« Smaschererò da solo i miei nemici»

« « Smaschererò da solo i miei nemici» «Per un detective servono miliardi che non ho » LA STRATEGIA DEL SENATORE SROMA A, l'avvocato americano mi ha detto: faccia come si fa da noi, assuma un investigatore privato, ormai avete anche voi il processo alla Perry Mason. Io ho provato a vedere quanto costa un investigatore privato. Bisogna essere miliardari, non me lo posso permettere». Così, con queste parole Giulio Andreotti mi accompagna alla porta del suo studio al Senato. E' raffreddato, vestito di blu con il suo cardigan, ha un'espressione sbalordita dagli eventi: «Colpa anche delle due anestesie una dietro l'altra che mi hanno fatto per operarmi. Mi è restato un po' di malessere». Un nuovo volume di accuse contro di lei è stato appena depositato. «Infatti. Carte a getto continuo. Dentro seguita a non esserci niente, ma l'impressione di tutto questo volume' è notevole e la stampa giustamente lo sottolinea». Vogliamo toccare il punto oscuro? «Volentieri. Quale dei tanti?». ■ L'amico americano. «L'amico, o meglio il nemico americano, non so chi sia. Ma lo sto cercando. Non il governo, non la Casa Bianca, non penso neppure la Cia, ma immagino che ci siano ambienti lobbistici molto forti». Proviamo a vedere i l'atti. «Volentieri. Primo fatto. Il pentito Mannoia, che confessa venti omicidi, viene consegnato all'Italia alla condizione che non sia processato per i suoi delitti, cosa per i nostri codici impossibile visto che esiste la obbligatorietà dell'azione penale e nessuno può dichiarare impunito un assassino. Invece Mannoia viene e dichiara che io ho avuto riunioni con i mafiosi. Lo stesso Mannoia dichiara poi di essere stato in costante colloquio con l'Fbi. Una situazione molto aggrovigliata e anomala per un risultato falso». Poi? «Poi salta fuori questo giudice Martin. Lei ricorderà che Tommaso Buscetta finché fu vivo Falcone non volle mai parlare e di politici, bloccandosi in maniera tassativa. Poi però, morto Falcone, salta fuori il giudice Martin il quale dice di aver ricevuto una formale dichiarazione di Buscetta contro di me nel 1985». In tempi, dunque, non sospetti. «In tempi sospettissimi, invece. Tenga conto che Buscetta fu arrestato in Brasile e che fui proprio io a farlo estradare per gli Stati Uniti. Quindi Buscetta ha un suo contenzioso personale con me, e il fatto che si presti a queste operazioni rientra in una logica che non ha bisogno di grandi congiure. Però, resta il fatto stranissimo di questo signor Martin che salta fuori oggi per dire che ieri, ben dieci anni fa, Bu- scetta che rifiutò sempre di fare nomi politici a Falcone, aveva invece fatto il mio nome a lui». Forse in via informale. «No, formalissima, dice. Sostiene di aver riversato le sue informazioni ai livelli più alti». Quindi la Casa Bianca, la Cia e l'Fbi sapevano. «Avrebbero dovuto sapere, si suppone. E fatterelli di questo genere non è che possono passare inosservati. Io invece fui poi presidente del Consiglio e sono stato ricevuto da Reagan e da Bush con manifestazioni di stima ai limiti dell'imbarazzo». Beh, quella è la parte ufficiale, formale... «Nessuno obbligava l'ex segretario di Stato Schultz a invitarmi al "Board" di politica estera nella sua università in California». C'è chi dice che lei sconta il suo comportamento con gli americani durante la vicenda dell'Achille Lauro e Sigonella. «Quella fu una crisi circoscritta e di natura politica. I servizi segreti ci segnalavano sempre questa insofferenza per il nostro cosiddetto filoarabismo, che poi consisteva nel tentativo di stringere i tempi della pace fra Olp e Israele che poi è stata fatta. Forse si poteva far prima». Pensa che l'amicizia con l'Olp le abbia valso l'inimicizia dei pericolosi servizi israeliani? «No, perché gli israeliani hanno sempre guardato con intelligenza alle cose che facevo e il risultato finale è che ho ricevuto la laurea honoris causa dall'università ebraica di New York. Le assicuro che non è una formalità». Torniamo, se crede, alla pista americana. «E torno a Buscetta: arrestato dagli italiani con una operazione formidabile e estradato per mia insistenza in America. Quest'uomo da allo- £ 6 II giudiEsce solo orache 10 anni fgli parlò di m e Martin? a dire a Buscetta me ■ ■ ra non avrebbe dovuto sapere nulla di mafia e invece viene interpellato come un oracolo. Il senatore Mancuso, un mio avversario, ha dichiarato di sapere che Buscetta è un uomo dei servizi segreti. Adesso la novità è che quanto non volle dire a Falcone lo disse però