 arresti Mafia, 14 arresti «Provenzano voleva pentirsi» PALERMO. Era un carabiniere la talpa dei boss. Prendeva, pare, tre milioni al mese per passare informazioni al clan dei corleonesi, quello di Totò Riina. Adesso è finito in manette, insieme ad alcuni funzionari e imprenditori. In tutto sono 14 i destinatari degli ordini di custodia per associazione mafiosa emessi dal gip di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. E' riuscito invece a sfuggire alla cattura l'ex assessore regionale all'industria e all'ambiente Franz Gorgone, 65 anni, ora deputato del ppi e presidente della Croce Rossa di Palermo. Ma quello del carabiniere Cosimo Bonaccorso, 34 anni, da un anno in convalescenza, è l'arresto che fa più rumore. Alla sua identificazione ci si è arrivati grazie alle dichiarazioni dei pentiti Santino Di Matteo e Gioacchino La Barbera. Le indagini si inseriscono anche nel filone dei contatti fra politica e mafia per la spartizione degli appalti in Sicilia, meccanismo nel quale avrebbe avuto un ruolo l'ex assessore. Ma i pentiti hanno «regalato» un'altra scottante verità: Bernardo Provenzano, nuovo numero uno di Cosa Nostra, nell'estate di tre anni fa, avrebbe meditato di chiudere con la mafia e di passare nell'esercito dei pentiti. Sì, proprio lui, il boss latitante da più tempo. A sostenerlo è il pentito Filippo Malvagna. Malvagna ha raccontato che alla fine dell'estate '92, alcuni mesi prima della cattura di Riina, mentre si trovava in un ristorante di Palermo con esponenti del clan Pulvirenti «venne a trovarci il carabiniere Bonaccorso che ci riferì che la moglie di Provenzano, Saveria Benedetta Palazzolo, aveva un appuntamento con un capitano per un'eventuale collaborazione». Il pentito ha aggiunto: «Bonaccorso ci diede un biglietto scritto a mano che riportava il nome dell'ufficiale e la località fissata per l'incontro, in una casa di campagna». Il pentito ha aggiunto che all'interno di Cosa Nostra si diceva che se Provenzano avesse deciso di collaborare «sarebbe stata la fine del mondo». Tra le altre informazioni che Bonaccorso avrebbe dato ai «palermitani», ha detto Malvagna, anche quella relativa ad un trasferimento del pentito Totuccio Contorno a Palermo. «Bonaccorso specificò anche la caserma in cui Contorno - ha sostenuto il pentito - doveva essere alloggiato ma la cosa non fu riscontrata». Bonaccorso aveva lavorato per molto tempo prima al Nucleo operativo dei carabinieri di Catania e poi a Palermo, venendo a conoscenza di importanti informazioni. Riceveva come compenso tre milioni al mese, uno e mezzo dai palermitani e il resto da Pulvirenti. La Barbera ha sostenuto che teneva i contatti col carabiniere attraverso Paolo Romano, parente dei boss Ignazio e Giovanbattista Pullara, e fratello di Angelo, arrestato ieri. Il pentito ha aggiunto che Bonaccorso «à Palermo ci ha dato molte notizie che spesso, però, non si sono rivelate esatte» suscitando anche diffidenza tra i boss. [a. r.]

Luoghi citati: Catania, Palermo, Sicilia