Freud e Canetti la mia voce
tuttolibri LA STAMPA Sfrittilo 2S Carnaio I')').'> AMILANO TTRAVERSO quella stanza stretta e alta, con un angolo foderato dal lessico blu Brockliaus, dove è difficile muoversi in due contemporaneamente, è passata una grandissima parte della letteratura austro-tedesca marchiata Adelphi, da Kraus a Canetti, dalla Bachmann a Altenberg, a LernetHolenia, a Polgar. Ora l'ufficio bianco è ingombro di scatoloni imballati, perché la proprietaria, Renata Colorili, lascerà inaspettatamente martedì la casa editrice di via San Giovanni Sul Muro dopo sedici anni. Ma per Renata Colorni conta al momento più il passato del futuro. Ha appena vinto il premio Grinzane Cavour per la traduzione, meritato riconoscimento dopo oltre 25 anni di scrupoloso lavoro editoriale (aveva già ricevuto il «Goethe» e il «Monselice»). Ali'Adelphi è arrivata nel 1979, chiamata da Roberto Calasso, per curare con attenzione certosina i libri «tedeschi». «Ma ho anche un debito professionale e affettivo con Luciano Foà, maestro impareggiabile di acribia traduttoria - ci dice - mi ha insegnato l'amore per la precisione, per la qualità dei volumi in ogni loro particolare. In Adelphi si presta un'attenzione enorme alle traduzioni ma non con l'intento di volge- \M re in un bell'italiano, "adelphiano", l'opera dello straniero. Si tratta di ascoltare la prosa dell'autore e di restituirne il ritmo, l'unicità dello stile, conservandone magari le asperità». A parte l'oscuro, anonimo, paziente lavoro di revisione (sotto il suo bisturi filologico sono passati un centinaio di libri), Renata Colorni si è anche cimentata direttamente nella traduzione di alcuni, amatissimi, autori, tra cui Schnitzler, Canetti, Bernhard, Diirrenmatt, Werfel, Roth. «Dopo tanto lavoro sulle parole degli altri, ho sentito talvolta il bisogno di espormi. Era un problema di credibilità personale, volevo rischiare in prima persona e firmare una traduzione. Dopo un po' non ne puoi più di seguire la prosa di un al- limata tro e ad essa reagire, ti viene voglia di misurarti con la pagina bianca». Il dialogo con alcune tra le più fascinose intelligenze contemporanee è sempre stato silenzioso, unidirezionale, condotto tra le righe di un libro. «Non ho mai conosciuto i miei autori, nemmeno per lettera. Bernhard disse in un'intervista che non voleva conoscere i suoi traduttori stranieri. Appena lessi questo, mi sentii frustrata. Poi capii che aveva ragione. Era un modo di spiegare che il traduttore deve reggersi sulle proprie gambe, deve prendere un romanzo e farne un'opera in qualche modo sua, in una nuova lingua». Prima degli Adelphjahren, Renata Colorni proveniva da una laurea in filosofia medievale, da una collaborazione con l'università, da un'effervescente esperienza con Franco Angeli, ma soprattutto da un lungo viaggio all'interno dell'arcipelago Freud. Nel '73 Paolo Boringhieri la chiamò a Torino per affidarle la cura dell'edizione italiana completa delle Opere del padre della psicoanalisi. «La.mia vita con Freud è stata fantastica - sorride Colorni -. Mi hanno chiamata scherzosamente la "mamma di Freud", tanto sono entrata in simbiosi con lui. E' stato uno dei periodi più entusiasmanti della mia vita professionale. Per sei anni non ho fatto altro che tradurre, correggere, compilare note, prefazioni, avvertenze tutte rigorosamente anonime secondo l'uso di quegli anni. Prima dell'impresa voluta da Boringhieri, nella quale egli ha profuso denaro e sapienza, Freud era tradotto poco e male in Italia. E ho dovuto inventarmi una lingua "freudiana". Un compito comunque non impossibile, perché Freud è un brillante scrittore e un ottimo divulgatore, sembra scrivere pensando sempre alla posterità, preoccupandosi di chiarire a ogni pagina i propri concetti». L'immersione totale nel viennese vivisezionatore dell'inconscio, per Renata Colorni è stata anche un tuttolibri PEI
Luoghi citati: Grinzane Cavour, Italia, Monselice, Torino
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