Tanta Africa nella nostra cultura: Bernal insiste, ma non convince di Sabatino Moscati

Tanta Africa nella nostra cultura: Bernal insiste, ma non convince Tanta Africa nella nostra cultura: Bernal insiste, ma non convince // nipote del più celebre naturalista lasciò nelle lettere un affresco di età romana sotto l'impero di Traiano HI ha due paia di calzoni no venda uno e si comperi subito questo libro»: cosi diceva Lichtenberg e cosi verrebbe voglia di dire dinanzi all'Episfolario di Plinio il Giovane. Ma ora la Bur ne ha fatto un'edizione che costa appena 32.000 lire. Si è rimproverato a Plinio di essere vanitoso; ma, santi Numi, si è mai visto uno scrittore non vanitoso? Che poi egli fosse ricco, anzi ricchissimo, non dovrebbe interessare a nessuno, tranne che non si vogliano giudicare gli autori in base alle loro tasche, anziché in base alla loro testa. Lasciamo questa argomentazione agli intellettuali e diciamo piuttosto che questo Epistolario è un documento di capitalo importanza sulla vita di duemila anni fa. Lo si potrebbe quasi definire una specie di Pompei letteraria. E proprio la distruzione di Pompei trova qui una drammatica, spaventosa testimonianza. Era il 24 agosto dell'anno 79 e il diciottenne Plinio si trovava a Capo Miseno, dove lo zio, il famoso naturalista Plinio il Vecchio, comandava la flotta militare. Improvvisamente dal Vesuvio si sprigionò una nube, insolita per ampiezza e per aspetto, e fu l'apocalisse. Mentre il nipote rimase in casa con la madre, lo zio parti subito con alcune quadriremi per recaro soccorso alle popolazioni, ma anche per studiare più da vicino il cataclisma. Diamo la parola all'autore: «Già la cenere cadeva sulle navi, tanto più calda o densa quanto più esse si avvicinavano; già cadevano pezzi di pomice e anche ciottoli anneriti, arsi e franti dal fuoco». Al pilota che lo esortava a tornare indietro, Plinio il Vecchio rispose: «La fortuna aiuta gli audaci, punta verso Pomponiano!». Intanto dal Vesuvio risplendevano altissime fiamme e vasti incendi, il cui bagliore era reso ancora più sinistro dalle tenebre notturno. Giunto a destinazione, il naturalista, per infondere coraggio negli animi atterriti, si mise a dormire e a russare in maniera cosi fragorosa, da far quasi concorrenza ai tuoni del vulcano. Era infatti un omaccione dalla «vasta corporatura». Se avesse dormito più a lungo, sarebbe rimasto intrappolato nella casa 3400 al 1100 a.C. Attingendo anche ai miti, alle leggende, ai culti, alle lingue, egli insiste nel sostenere che il rapporto tra quei due mondi fu ben più esteso di quanto generalmente si creda; e che nel rapporto l'influenza africana e asiatica fu determinante. Consideriamo alcuni punti essenziali dell'argomentazione. Nel Mar Egeo l'isola di Creta ha, per la sua posizione intermedia, una funzione essenziale. Già nel III millennio a.C. profondi influssi egiziani si registrano nella religione dell'isola: lo mostrano numerosi reperti archeologici, lo conferma la concezione del sole che attraversa il cielo su una barca, nonché la rappresentazione di due figure femminili piangenti simili alle dee egizie Iside e Neftis che lamentano la morte di Osiride. Sul continente greco, in Beozia, non a caso la città di Tebe ha il nome stesso della capitale egiziana; e il culto di Neit regolatrice delle acque influenza quello di Atena. Ma soprattutto, le fatiche di Eracle hanno precisi antecedenti in Egitto e nel Vicino Oriente; e la tomba o piramide di Anfione e Zeto richiama le costruzioni faraoniche. Anche l'opera approfondita di canalizzazione, del resto, sembra riflettere le competenze e le realizzazioni di coloro che, sull'altra sponda dell'Egeo, diedero vita alle più antiche civiltà della storia. Tornando a Creta, nel II millennio a.C. la grande cultura dei palazzi presenta alcune connotazioni che si rifanno all'Egitto e all'Asia anteriore: prima tra esse il culto del toro, donde le leggende del labirinto e del Minotauro, le cui origini e per questo aperto a evidenziare ogni influenza, ogni incontro, ogni incrocio nel divenire delle civiltà. Il secondo volume, dunque, è inteso a offrire quella che potremmo indicare come una grande antologia ragionata in supporto alla