Mille anni di guerra all'acqua di Aldo Cazzullo

Mille anni di guerra all'acqua Mille anni di guerra all'acqua Dalle tele diAvercamp alla catastrofe del '53 LA diga si squarcia, l'onda inghiotte le case, uomini e animali si dibattono nell'acqua. E' una fotografia del 2 febbraio 1953, giusto 42 anni fa. Ed è anche un quadro di un anonimo Maestro del Quattrocento, esposto al Rijksmuseum: la Notte di Santa Elisabetta, quando il mare si mangiò la diga, 72 villaggi e centomila vite. Una fila di uomini sull'argine si passano di mano in mano sacchi di sabbia, per fronteggiare il fiume Maas, la Mosa. Una foto pubblicata ieri da tutti i giornali del mondo. E una tela di Avercamp, primo Seicento, il pittore dell'inverno olandese. Dopo mille anni di guerra, da quando in Frisia sorsero i primi burchi (terrapieni fortificati), l'acqua e la sua furia sono nel cuore della cultura del Paese (i mulini a vento vengono dopo: molti fornivano l'energia per prosciugare i polder, le terre rubate al mare). C'è una favola che tutti i genitori e i maestri olandesi raccontano ai bambi¬ ni. «Abbiamo un drago per vicino di casa. Dorme nel mare e nei fiumi. E' un drago speciale: non sputa fuoco, ma colpisce con la forza dell'uragano». Dopo il disastro del '53, lo storico Adam Hopkins scrisse: «Sapevamo che il mostro era lì, ma fino a ieri non ne avevamo mai sentito la rapida, improvvisa zampata». Allora il drago non uscì dai fiumi, come adesso, ma dal mare. Venti fortissimi da Nord e eccezionali maree (succedono ogni quattromila anni, dissero gli studiosi) aprirono una falla nelle difese. E non ci fu nessun bambino a salvare la comunità tappando il buco con il dito, come in un'altra fiaba. L'acqua allagò Rotterdam e Amsterdam, fece 1853 morti e un milione di senzatetto. Impiegò due anni a defluire dalle campagne, due anni di raccolti perduti. Migliaia si salvarono aggrappati al tetto, mentre all'Aia i deputati si inginocchiavano per invocare la salvezza del Paese e le princi¬ pessine ospitavano nella loro stanza un'orfana, superstite milite ignoto della guerra all'acqua. Il popolo sentì riaffiorare nel suo immaginario l'incubo della Grande Catastrofe. Come quella della notte di Santa Elisabetta, tra il 18 e il 19 novembre del 1421, che sconvolse il paesaggio e l'anima olandese al punto che i pittori continuarono a dipingerla per secoli. L'Olanda moderna venera due padri: Guglielmo d'Orange, l'eroe della guerra d'indipendenza contro gli spagnoli, e il suo ingegnere, Andries Verlingh, grande costruttore di dighe. Perché qui il paesaggio, dietro il trompe l'oeil dei tulipani e delle vacche pezzate, è fatto di ingranaggi. Se scomparissero le dune artificiali, i muraglioni, le paratie, se si sfrangiasse quel ricamo costruito dalla tecnologia e da secoli di fatica che tiene assieme il Paese, un terzo dell'Olanda finirebbe sommerso. Che cos'è Amsterdam se non una grande diga (dam, appunto) sul fiume Amstel? E Rembrandt non prese forse il cognome (Van Rijn) dal Reno che scorreva sotto casa sua? Il Maestro era nato in uno dei mulini che rubavano al fiume l'energia per pompare via l'acqua. Ogni mulino aveva un nome proprio. Per tenere a bada il nemico lavoravano in squadra, anzi in gang, una delle tante parole olandesi passate nell'inglese. Talora però, il ne¬ mico diventava alleato. Come quando lo stadhouder Guglielmo III fece aprire le chiuse e inondare il campo di battaglia, per respingere l'invasore francese. Quella volta l'acqua salvò l'Olanda, e il maresciallo Luxembourg annotò: «Nessuno può muoversi, se non dopo essersi trasformato in anatra». Aldo Cazzullo Olanda Un'immagine della disastrosa inondazione del '53

Persone citate: Adam Hopkins, Andries Verlingh, Frisia, Guglielmo Iii, Maas, Migliaia, Rembrandt, Van Rijn

Luoghi citati: Amsterdam, Olanda, Santa Elisabetta