Maroni società indulgenti coi teppisti di P. Cor.
Maroni: società indulgenti coi teppisti Maroni: società indulgenti coi teppisti L'ex ministro: ho provato a cambiare, mi hanno isolato MILANO. Roberto Maroni, ex ministro degli Interni, ha parole secche e anche dure: «Adesso basta, le società di calcio devono prendersi le loro responsabilità. Conoscono i violenti. Sanno quali sono i club a rischio, ma fino adesso non si sono mosse, o si sono mosse pochissimo». Cioè non hanno collaborato con le forze di polizia? «Non hanno collaborato abbastanza, scegliendo il quieto vivere». Quindi lei pensa che abbiano una responsabilità diretta... «Sì. Penso che la leggerezza con cui vengono trattati i club, penso che la mancanza di una autoregolamentazione delle società che imponga l'allontanamento dei violenti dalle proprie tifoserie sia una forma di connivenza inaccettabile». Addirittura connivenza? «Anche connivenza. Perché le società sono troppo tolleranti con i propri club, li usano e si fanno usare. Alle società piace diciamo l'aspetto folcloristico del tifo organizzato, le curve colorate, gli slogan, gli striscioni... A loro conviene usare i club come veicolo per vendere i biglietti, per incrementare gli abbonamenti... Ebbene tutto questo genera un rapporto strettissimo...». Che le società si guardano bene dall'incrinare. «Io mi ricordo che durante il vertice di Napoli contro la criminalità organizzata si parlò anche della violenza negli stadi. Dopo il vertice mi incontrai con Matarrese e Nizzola, studiammo insieme dei provvedimenti per depotenziare il rischio... Studiammo il modo di bloccare preventivamente i violenti». Con il controllo dei commissariati? «Sì, il governo stabilì che ai tifosi segnalati per fatti di violenza venisse impedito l'accesso agli stadi. Oggi chi ha denunce o condanne per tafferugli, risse, eccetera, deve presentarsi in commissariato, firmare, e non può entrare allo stadio». E ha funzionato? «E' l'ultimo provvedimento preso dal governo Berlusconi, poi ci sono state le dimissioni, e adesso non ho i dati per dire se ha funzionato oppure no...». Ieri a Genova non ha funzionato. «Eccoci al punto. I fatti più gravi di solito succedono prima o dopo le partite, e accadono fuori, non dentro gli stadi. Per questo, quando mi incontrai con Matarrese e Nizzola, io dissi che per arginare la violenza, per combatterla radicalmente, ci voleva un intervento diretto e forte delle società». Si spieghi meglio. «Voglio dire: la polizia e i carabinieri possono blindare gli stadi. Possono controllare le entrate e il deflusso del pubblico, possono scortare i pullman dei tifosi, presidiare le stazioni, qualche volta addirittura le autostrade. Ma resta la città, le cento vie d'accesso... Le forze dell'ordine non possono bloccare una città inte¬ ra». Lei pensa che non ci siano mancanze o errori da parte delle forze dell'ordine? «Assolutamente no. Loro hanno fatto e fanno tutto il possibile. Ma vede, se noi ci ostiniamo a pensare che la violenza sia solo un problema di agenti e cordoni, una emergenza che si argina con i candelotti, i manganelli e gli idranti, arriveremo sempre zoppi alla meta. Anzi non arriveremo alla meta e vivremo altre grandi tragedie come ieri a Genova». Lei dice: le società ci devono aiutare. «Sì, tocca a loro, e a quanto vedo non lo fanno, non lo hanno fatto... E bisogna ancora capire se hanno intenzione oppure no di impegnarsi. La questione ora è molto semplice. Un ragazzo è morto. Si poteva evitarlo? Secondo me sì». E' l'ultimo avviso? «E' un avviso tanto pressante quanto lo è la gravità di quello che è accaduto ieri». [p. cor.]
Persone citate: Berlusconi, Maroni, Matarrese, Nizzola, Roberto Maroni
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