«Rischio di strage in volo»

«Rischio di strage in volo» «Rischio di strage in volo» Roma-Catania, sabotato il radiofaro nuove rivelazioni ROMA ON era un sabotaggio per ridere, quello che si è verificato sul volo Roma-Catania del 26 gennaio. Il misterioso sabotatore aveva infatti tagliato il cavo Vhf'-Nav che collega l'antenna di bordo al quadro di comando. Il pilota, cioè, ha guidato l'aereo senza l'ausilio del radiofaro, uno strumento di primaria importanza per determinare la rotta. Non solo. Erano 40 i fili tranciati. C'era anche un secondo taglio, che ha interessato un cavo ausiliario del timone di direzione. Niente di tragico. Il volo è andato avanti regolarmente. E solo dopo l'atterraggio a Catania il comandante ha ordinato un controllo per capire come mai il radiofaro di bordo non funzionasse. Lo stesso, più o meno, di quanto accaduto sul Roma-Zurigo del 10 gennaio: quella volta il sabotatore ha tagliato due cavi, in tutto 54 fili, che portavano le indicazioni dal motore alla plancia. Quando il comandante ha acceso la strumentazione, incredibilmente, il moto- re non mandava segnali: pressione olio, numero giri e quant'altro. Ogni volta è la stessa procedura: si apre il pannello giusto, zac, due tagli secchi, si richiude. E il volo non si fa. Insomma, anche se l'Alitalia sostiene che mai la sicurezza dei passeggeri è stata in pericolo, c'è quanto basta perché la magistratura vada avanti. Così ieri i pm Franco Ionta e Marcello Monteleone, con l'aggiunto Italo Ormanni, hanno sentito il responsabile della sicurezza Alitalia, Sergio Micheli. Gli hanno chiesto un rap¬ porto dettagliato, oltre che sui sabotaggi conclamati, anche su quei diversi casi controversi di cui si parla in questi giorni. Immediatamente dopo hanno formulato i quesiti per il perito, il professor Carlo Casarosa. La domanda di fondo è una sola: quale gravità riveste il sabotaggio? Per dirla con le parole di uno dei due giudici incaricati dell'inchiesta: «Che cosa sarebbe accaduto se quell'aereo, anziché a Catania e in pieno giorno, avesse fatto rotta per Milano e con il buio?». Intanto si registrano le prime precisazioni. Il responsabile dello scalo di Fiumicino: ((Abbiamo un nuovo sistema di sicurezza lungo tutto il perimetro aeroportuale sostiene Maurizio Foschi, direttore generale della società di gestione - per cui è da escludersi che qualche estraneo possa avvicinarsi agli aeromobili in sosta». Secondo, il pilota sindacalista dell'Anpac: «La situazione di acceso confronto sindacale - dice il comandante Paolo Mariani - non può nemmeno far lontanamente ipotizzare che i piloti possano rendersi responsabili di atti di sabo¬ taggio. Li compie chi, a livello individuale, ha problemi patologici 0 una mente criminale». Ne sono convinti anche gli investigatori, che hanno iniziato un controllo incrociato su tutti i tecnici che hanno avuto accesso agli aerei nei giorni dei sabotaggi. E' lì, nel mondo dei tecnici, che cercano il colpevole. Naturalmente non tra quelli che dovevano revisionare proprio gli aerei poi sabotati. Ma tra chi, in un modo o nell'altro, era nelle vicinanze. E tra chi ha motivi di risentimento verso la compagnia di bandiera. Si sono convinti, i giudici, che non si tratta di mafia (nonostante siano ricorrenti i sabotaggi sulla linea per Catania) o di terrorismo. E' un ragionamento semplice, il loro, ma convincente: se il sabotatore avesse voluto, anziché tagliare un paio di cavi, ben sapendo di far accendere tutte le luci di emergenza, avrebbe potuto sistemare una bomba. E l'effetto sarebbe stato ben altro. Avremmo contato 1 morti. (fra. gri.]

Persone citate: Carlo Casarosa, Franco Ionta, Italo Ormanni, Marcello Monteleone, Maurizio Foschi, Paolo Mariani, Sergio Micheli

Luoghi citati: Catania, Milano, Roma