Andreatta, il gran suggeritore di Filippo Ceccarelli

Andreatta, il gran suggeritore Andreatta, il gran suggeritore Nino e Romano, simili come fratelli LA COPPIA BOLOGNESE CROMA OME loro sanno...» attacca aulico e leggermente annoiato il professor Andreatta. «Loro» sono i giornalisti, convenuti nella sala stampa di Montecitorio per il lancio della candidatura Prodi. Lui, invece, sembrava il padre della sposa. Quasi commosso, alla fine, confidando la speranza che il sì definitivo del suo amico Romano sarebbe potuto venire domenica prossima, dopo la messa, prima di inforcare la bicicletta. E mancava solo che dicesse: «C'è un chiesetta...». Del tutto illusoria, dunque, ed assai effimera è risultata l'iniziale maschera di tediato disinteresse di Andreatta. In realtà nessuno più di lui ha lavorato sull'ipotesi Prodi, tanto che ieri ha voluto comunque essere lui a dare l'annuncio, passando nel giro di un'oretta dalla cautela al più gioioso entusiasmo. E tuttavia - potenza delle abitudini, o prestabilito modulo di presentazione - almeno in conferenza stampa il professore si è decisamente moderato lasciando a Luigi Berlinguer la palma dell'entusiasmo e dei giochini di parole, «Avanti, miei Prodi!» e così via. Nulla o quasi, in effetti, un'accurata osservazione della fisicità andreattiana lasciava sospettare in termini di eventi a sorpresa e candidature notiziabili. Il professore svolgeva i suoi concetti seduto come al solito di sbieco, con l'abituale tendenza a sdraiarsi sul tavolo dei conferenzieri; il ventre un po' all'insù (invano un lettore del Corriere della Sera gli ha raccomandato l'uso dei gilet); gli occhi chiusi a inseguire un'ardua concentrazione (c'è una tragica foto che lo sorprende in quel modo a un vertice europeo, «L'Europa marcia, l'Italia dorme» titolò perfidamente il Tempo), o puntati sui preziosi stucchi di Montecitorio. Insomma, il solito Andreatta, a parte una mano fasciata, ma con pipa d'ordinanza e relativa, laboriosa accensione a base di sussulti, sbuffi e crucci vari. Su Prodi il capogruppo del ppi si è calorosamente sbizzarrito al termine della conferenza, invano convocata sul tema della legge elettorale regionale, davanti alle telecamere dei tg. «Romano Prodi - ha detto - ha grande fantasia e fertilità d'idee». Oppure, deciso: «Romano Prodi sarebbe un buon presidente del Consiglio». Quindi: «Romano Prodi ha capacità di ispirare fiducia e ottimismo. Per guidare un Paese ci vogliono uomini adatti. Questa volta le elezioni non sono una scelta sugli universali, il centrodestra, il centro-sinistra, e neppure ruotano attorno ai partiti, ma s; -vincono con le persone. Bene - piccolo bagliore nell'occhietto azzurro, da bambino stavolta Romano Prodi contro Berlusconi». Solo su un punto, lì per lì, la sicurezza di Andreatta è parsa perdere un po' della sua passionalità: quando si è trattato di spiegare che Prodi, in effetti, non aveva ancora formalmente accordato la sua disponibilità a «scendere in campo». Così poco professorale e di decisa subalternità berlusconiana, l'espressione «scendere in campo» è stata comunque risarcita da una rumorosa risata del professore all'ipotesi, scherzosa, che dopo tutti quegli sforzi e quelle speranze al dunque Prodi avrebbe rifiutato la candidatura e tutto. «Molto divertente! Molto divertente!» reagiva Andreatta invitando a considerare in proposito «la vocazione tutta emiliana alla beffa». Ma gli si leggeva in faccia che il sì di Prodi è ormai certo. Che l'ex presidente dell'Iri non lo deluderà come accaduto la primavera scorsa, quando Andreatta pensava di candidarlo alla segreteria del ppi e per tutta risposta Prodi pedalò fino a Santiago di Compostela, Galicia, Nord-Ovest della penisola Iberica. E così torna in auge questa bizzarra coppia di professori entrambi emiliani, ma entrambi con interessi ed entrature internazionali. Tutti e due, poi, nuclearisti, tutti e due soci del Mulino, tutti e due esperti d'economia, tutti e due suggeritori di potenti (Andreatta, a suo tempo, di Moro; Prodi di De Mita) e divenuti tutti e due potenti in proprio. Piuttosto scontato, nel loro caso, è il giochino delle similitudini, del gemellaggio post-democristiano o delle pseudo vite parallele, pure alimentate dalla comune appartenenza culturale e religiosa alla famiglia dei cattolici democratici nati dopo il divorzio. Molto meno scontato, se si considera la soluzione Prodi, è il più acceso, accanito e pregiudiziale anti-berlusconismo da parte dell'uomo che più di tutti ha lavorato per quella soluzione. Andreatta, che un tempo avvicinò Craxi al nazional-socialismo, non s'è mai fatto problemi a definire l'attuale destra italiana «gaglioffa», «salazarista» e «reaganista a scoppio ritardato» e a paragonare il Cavaliere al torvo Zhirinovskij. Filippo Ceccarelli Il più entusiasta è Luigi Berlinguer «Avanti, miei Prodi» Nino Andreatta

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