Ma il pds ha già scelto di puntare al «centro»

Ma ilpds ha già scelto di puntare al «centro» Ma ilpds ha già scelto di puntare al «centro» CARO direttore, ho Ietto con interesse, pur condividendolo solo in parte, l'articolo di Enzo Bettizza, dedicato al pds e al suo ruolo nella configurazione del polo «laburista», in alternativa al polo conservatore come richiede la dialettica del sistema maggioritario. Vorrei dire innanzitutto il mio apprezzamento per l'onestà con cui Bettizza valorizza - da commentatore e da studioso, per lunghi anni, delle vicende dell'Unione Sovietica e del movimento comunista - la serietà del travaglio del pei, sfociato nella nascita del pds: e la valorizza in questo particolare momento, dinanzi all'ampio, generoso elogio che sta salutando la trasformazione, alquanto repentina e frettolosa, del msi. Nell'articolo si sollevano sia questioni di «stile» e di direzione del pds, sia questioni di linea politica. Ho l'impressione che le prime siano state enfatizzate perfino in contraddizione con le seconde. Il punto essenziale è affettivamente - io credo - quello del «difficoltoso coagulo», intorno al maggior partito della sinistra, «del favore moderato». Ma se così stanno le cose, appare piuttosto bizzarra la simpatia con la quale l'autore dell'articolo indica poi come esempio le posizioni «almeno nette», la «chiarezza maggioritaria»? di Rifondazione comunista. Il pds è stato sufficientemente netto nella direzione opposta e cioè nel senso di indicare la necessità di un polo che si caratterizzi come schieramento non di pura sinistra ma di centro-sinistra. Quella «omogenea opposizione (o maggioranza) di sinistra moderata» che Bettizza auspica si costruisce in Italia andando oltre i confini storici di una sinistra mai giunta (dopo il 1947) nel suo insieme al governo e mirando ad acquisire il consenso di una consistente parte dell'elettorato moderato, di centro, rimasto per lungo tempo legato alla de, o anche, negli Anni 80, al psi, al psdi, al pri. Ciò richiede il formarsi di una coalizione - d'altronde, il sistema politico italiano si va evol] vendo in senso bipolare, non bi1 partitico - e giustifica il dialogo del pds col partito popolare (non si tratta di «catturare» lo sfuggente Buttiglione). In alternativa a una destra che abbiamo seri motivi per considerare - pur evitando di demonizzare Berlusconi - almeno ambigua, gravemente ambigua, nei suoi orientamenti e comportamenti istituzionali, si deve dar vita a uno schieramento di largo respiro democratico. Ma come può il pds - ecco il problema - contribuire meglio, più dinamicamente, alla crescita di questo «polo»? Quali limiti deve superare, anche per rimuovere pregiudizi e timori che l'appello di Berlusconi al più rozzo anticomunismo sollecita specie nella vasta e varia area dei ceti imprenditoriali e professionali? Si tratta di interrogativi seri, ai quali il pds non può sfuggire e che interventi come quello di Bettizza stimolano ad affrontare. Io penso che il darsi «una veste chiaramente laburista o socialdemocratica» - come non si volle fare al momento della nascita del pds, e come D'Alema ha dichiarato di voler fare - sia parte della risposta. Anche per il significato che un coerente sviluppo in tal senso assumerebbe: essendo i partiti del socialismo europeo impegnati da un lato a liberarsi di residui schemi statalisti e angusti approcci classisti, e dall'altro a rinnovare un irrinunciabile bagaglio di pensiero e di governo, quello delle politiche di solidarietà e responsabilità sociale volte ad affermare diritti universali e a contrastare crescenti disuguaglianze. Mi auguro che su questi temi si apra, anche in seno al pds, un dibattito stringente. Ma non si chieda Bettizza che cosa pensi qualcuno di noi - lamentando un eccessivo «appiattimento» sull'immagine dDl segretario - senza chiedersi quanto concorra l'informazione a un generale «appiattimento» su segretari o «leaders». Né dovrebbe essere necessario dissentire drasticamente per ricevere attenzione e spazio; dovrebbe bastare il saper contribuire ad approfondimenti e chiarimenti utili per l'evoluzione del Paese. Giorgio Napolitano ino^J

Luoghi citati: Italia, Unione Sovietica