L'annuncio di una ricercatrice di Bethesda: scoperta una proteina che blocca il virus Nella saliva il killer dell

L'annuncio di una ricercatrice di Bethesda: scoperta una proteina che blocca il virus L'annuncio di una ricercatrice di Bethesda: scoperta una proteina che blocca il virus Nella saliva il killer dell'Aids Gli esperti assolvono il bacio ROMA. E' sempre stato lo spauracchio di ogni persona innamorata di un'altra sieropositiva: posso contagiarmi con un bacio? Malgrado le rassicurazioni degli immunologi, il dolce abbandono di labbra su labbra ò spesso vissuto come una spada di Damocle dagli amanti con una pena nel cuore. Ma ecco uno spiraglio di luce: nella saliva c'è una proteina che inibisce il virus dell'Aids. C'è addirittura chi, con il tempismo che caratterizza soltanto i businessmen e le case farmaceutiche, assicura di aver già pronto il prodotto di sintesi da iniettare nel sangue, a scopo terapeutico. Accade a Washington. Alla conferenza nazionale sui retrovirus umani. «La scoperta potrebbe spiegare perche la trasmissione del terribile morbo non avvenga pervia orale e aprire nuove strade alla messa a punto di un vaccino», ha spiegato la dottoressa Tessie Mcneely, dell'Istituto nazionale americano di ricerca dentale di Bethesda. La speranza si chiama «slpi», sigla dal vago «suono» salivarconomatopeico che sta per secretory leukocyte protease inhibitor (l'inibitore protease del leucocita della secrezione): la prossima tappa dello studio sarà iniettarla nelle scimmie per verificare se può considerarsi una protezione efficace contro l'infezione. 1 ricercatori hanno immesso la proteina in provette conte- nenti cellule umane del sistema immur'tario e virus dell'Hiv: il virus non è riuscito ad agire. E hanno osservato che, togliendo l'slpi dalla provetta e aggiungendo altri virus, l'effetto protettivo dura quattro settimane. Baci e sesso orale, dunque, a bassissimo rischio. In Italia la notizia viene accolta con la dovuta cautela. Il professor Aldo Morrone, dell'Istituto scientifico San Gallicano (Roma) che da anni conduce un programma di studi sulla diffusione dell'Aids, consiglia prudenza: «E' un'ipotesi tutta da verificare, ma bisogna essere scettici sulla possibilità che una sola proteina sia in grado di inibire la crescita del virus. La saliva è impregnata di molte sostanze in grado di bloccare le più disparate attività batteriche. Ne abbiamo la prova osservando i bambini che sono soliti mettere in boc¬ ca ogni sorta di cose». Le vie del contagio, quindi, pur nello schema ormai «classico» dello scambio sperma-sangue, hanno bisogno di un ambiente particolare. Un ambiente fatto, come sottolinea Morrone, «di abitudini alimentari, stili di vita, stress, sofferenze psicologiche». Ovvero, di una condizione generale di depressione delle difese immunitarie, facile terreno perché il virus attecchisca e prolifichi. S'è calcolato che tra i sieropositivi riconosciuti tali una percentuale che varia tra il 5 e il 10 per cento non ha mai sviluppato la malattia: l'osservazione dura da dieci anni, da quando cioè la sindrome da immunodeficienza acquisita ha oscurato il cielo dell'umanità. «E si calcola - dice ancora il professor Morrone - che il 20 per cento degli attuali sieropositivi non si ammalerà mai». Perché? Gli studiosi cercano la risposta tentando di capire che cosa distingua un soggetto da un altro. E, chissà, in un prossimo futuro potranno forse scoprire che proprio il bacio, con il suo potente vissuto di tenerezza, amore e passione, mette al riparo dalla malattia. Purché a qualche «scienziato» al soldo di una multinazionale chimica non venga in mente di trasformarlo in pillole o siero da iniettare in vena. Daniela Daniele Cautela in Italia dall'Istituto San Gallicano «Il contagio è la somma di molti fattori» A sinistra, l'Istituto di ricerca di Bethesda. A destra, 'immunologo Ferdinando Aiuti bacia una paziente sieropositiva

Persone citate: Aldo Morrone, Daniela Daniele, Ferdinando Aiuti, Mcneely, Morrone

Luoghi citati: Gallicano, Italia, Roma, Washington