TI PIACE LA SIGLA ESCLAMATIVA? ...MM... CE' MARILYN MONROE

TI PIACE LA SIGLA ESCLAMATIVA? ...MM... CE' MARILYN MONROE TI PIACE LA SIGLA ESCLAMATIVA? ...MM... CE' MARILYN MONROE ANCHE noi, nel nostro piccolo, possiamo avere il nostro principio di indeterminazione. Più «qualistico» che quantistico, certo, e filosoficamente meno grave: però è il nostro. Prendete la lettera P. Se la considerate come suono, allora è una |p], ultimo fonema della parola stop. Se la considerate come lettera dell'alfabeto, allora è una «pi», come quando si dice pi greco, pi due, pi trentotto, pi esse (P.S.) pi erre (P.R.) eccetera. Faccio queste precisazioni perché ci aiuteranno a giocare al gioco delle «sigle esclamative». E' un gioco che consiste nel leggere le iniziali di un personaggio come se fossero un'esclamazione: «Uè: Umberto Eco!» (Uè = Umberto Eco). Dato il principio di indeterminazione cui sopra, è ben diverso leggere le consonanti secondo fonetica o secondo alfabeto. Prima della cura (lettura foneti- Primo, perché non è educazione. Secondo, perché se dico «c» (e non «ci»), poi devo proseguire con «h» (e non con «acca»). Per chi fa questo gioco, una gran difficoltà è partire dalle sigle e non riuscire più a risalire a un nome e cognome conosciuto. Si possono leggere le enciclopedie, anzi non c'è altro modo, ma neppure cosi si cavano tutti i ragni dal buco. Lo avete visto con Christiaan Huygens, che non ha certo fra di noi una popolarità strabocchevole. Qualche volta non si trova neanche uno Huygens. Io ho vuote alcune caselle che mi tormentano particolarmente. Vorrei che esistesse un Quinto Quinzio, un Quentin Queneau, per potergli far fare un'improvvisata a un amico. Quando quest'ultimo apre la porta, il nostro personaggio dice: «Cucù! Quentin Queneau!». Mra ricerca, quella di un francese che si chiami, per esempio, Pierre Ribot e sia un uomo di immagine. I suoi amici potrebbero parlarne così: A. «Com'è che si chiama?». B. «Pierre, Pierre Ronsard». A. «E che lavoro fa?». B. «P.R., Pierre Ronsard». A. «Per questo lo spernacchi?». B. «Pr, Pierre Ronsard». Questo delle sigle esclamative è un gioco che si presta alla forma dialogata. Qui siamo in un nosocomio per cineasti pervenuti alla demenza. Un paziente si crede produttore di un film immaginario, un altro si informa garabatamente: «Mi pare che il titolo, finora, non ti convinca del tutto...». (Sbuffando con rassegnazione) «Bh, Ben Hur». «Per il ruolo principale a chi avevi pensato?». (Deciso) «Ad Alain Delon». «Mi pare non sia disponibile...». (Imperturbabile) «c'è Clint Eastwood». «E le attrici?». (Con gesti di apprezzamento) «La Laura Mtonelli ed Eleonora Duse». «Bene, molto affiatate. Certo che avere Marilyn...». nunciano, o (entrambe) per il loro nome nell'alfabeto. Il criterio deve essere unico, omogeneo. Lettura fonetica. Due amici stanno ascoltando la radio, incomincia una nuova canzone, e uno dei due ha un moto di ripulsa: «Chi o che cosa ti sta disgustando fino al ribrezzo?». «Gh! George Harrison». Lettura alfabetica. Un componente degli ex Beatles entra in maniche di camicia in un ristorante molto formale. Il cameriere, discretamente, gli sussurra: «Giacca, George Harrison». Secondo la buona regola rebussistica sopra enunciata, dalle iniziali dell'astronomo olandese Christiaan Huygens si potrà ottenere un fonetico «eh» (da interpretarsi o, con c dura, come un'interiezione tronca e dialettale, che sta per «che hai detto?»; oppure, con c dolce, come un piccolo starnuto). Oppure, secondo lettura alfabetica, si troverà ciacca, parola che ha il solo difetto di non esistere. Mai e poi mai si potrà ottenere il risultato: «cacca». ca). Il fidanzalo di Eloisa va a prenderla, ed Eloisa ne approfitta per presentarlo al padre: «Pà: Pietro Melardo». Dopo la cura (lettura alfabetica). Dopo i tristi accadimenti, il fidanzato si dispera, e chiede a Eloisa che tipo di relazione potranno mai intrattenere. Risposta: «Pia, Pietro Melardo». L'importante, fra i due tipi di lettura, è non confonderli mai: o fonetica o alfabetica. Con i rebus fanno cosi da sempre, e si trovano bene. Intendo dire che, quando siamo alle prese con due iniziali che siano entrambe consonanti, o le consideriamo (entrambe) per come si pro¬