Testimone cosi riusciti a scappare

Testimone Testimone «Così riuscii a scappare» AUSCHWITZ DAL NOSTRO INVIATO Quando arrivò ad Auschwitz, Luigi Sagi aveva 18 anni, oggi sta per compierne 70. La sua storia - che racconta nel campo mentre accompagna la delegazione della Regione Toscana venuta qui con una piccola comitiva di studenti - comincia il 19 marzo del '44 a Fiume: quando viene arrestato insieme col padre Nicolò, la madre Elisabetta e la nonna in seguito a una delazione «fruttata 5000 lire a chi la fece». Nel carcere resta pochi giorni, prima del trasferimento alla Risiera di San Sabba. Il 29 ò caricato su un treno, il 4 aprile arriva ad Auschwit.x-Birkenau, su un convoglio di ebrei croati. Con lui ci sono il padre e la nonna. «Eravamo in un piccolo convoglio, 287 uomini e donne, all'arrivo mi condussero alla sauna dietro il terzo o quarto crematorio: Mengele ci chiese quanti di noi volevamo lavorare, rispondemmo in 29 uomini e 58 donne». Ad Auschwitz la nonna andò subito alla camera a gas, il padre venne impiegato nel Sonderkommando addetto al crematorio. Per lui, le baracche della quarantena: «Ci tolsero il sangue, ma subito dopo i ricordi diventano confusi, deliravamo, forse eravamo stati cavia di un nuovo farmaco, forse il tifo esantematico». Morirono in 10, si salvarono in 2. Poi la baracca nel campo degli uomini, e il lavoro ili una squadre di 13 centurie adibita allo smantellamento dei rottami aerei. Ricorda il padre e gli si arrossano gli occhi: «Lo vidi una sola volta, nella baracca che stava accanto al forno crematorio. Lo vidi piangere la prima volta, sapeva che io sapevo del suo lavoro». Nicolò Sagi partecipò alla ribellione del 7 ottobre, i nazisti lo eliminarono, ma Luigi adesso non vuole più parlarne. Dice soltanto la sua matricola tatuata, 179(505, e quella di suo padre, «un numero di più perché loro erano precisi e seguivano l'ordino alfabetico». Il 25 gennaio del '45 Luigi Sagi scappò: era alla fine di una colonna, con due ungheresi si buttò nel fosso, nessuno se ne accorse. Insieme si rifugiarono in una villa abbandonata dai tedeschi «dove c'era un grande ritratto di Gocring». Finché li trovarono i soldati russi, e per Luigi Sagi cominciò un ritorno avventuroso che lo portò in Romania e poi a Budapest, dove ritrovò i parenti salvati da Giorgio Porlasca. Ma adesso, Luigi Sagi non vuole davvero più parlare. le. n.]

Persone citate: Giorgio Porlasca, Luigi Sagi, Mengele, Nicolò Sagi

Luoghi citati: Auschwit, Auschwitz, Budapest, Fiume, Romania, Toscana