Fini rischia e vince così è morto l'msi di Fabio Martini

Al congresso maggioranza schiacciante in favore della svolta: 1400 delegati contro 60-70 Al congresso maggioranza schiacciante in favore della svolta: 1400 delegati contro 60-70 Fini rischia e vince, così è morto Pmsi / duri attaccano. Il segretario: o con me o con loro FIUGGI DAL NOSTRO INVIATO Su quel viso tirato, su quel volto che in tre giorni è diventato una maschera, spunta di colpo un sorriso: sono le 18,05 e finalmente Gianfranco Fini può rilassarsi. E' stato appena respinto l'emendamento-clou di tutto il congresso missino, quello sull'antifascismo presentato da Rauti e Buontempo. Ma per vincere quella battaglia, che toccava le corde più sensibili dei delegati, Fini ha dovuto mettere ili gioco sé stesso, durante 50 minuti gonfi di pathos. Sotto il tetro tendone blu delle terme di Fiuggi, cinquanta minuti di lacrime e rabbia. Cinquanta minuti nei quali Pino Rauti ha pronunciato l'ultimo, disperato, orgoglioso discorso fascista. Cinquanta minuti nei quali Fini, per evitare il peggio, ò dovuto andare al microfono ben quattro volte, alla maniera di Pannella e per farcela si è dovuto superare: «Mi faccio carico di tutte le maledizioni nei miei confronti, ma l'emendamento va bocciato!». Fini ha rischiato il tutto per tutto, ma alla fine ha vinto; ha vinto la battaglia della vita: sul passaggio-chiave del congresso - l'affermazione dell'antifascismo come elemento fondante della democrazia italiana - i delegati hanno votato a schiacciante maggioranza col segretario. E a quel punto la svolta, la «Predappina» era davvero consumata, senza ambiguità. E così da ieri sera ò morto l'msi, l'ultima sigla sopravvissuta della Prima Repubblica - ed è nata Alleanza nazionale, che per dirla con Fini, ha «un Dna» ripulito da quella tara totalitaria che per 49 anni aveva accompagnato il partito della fiamma. Stamattina, a celebrare il trionfo di Fini, arriveranno e parleranno a Fiuggi Berlusconi, Casini, Buttigliene, Cossiga e, per la prima volta, interverrà anche una delegazione del pds, guidata da un ex capo partigiano come Ugo Pecchioli. Fini ce l'ha fatta, ma è stata dura. L'ultima battaglia di Fini missino comincia tre giorni fa, la platea lo accoglie freddamente e man mano che passano le ore, il clima del congresso si gonfia di nostalgie: i colonnelli di Fini parlano senza lasciare tracce emotive, mentre i capi del No infiammano la platea. E in quel clima - Fini lo intuisce subito - tutto è possibile, anche l'approvazione dell'emendamento più insidioso, quello Tremaglia-Rauti che voleva cancellare il passaggio-clou delle tesi finiane, quello che attribuiva all'antifascismo «un valore essenziale» per il ritorno alla democrazia. E così, due notti fa, dietro le quinte Fini, ha chiamato a sé il più sentimentale e il più amico degli oppositori, Tremaglia, e con lui ha buttato giù una correzione alle tesi. Ma l'indiscrezione di quel compromesso finisce su qualche giornale e ieri mattina Pinuccio Tatarella, l'altro vincitore del congresso, fa fuoco e fiamme: «A questo punto, visto quel che è stato pubblicato, se andiamo al compromesso la nostra sembra una retromarcia: non si può fare!». L'accordo salta, ma Fini riesce a convincere Tremaglia, uno dei beniamini della base missina, a ritirare la sua firma dall'emendamento e a glissare su un meno impegnativo ordine del giorno. E così, diviso il fronte del No dietro le quinte, Fini va alla battaglia in campo aperto con molte chances in più. Lo scontro decisivo si apre sotto il tendone brulicante e gonfio di pathos alle 17,10: in gioco c'è l'ex emendamento Tremaglia, ora fatto proprio da Rauti e che riconosce sì meriti all'antifascismo, ma soltanto a quello non comunista, condannando «l'antifascismo stalinista del pei». Fini lo sa: per bloccare quell'emendamento che ha già galvanizzato una parte della platea, non resta che una strada: giocarsi il tutto per tutto. La tensione è altissima e il capo si supera: «Atten¬ zione, perché non è in gioco la possibilità di tornare fra qualche mese al governo! No, se noi non accettiamo questa sfida, l'Italia resterà prigioniera delle divisioni del ventesimo secolo e noi non vogliamo restare nella storia di ieri, ma entrare nella storia di domani». E poi il passaggio-chiave: «Sappiatelo: que¬ sta parte delle tesi è immodificabile, qui c'è il dna della svolta!». Come dire: o me o l'emendamento Rauti. Tremaglia interviene per mediare, ma spara una mitragliata contro Fini: «Nelle tesi è scritta una bestemmia storica!». La battaglia è ancora in bilico e cosa fa Fini? Chiede ancora la parola e poi, in un'atmosfera intrisa di emozioni, va al microfono il vecchio Rauti, combattente! fino all'ultimo: «Fini vuoi cancellare il ventesimo secolo, con le sue passioni, il suo sangue e cosi diventeremo figli di nessuno, figli di qualche baldracca del diciannovesimo secolo! No, non possiamo cancellare ogni memoria, ogni ricordo!». Finalmente si vota: vince Fini, 1400 delegati contro 60-70. Al tavolo delia presidenza, qualcuno propone» a Fini un «riconoscimento pubblico per Tremaglia». E il vecchio Mirko dice a La Russa: «Non ti sembra che io sia stato decisivo per questo congresso?». La Russa: «E perchè?». Tremaglia si infuria, ma quando si spengono le luci e dal fondo della sala, gli ultimi nostalgici intonano l'Inno a Roma, Mirko canta anche lui, solo lassù sulla presidenza. In un angoletto buio della platea, canta anche Rauti, attorniato da tre ragazzi con gli occhi lucidi. Fabio Martini

Luoghi citati: Fiuggi, Italia, Roma