tesi generale. L'autore analizza i documenti e le testimonianze archeologiche concernenti i rapporti tra la Grecia e il mondo egeo da un lato, l'Egitto e il Vicino Oriente dall'altro, durante l'età del Bronzo e cioè all'incirca dal che stava per essere sommersa dalla cenere mista a lapilli. Ma ormai non c'era più scampo neanche fuori. La cenere lo soffocò sulla spiaggia. Aveva cmquantasei anni e fu vittima del dovere da un lato e della curiosità scientifica dall'altro. Tutto questo Plinio lo scrisse al suo amico Tacito, al quale raccontò anche quello che era capitato a se stesso e alla madre, con particolari ancora più drammatici e terrificanti: gente impazzita dalla paura, genitori che cercavano a! buio i figli o i figli i genitori, folla di disperati che per paura della morte invocavano la morte, mentre dalla parte del Vesuvio «una nube nera e terribile, squarciava da guizzi serpeggianti di fuoco, si apriva in vasti bagliori di incendio». Quante migliaia o meglio decine di migliaia furono le vittime? Ma allora non si piangeva come oggi, né esistevano ancora quelli che fanno carriera sulle lacrime degli altri. Lo stesso Plinio dice: «Potrei vantarmi di non aver lasciato sfuggire in così peri- rimontano all'Anatolia del VII millennio e che trovano nel toro egiziano Apis il loro riscontro più vicino nel tempo. Del resto, la stessa tradizione greca vuole che l'architetto di Minosse, Dedalo, costruisse il labirinto cretese sul modello egiziano. Un lungo discorso concerne il faraone Sesostri, autore di grandi conquiste agl'inizi del II millennio a.C. Oggi si dà pieno credito al racconto delle sue spedizioni fino alle terre più lontane: a Sud la Nubia, a Est il Libano, a Nord un misterioso Paese che dovrebbe trovarsi nell'area egea. Ma forse andò oltre, raggiunse i Balcani; e in tal caso portò direttamente quelle componenti di cultura di cui riemergono le testimonianze. Una serie di altri temi evidenzia i rapporti tra il Vicino Oriente e in particolare l'Egitto da un lato, la Grecia dall'altro: l'eruzione vulcanica dell'isola di Torà, che ha dato origine al mito dell'Atlantide; la conquista degli Hyksos, tipico caso di associazione mercenaria internazionale; la fine dell'età eroica e la caduta di Troia, in cui rincontro-scontro tra le due sponde dell'Egeo esprime la sua ultima, emblematica realtà. E ora, le conclusioni. L'autore ammette (e per la verità si compiace) di aver commesso molti «oltraggi» alle opinioni correnti; e per tutelarsi a priori osserva che più volte tali «oltraggi» sono, in realtà, un ritorno a opinioni del passato che la scienza moderna aveva sottovalutato ingiustamente. A noi sembra che non sia così: la scienza passata e recente non aveva proceduto per tesi, aveva raccolto il materiale sia sull'autonomo nascere e fiorire della civiltà greca, sia sui rapporti intercorsi tra essa e l'antistante mondo egiziano e vicino-orientale. Tali rapporti nessuno aveva negato; ma la scienza passata e presente aveva tenuto anche in conto, e aveva evidenziato, la grandiosa autonomia creativa del mondo greco, e per esso del nostro Occidente. Quando mai, prima, s'era visto il fiorire di un pensiero filosofico, di una scienza indipendente, di una democrazia politica, di un'arte per l'arte? Questo avevamo chiamato, e continuiamo a chiamare, il «miracolo greco»; e non vale affatto a sminuirlo l'individuazione di contatti e di influenzo reciproche che possono dirsi inevitabili nella stessa area del Mediterraneo. Messosi ormai sulla via di un discorso a tesi, l'autore continuerà verosimilmente a dedicarvi la propria esistenza, pago delle risonanze (favorevoli o contrarie) che ha suscitato e susciterà in alcune parti del mondo. Da noi, sinceramente, ne ha suscitate e ne susciterà meno: non abbiamo tesi razziali da rimuovere o da sostenere, rivendicazioni di gruppi etnici da tenere in conto. Crediamo sia nei rapporti tra le civiltà antiche sia nell'autonomia di ciascuna, in specie di quella greca; e difficilmente cambieremo idea. Sabatino Moscati Martin Bernal Atena nera, voi. Il, Documenti e testimonianze archeologiche Pratiche, pp. 935. L 88.000

Persone citate: Bernal, Iside, Lichtenberg, Martin Bernal, Osiride, Tacito, Traiano