ROMANZI D'ITALIA

941 941 ROMANZI D'ITALIA CINQUANTANNI di democrazia, cinquant'annì di romanzo? Per quanto ci risulta, il bilancio 1945-95 dal punto di vista della critica, ammesso che ancora esista ed abbia qualche effetto sul lettore, non è molto consolante come avrebbe potuto essere ove nel calcolo fossero stati comprensibili i formidabili Anni Trenta. Ma il punto di vista che qui si adotta è quello del lettore, e il discorso è diverso. Vogliamo ricordare i libri effettivamente più letti. Il lettore italiano è sempre stato accusato di scarsa frequentazione delle librerie, se non di deliberata latitanza. Ma non è lecito caricarlo di tutta la responsabilità. Da quando nel 1740 nel sobborgo londinese di Hammersmith lo stampatore di professione Samuel Richardson, per fare lavorare le macchine, pubblicò Pamela, un suo corso romanzato di lezioni alle ragazze desiderose di sposarsi bene e, contemporaneamente, fu fondata a Londra la prima biblioteca circolante, il romanzo moderno è sempre stato un patto sociale tra editore, autore e lettore, implicante l'identificazione di un pubblico e la risposta alle sue esigenze. Il romanzo epistolare di Richardson non si affermò solo tra le servette inglesi ansiose di obbligare il padroncino a convolare a nozze, passò la Manica e l'enciclopedista Diderot accostò l'autore di Pamela a Mose, Sofocle ed Euripide, passò l'Oceano e Benjamin Franklin lo stampò a Filadelfia come il primo romanzo delle colonie d'America. In Italia un patto del genere non si è quasi mai celebrato. La letteratura è sempre stata troppo alta o troppo bassa. Tra le tante cose che ci si aspettava alla fine della guerra era anche la possibilità di leggere quanto il fascismo aveva impedito di pubblicare. I cassetti dei nostri scrittori avrebbero dovuto esser pieni di grandi opere che non erano potute venire alla luce a causa della censura. Anche di questa ingenua aspettativa avremmo dovuto pentirci. La scomparsa del MinCulPop favorì quasi esclusivamente la pubblicazione di libri stranieri di cui in passato era stata proibita la traduzione. A dominare, comunque, tra i nuovi libri italiani che uscirono furono Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi (Einaudi) e Uomini e no di Elio Vittorini (Bompiani! rispettivamente il resoconto romanzato e mitizzato dell'esperienza di un medico antifascista relegato dal regime al confino, a Gagliano, in Basilicata, una delle zone più depresse del Mediterra neo, alle prese con la primitività, la miseria e la magia dell'urna nità contadina; e la cronaca ir menta e mitizzata dell'esperien za di un intellettuale schieratosi nelle file dei partigiani e obbliga to a combattere con un grande amore per imparare l'odio per gli Oreste del Buono per isuoi «Amici Maestri» inizia un riamo netta nostra narralira del Di II imo mezzo secolo: i bestseller che restano GLI SCRITTORI LE STORIE Selle jhltì grandi: a sinistra ( V/r/o Iati'. a ilesini Elio t illoriiti Stiliti:. Uberlti Moravia e Iasili l'ralii/ini Roma dopo la Liberazione (1944), uno scorcio autobiografico di Bonaventura Tecchi, Vigilia di guerra 1940, e Alga, cronache di viaggio di Vittorio G. Rossi. Einaudi, oltre alla ristampa de La strada che va in città, il racconto lungo di Natalia Ginzburg già pubblicato sotto lo pseudonimo di Alessandra Tomimparte ( 1942), presentava Racconti vecchi e nuovi di Giuseppe Dessi e l'idillio L'isola appassionata di Bonaventura Tecchi. A metà Anni Quaranta il germanista Bonaventura Tecchi pareva l'autore con più roba nel cassetto e, infatti, un altro suo scorcio autobiografico, Un'estate in campagna, era pubblicato da Sansoni che gli affiancava la Lettera all'editore di Gianna Manzini. Vallecchi ristampava per il resto d'Italia II Quartiere di Vasco Pratolini, già

Luoghi citati: America, Basilicata, Eboli, Filadelfia, Italia, Londra, Roma