«Che fortuna questa scissione» di Augusto Minzolini

«Che fortuna, questa scissione» «Che fortuna, questa scissione» Tatarella: così abbiamo via libera in Europa COM'È' NATA LA «FRATTURA» aROMA UALCHE mese fa, precisamente in settembre, Roberto Formigoni, uno degli ospiti che in questi giorni ha fatto capolino al primo congresso di Alleanza nazionale a Fiuggi, si lasciò andare ad una previsione sulla «scissione» del msi. «Fini è intelligente - spiegò in quell'occasione il braccio destro del segretario del ppi, Rocco Buttigliene -, sa che per entrare definitivamente nel gioco ha bisogno di una scissione a destra. So che Kohl sta facendo di tutto per aiutarlo. E' disposto anche a spendere dei miliardi visto che gli piacerebbe avere in Italia un polo moderato composto da ppi, Forza Italia e un'An ripulita. Glielo ha fatto sapere per interposta persona». Quattro mesi dopo evocata, cercata, voluta a tutti i costi, la «scissione» del vecchio msi è puntualmente arrivata e a Fiuggi la notizia che Pino Rauti vuole dar vita ad un altro partito ò accolta, manco a dirlo, come manna dal cielo. Senza quella «scissione» il congresso di An sarebbe rimasto «incompiuto». E anche se intorno a Rauti e a Pisano si sono raccolti solo qualche drappello di «skinheads» e qualche nostalgico della Repubblica sociale, poco importa. Questa «scissione» sarà il biglietto da visita con cui Gianfranco Fini si presenterà nel prossimo mese ai partiti conservatori di mezzo mondo: il presidente di An andrà prima in Inghilterra e in Francia; poi in Germania, probabilmente da Kohl; e, infine, negli Stati Uniti e in Israele. Tutto grazie al suo acerrimo avversario Pino Rauti che andandosene gli ha fatto, involontariamente, l'ultimo grande piacere. «Sono arcicontento - confida l'ex de Publio Fiori -, quello che ò avvenuto è perfetto. Se avessi potuto fare qualcosa per favorire la scissione, l'avrei fatto». «Qualcosa» proprio deve essere stato fatto per «aiutare» Rauti a sbattere la porta. Anzi, probabilmente, sono state fatte molte cose. A Fiuggi, naturalmente, nessuno ne parla, è un «argomento» che scotta. «Non ho mai avuto in simpatia - sentenzia lo stesso Fini in conferenza stampa - coloro che nel passato mi dicevano che dovevo per forza dare vita, dentro il msi, ad una mini o ad una maxi scissione». Ma, scavando scavando, i contorni di questa vicenda escono allo scoperto. «La "scissione di Rauti" - spiega in un angolo della sala stampa Pinuccio Tatarella, ex vicepresi- dente del Consiglio e vera "ombra" di Fini - ò la cosa che ci ha aiutato di più, ma io non posso dirlo. Come faccio a dire che sono contento per una "scissione"?». Sono felici gli uomini di Fini ma non possono parlare. E sull'argomento anche Tatarella, che normalmente è loquace, fa il muto. Per fargli raccontare questa «storia» che viene da lontano, bisogna insistere e insistere ancora. «Certo - si lascia sfuggire - che questa scissione in Europa la volevano in molti e da diversi mesi... Anche Kohl... La voleva anche Buttiglionc: ce lo ha detto in tutti i colloqui che abbiamo avuto con lui... Si partiva da questa "questione" e, quindi, ci dividevamo sul futuro: Buttigliene da sempre persegue il disegno di ripetere in Italia lo schieramento che sorregge Kohl in Germania; io, invece, gli ho sempre risposto che il modello deve essere quello del polo moderato francese... Per non parlare poi di Berlusconi. Silvio ce l'ha ripetuto non so quante volte che dovevamo perdere qualcuno...». Ma questa «scissione» che tutti volevano è stata favorita o no? Qui l'argomento da «scottante» diventa addirittura incandescente. Le «scissioni», si sa, da sempre sono viste nei partiti come una cosa «sporca», un fatto da rimuovere al più presto. «Era - sibila a mezza bocca Tatarella - una cosa fondamentale... tanto che io ho spinto anche qualcuno ad uscire... gli ho dato qualche gruppetto... Ad esempio, andate a vedere chi si è stretto intorno all'ex senatori; Biglia, il presidente dell'associazione combattenti di Salò». E Buontempo? Perché Pino Rauti se ne ò andato e lui no? «Io - racconta il braccio destro di Fini - ho una mia tesi: Buontempo si era messo con Rauti perché era sicuro che quello non uscisse. Uno come Buontempo non e tipo d'andarsene: e un attivista di piazza, un popolare, non è tipo da leggersi Evola. Rauti, invece, la scissione l'aveva in testa l'in dall'inizio ma a Buontempo non l'ha mai detto... Comunque, ormai è cosa fatta e noi dobbiamo perei anche il problema della nostra collocazione nel Parlamento europeo. Fino ad ora eravamo nel gruppo misto, adesso dobbiamo pensare a qualcos'altro». Così, arriviamo all'Europa, ai gollisti, ai conservatori inglesi, a Kohl, a tutti quei partiti e a quegli interessi che vogliono far nascere in Italia una destra «democratica» spendibile anche all'estero, magari per strappare ai socialisti la maggioranza nel Parlamento di Strasburgo. «Bisogna spiegare a -tutti questi quello che è avvenuto - spiega lutto infervorato Gustavo Selva -: ai francesi, agli inglesi, porte¬ remo Fini anche da Kohl... Potremmo dar vita ad un gruppo parlamentare a Strasburgo insieme ai gollisti, ai conservatori, a Chirac e a Forza Italia. Un gruppo che si potrebbe foderare anche con il Ppe. Eh sì, Bauli ci ha latto davvero un bel regalo. Non dovrei dirlo, ma qualche settimana fa, nell'ultima riunione in cui c'è stata la stesura definitiva delle tesi, quando le abbiamo rilette io, Fisichella e Fini ci siamo .guardati in viso e ci siamo detti: "Ma adesso Rauti come fa a non andarsene?"». Piano piano, quindi, la verità viene allo scoperto: probabilmente alla «scissione» ha lavorato tanta gente, molti hanno crealo le condizioni che ci fosse quella foto di nostalgici del msi ! che all'hotel Ergile di Roma fanno il saluto romano e gridano «Fini come Badoglio». Una foto | che per An rappresenta quasi una «patente democratica». E i alla fine qualcuno di quelli che , dovevano «uscire» si deve esso| re accorto di tutto questo movij mento: «Sembra - confida Buonj tempo dopo l'ultima litigata : che mi vogliono spingere fuori. Ma io resto, questo è sicuro». Augusto Minzolini Rauti e i suoi sono stati incoraggiati ad abbandonare il partito? L'ex ministro: «Sì anch'io ho spinto qualcuno»