Genova, nuovo interrogatorio per il tifoso: al giudice ha chiesto una radio per ascoltare Arsenal-Milan «Vincenzo non volevo ucciderti» di Pierangelo Sapegno

Genova, nuovo interrogatorio per il tifoso: al giudice ha chiesto una radio per ascoltare Arsenal-Milan Genova, nuovo interrogatorio per il tifoso: al giudice ha chiesto una radio per ascoltare Arsenal-Milan «Vincenzo, non volevo ucciderti» Dalla cella Simone scrive alla sua vittima CHIAVARI DAL NOSTRO INVIATO «A Vincenzo». Il ragazzo di curva ha preso carta e penna e ha scritto a uno come lui. Da Simone a Vincenzo. Dall'assassino alla sua vittima. «Insieme abbiamo forse condiviso una malintesa passione per il calcio. Non volevo! Non volevo! Ora sono qui, solo, con la mia disperazione e il dolore per quanto ti ho fatto. Cerco coraggio per sopportare la giusta punizione. Perdonami. Fallo tu che mi puoi capire». Una scrittura infantile, rotonda, larga, con righe distanziate. Stefano Savi legge le poche frasi stretto dal grappolo di giornalisti, davanti alle mura del carcere di Chiavari. Il gip Giorgio Ricci l'ha sentito dieci minuti e ha convalidato l'arresto e le accuse: omicidio volontario e rissa aggravata. Ma quando lo avvicinano i cronisti, lascia parole dolenti: «Sono sconvolto, è uno normale, non certo teppista. Sembra un ragazzo che si è svegliato nella realtà, così, all'improvviso, solo adesso, e che si trova di fronte non il calcio, la tv e le sue finzioni, ma il mondo vero». Il fatto è che questa storia, dopo aver gettato fuori tutta la sua violenza, s'è riempita di un'atmosfera ambivalente, di un'aura strana, come se mischiasse insieme tutti i nostri sensi di colpa e i dolori delle vittime, e la freddezza della giustizia. Simone Barbaglia piange e si dispera, poi chiede: «Ma quanto rischio?» Sui giornali, c'è scritto trent'anni, dice. Ne ha voluti un po', alcuni di Milano e uno sportivo, quello che leggeva sempre quando il calcio era solo una passione. E ha chiesto la radio per stasera, perché sperava di sentirsi Arsenal-Milan. Il tifo è duro a morire. E anche i sentimenti della curva, gli amori accecanti, gli odii e la divisione manichea del mondo che rappresentano, sono duri a morire. Così, nella sua cella d'isolamento del carcere di Chiavari, Simone Barbaglia avverte tutta la condanna e l'ostilità di una città e della sua gente. Di una parte. Sa, ovviamente, che non lo perdonano i tifosi; sa che non lo perdonano i genitori di Vincenzo. Così vero che la famiglia Spagnolo non ne vuole nemmeno sentir parlare: «Né oggi, né mai. E' troppo assurdo quello che ha fatto», dice mamma Rina in lacrime. L'unico che può capirlo è il ragazzo di curva che non c'è più, quello che è caduto sotto il suo coltello. E' come se la morte avesse unito la vittima e il suo carnefice. E poi, si lamenta il suo avvocato, attorno non è rimasto che l'odio: «Sono preoccupato per lui e per la sua famiglia. Sono minacciati di continuo, e persino il mio studio è bersagliato da telefonate». Così, quando al sostituto Massimo Terrile, che lo riascolta dopo le ultime novità dell'inchiesta, ripeto la sua versione dei fatti, Simone quasi dispera: «Nel momento in cui mi sono voltato, io gliel'ho mostrato bene, il coltello, gliel'hò fatto vedere bene come per dirgli stai attento, finiamola qui che ti conviene. E lo tenevo all'altezza della vita, davanti al suo petto. Ma perché m'è venuto incontro?» Come a voler dire che se Vincenzo non l'avesse fatto, si sarebbero salvati, lui e la sua vittima, per una domenica ancora. Gli amici sentiti dagli inquirenti hanno raccontato che subito dopo il delitto Simone era salito in curva bianco come un cencio e così disperato da continuare a ripetere come un ossesso: «Mi ammazzo, mi ammazzo, mio Dio che cosa ho fatto?». Nasce anche da questo un sospetto dei carabinieri: che in realtà la curva non l'abbia solo nascosto, ma che abbia addirittura organizzato la sua protezione. Simone forse era stra¬ volto, perso. Hanno davvero pensato loro a tutto? Certo è che fino adesso Barbaglia tende a negare responsabilià altrui. E che, dall'altra parte, sale il numero degli indagati: sono nove, ora. Due denunciati per favoreggiamento d'omicidio e rissa aggravata, gli altri sette solo per rissa. Ma il lavoro dei carabinie- ri di Genova guidati dal colonnello Maiorano continua: e ieri, alcuni di loro in borghese hanno seguito i tifosi del Milan a Londra per la partita con l'Arsenal. Nella mattina, durante l'interrogatorio, Massimo Terrile, il magistrato che coordina l'inchiesta, gli ha elencato i nomi dei capipopolo di San Siro per capire se no conosceva qualcuno. «Non so chi siano, non conosco nessuno», ha ripetuto Simone. «Nemmeno Barone». E poi ripete per l'ennesima volta le fasi del delitto e della fuga, le lunghe ore della paura. 11 giubbotto? «Sono stato io a chiedere a Christian di scambiarlo. E' stato un gesto spontaneo». E' più preciso, questa volta ricorda meglio. «Lo scambio è avvenuto prima della partita, appena dentro lo stadio», dice. E quello al quale hai consegnato il coltello?, gli chiedono. «Non era uno del gruppo, lo conoscevo di vista, perché ci vedevamo qualche volta alle partite». Allora, gli hanno fatto rivedere tutte le 924 foto dei tifosi che erano con lui domenica nella Gradinata Sud di Marassi. Lo trova: «E' questo», dice. Nega di aver pronunciato la frase ricordata da Matteo, l'amico minorenne fermato dagli inquirenti perché gli aveva prestato l'arma del delitto: «No, non ho mai detto che volevo un coltello per tagliare un genoano». E poi, Matteo, ripete, non è un suo amico. «Solo un ex compagno di scuola». E quelli del barbour? «Siamo una ventina. | Ma quelli con cui sono più affiaj tato sono solo sei o sotte». Dura più di tre ore l'interroga1 torio, e durante una pausa, Tcri rile parla con lui di calcio. Gli j chiede: «Ma ci vorresti tornare a : San Siro?». E lui: «No, allo stadio ; non voglio proprio più andarci, j Per me, questo è un discorso chiuso». L'ultima partita resta quella che ha fermato il calcio, Genoa-Milan. Oggi, invece, si fermerà Genova, in coda dietro la salma di Vincenzo Spagnolo. Da ieri mattina, hanno allestito ! la camera ardente al San Martino, in una stanza piccolina, la numero sette. Lungo le pareti, fiori e corone. Un nastro: «Ciao Spagna, da tutti i tuoi amici». Pierangelo Sapegno L'avvocato rivela «Minacce a me e ai genitori del ragazzo» Stamattina la città si fermerà per l'addio all'ultra genoano A destra Simone Barbaglia. A sinistra gii scontri di domenica

Persone citate: Barbaglia, Giorgio Ricci, Maiorano, Massimo Terrile, Simone Barbaglia, Stefano Savi, Vincenzo Spagnolo

Luoghi citati: Chiavari, Genova, Londra, Milano, Spagna