Maroni: «la lega sparirà» «Bossi non ha capito dove bisognava stare»

Maroni: «la lega sparirà» Maroni: «la lega sparirà» «Bossi non ha capito dove bisognava stare» mm^mmmm msmmmm LA DELUSIONE DI BOBO LJT DAVOS m APERTURA di Buttiglione ad Alleanza nazionale vuol dire che il Ppi entra nel Polo al posto della Lega. Con ciò la Lega è finita, si sta disintegrando, scomparirà. Vero è che Buttiglione ci ha abituato a molte giravolte, un giorno una cosa, il giorno dopo il contrario. Ha imparato da Bossi...». Roberto Maroni arrivato solo nel giorno di chiusura, si aggira un po' smarrito nel palazzo del convegno annuale del World Economie Forum. Sul cartellino di identificazione al collo, obbligatorio per tutti c'è la qualifica: «membro del Parlamento italiano», un semplice invitato. Fino a un mese fa vice presidente del Consiglio e ministro dell'Interno, era nella lista degli invitati d'onore, tra i relatori più attesi, insieme con capi di Stato e primi ministri. Sorride garbato, ma si capisce che è un po' depresso, non solo per l'evolversi della situazione politi- ca a Roma. E con giornalisti italiani che non ha mai visto prima, con i quali non è in confidenza, si abbandona a uno sfogo pacato ma duro sul leader leghista. Non vuole che si prendano appunti, ma quando gli si dice che comunque si pubblicherà ciò che ha detto, ribatte pacato e ironico: «Tanto io poi vi smentisco...». Poi aggiunge la battuta su Buttiglione allievo di Bossi nel cambiare idea ogni giorno o nel mentire sempre, non ha precisato: comunque non affidabili. Dunque. «Siamo alla fine della Lega con l'ingresso del Ppi nel Polo. E io sto col Polo. Bisogna stare con Berlusconi per controllarlo, limitare i danni che fa. Se sei fuori, sei fuori. A me poi piace fare la componente sinistra in qualsiasi schieramento, specie se di destra». Quando stare col Polo, adesso o domani nel caso di nuove elezioni, rimane nel vago. «La Lega racimolerà ima ventina di deputati con la proporzionale, se non cambiano la legge. Uno come me, che ha fatto il vice presidente del Consiglio e il ministro dell'Interno, dovrebbe poi fare il peone, essere un nessuno? Ma piuttosto vado con Rifondazione, naturalmente nel suo schieramento più a sinistra. O sennò mi rimetto a suonare». Non c'è bisogno neanche di far domande, l'ex vice capo del governo, forse presagendo già qui al convegno la condizione di «peóne» invece che di personaggio di primo piano, riflette a voce alta su ciò che è successo: «Bossi voleva stare al centro come Lega, e allargare le braccia per tenere la destra e la sinistra. E' un gioco che si può fare se sei un gigante, ma se non lo sei ti disintegri, ti sfasci, finisci. Lui voleva proprio fare il governo col Pds e coi popolari. Ma non conosceva il gruppo parlamentare. Lo riuniva, parlava per tre ore, poi se ne andava. Io invece li facevo parlare uno per uno. E veniva fuori che il 60 per cento del gruppo era contro il governo col Pds. Ed è curioso che la maggioranza dei contrari siano tutti di origine di sinistra, come me. Quelli si alzavano e dicevano "Io col Pds non ci sto". Raccontavano che quando andavano a casa, nei loro collegi, là gente li tirava per la giacca, dicendogli "ridammi il voto che ti ho dato, ladro". «Bossi, invece, parlava e andava via, non stava a sentire nessuno. E' fatto così... Ma ti pare che io, vice presidente del Consiglio e ministro dell'Interno, debba venire a sapere dal telegiornale che Bossi ha presentato la mozione di sfiducia al governo, cioè contro di me? E tre ore dopo mi chiama la sua segretaria per dirmi di andare a firmare quel documento contro il mio governo, contro me stesso... Voleva occupare il centro, e creare lui i due schieramenti, destra e sinistra. Adesso, con Buttiglione che va nel Polo, i due schieramenti già ci sono, senza il federalismo e senza la Lega». Viene fuori anche da lui il lessico calcistico applicato alla politivca: «C'era una squadra in cui Bossi aveva tutto. Il centravanti, le punte, la parte migliore della squadra. E invece di lasciarla giocare, la manda in panchina, negli spogliatoi, basta partita chiusa. Non ha capito che bisogna stare dove si conta. Devi star lì per il bene della democrazia, non dove non conti niente. Con nuove elezioni, si farà un governo di legislatura, senza la Lega. Finito». Fernando Mozzetti Da sinistra: Umberto Bossi e Roberto Maroni

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