TEATRO DI TORINO I balletti di José Limón con la Compagnia della Furno di Sergio Trombetta
TEATRO DI TORINO TEATRO DI TORINO I balletti di José Limón con la Compagnia della Fumo CM E' una stagione per ogni cosa e un tempo per ogni compito sotto il cielo». In inglese: «There is a time», massima biblica che fa da titolo al balletto di José Limón su musica di Norman dello Joio, che va in scena il 2 febbraio (repliche il 4 e il 5) al Teatro di Torino con la compagnia di Loredana Fumo. Dopo il primo assaggio sul lavoro e il ruolo di Limòn al Piccolo Regio dei giorni scorsi, ecco che il progetto entra nella fase più viva, lo spettacolo. E' una iniziativa importante quella della compagnia del Teatro di Torino: far conoscere una personalità di valore come il messicano Limòn, molto meno sconosciuto, ma grande quanto Martha Graham o Merce Curiningham. Figlio di un emigrante messicano sbarcato negli Stati Uniti, Limón decide giovanissimo di dedicarsi alle arti plastiche. Ma è uno spettacolo degli espressionisti tedeschi Harald Kreutzberg e Yvonne Georgi che gli indicano il suo futuro: la danza. Si mette alla prova presto con la coreografia, ma la guerra e il richiamo alle armi lo bloccano. Nel '47 fonda la propria compagnia portando con sè le esperienze e il segno del conflitto mondiale. I suoi primi lavori sono dedicati a «Carlotta» la moglie di Massimiliano d'Asburgo, a «L'imperatore Jones». Splendida la «Missa Brevis» e conosciuta e acclamata «La José Limòn nella «Pavana delMoro». A fianco, Paolo Bonacelli UNA stanza. Una stanza grande in una casa al Nord-Ovest di Londra. E due uomini. Uno ha circa sessant'anni, ha abiti eleganti e curati. L'altro è suo coetaneo, ha abiti sdruciti e scoloriti. Il primo è un letterato di successo, il secondo un poeta fallito. E parlano, soprattutto il secondo in verità: il primo si limita ad ascoltare, e a bere. Ma beve anche il secondo. Whisky, e poi wodka, e poi ancora whisky. Un piccolo passo e si potrebbe cadere nell'assurdo. Una parola in più, un gesto, e sarebbe scontro. Sarebbe una prova di forza. Sarebbe vicinanza, in qualche modo. Per questo non accade. Perché questo è un dramma della debolezza, sulla necessità della distanza tra sé e gli altri, sul bisogno di sentirsi estranei. Sulla ricerca sempre rinnovata e sempre delusa di un'identità, di un ordine che ricomponga i brandelli dell'esistenza. Questo, per chi non lo avesse ancora capito, è Pinter. Un Pinter 1974, per la precisione, dal titolo «Terra di nessuno». Andrà in scena al Teatro Adua da martedì 31 gennaio a domenica 5 febbraio. La regia è di Guido De Monticelli, gli interpreti sono Paolo Bonacelli nel ruolo di Hirst (quello ben vestito, lo scrittore di successo), Luigi Pistilli in quello di Spooner (l'altro, il chiacchie¬ Pavana del moro» rivisitazione deil' Otello tutta giocata su una suite di basse danze rinascimentali. Dopo la morte, nel '72, il suo lavoro resta vivo grazie a Carla Maxwell e di Nina Watt che mantengono nel repertorio anche «There is a time», «The Traitor» o «Sonata». Lo spettacolo al Teatro di Torino si completa con il titolo «Cristina's world» di Deborah Weaver. Sergio Trombetta
Luoghi citati: Londra, Stati Uniti
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