a questo Martin, il quale salta fuori soltanto adesso. E poi un altro dettaglio». Dica. «Il libro, uscito postumo, di Guido Carli, quello sui quarantanni di vita italiana». Parla della sua vicenda? «Scrive una cosa terribile. Prevede che finito lo spettro di uno scontro con Mosca gli Stati Uniti tornino al più naturale e commerciale scontro con l'Europa. E prevede che ciò avvenga anche con colpi di destabilizzazione, che si attuano con manovre occulte e si dirigono sempre sull'anello più debole. Nel caso dell'Europa, l'Italia. Io infatti penso più a una manovra concertata fra potentati economici che a manovre di servizi segreti ufficiali e operazioni di governo. Certo è che lì si annida il mistero e mi creda: mi sto dannando per venirne a capo e non escludo di riuscirci. Peccato che indagare privatamente richiede montagne di soldi che non ho. Non mi posso permettere di ingaggiare il Paul Drake di Perry Mason, ma non è detta l'ultima parola». Lei si dichiara innocente in tutto e per tutto? Non una smagliatura, non una imprudenza, non una falla? «Nella maniera più assoluta. Non una. Difatti non trovano nulla». Ho incontrato l'onorevole Arlacchi e gli ho chiesto un consiglio: quale può essere la domanda più imbarazzante per Andreotti? Mi ha detto: chiedigli dei cugini Salvo. Per quale motivo un uomo di potere come Andreotti si ostina a dire di non aver mai conosciuto i più forti uomini di potere siciliani come Nino e Ignazio Salvo? Ecco, le giro la domanda. «Ma, vede: è strano. Io se li avessi conosciuti, questi Salvo, proprio perché erano persone così in vista, non avrei la minima difficoltà a dire che li avevo conosciuti. Che ci sarebbe di male? Ho stretto decine di migliaia di mani, ho visto centinaia di migliaia di persone, perché non anche questi Salvo? Già, ma si dà il caso che io non li ho davvero conosciuti. Che vuole che le dica: sarò stato sfortunato. Ma come posso difendermi davanti a un'accusa così vaga e perentoria: Andreotti non può non averli conosciuti? Mah». Salvo la famosa fotografia... «Sì, la fotografia in cui io vengo ritratto mentre entro fra Mattarella e Ruffini nell'albergo di proprietà di Nino Salvo per un ricevimento con centinaia di invitati...». C'è chi dice che invece era una riunione molto ristretta. «E chi lo dice sbaglia: fu un grande, formale e affollatissimo ricevimento in un locale pubblico. Dov'è il delitto? Eppure, guardi che le hanno provate proprio tutte...». Chi? «I procuratori a caccia di prove contro di me. Non ho idea di quanto avrà speso lo Stato per inquisire ogni mio respiro senza trovare nulla. Pensi che sono andati a guardare nelle liste dei regali di nozze per vedere se avessi fatto regali ai mafiosi e perfino sono andati a spulciare i registri parrocchiali di Salemi per vedere se avessi fatto da padrino ai bambini dei mafiosi. Niente. Ma poiché io conoscevo Lima e Lima conosceva i Salvo, la proprietà transitiva della giustizia pretende che io conoscessi i Salvo». Scusi, senatore, ma la gente diffida: qualcosa ci deve essere, non è possibile che magistrati come Caselli abbiano costruito un castello di carte false. «Carte di puro clamore. Io seguito a stare ai fatti e le indico l'episodio più inquietante, quello che dà la misura del clima della montatura. E' la storia della principessa Ruffo della Scaletta». Quella che ha detto di sapere che lei andava in barca con i Salvo? «Lei. Forse quello che non si sa è che i suoi telefoni sono stati intercettati e le telefonate sono agli atti. Dunque, questa signora dice di aver sa¬ puto dal suo amante che ha saputo da un suo amico che io ero salilo sulla barca dei Salvo. Indagini, interrogatori del comandante e dell'equipaggio, non è vero niente. Allora, ecco che si legge su una telefonata intercettata, il testo di una conversazione. Un amico chiede alla principessa: scusa, ma perché lo hai fatto? Sapevi che era una balla? E lei: sì lo sapevo, ma che mi frega?, era l'unico modo per fargli avere l'autorizzazione a procedere. Capito? Ecco, per darle un'idea». Che ne è della principessa? «E' lì. Io l'ho querelata. L'unica querela che ho fatto». Leggo che secondo l'accusa tutto il suo cosiddetto impegno antimafia è stato fumo negli occhi per fare il doppio gioco. «E' un'idea grandiosa. Se uno dimostra con i fatti di aver combattuto a morte la mafia, si deve dire che era tutta una finzione». Martelli ha detto più volte che lei era molto tiepido... «Martelli ha molti meriti e non gliene tolgo nemmeno uno. Ma a me non può togliere quello di avere fatto, con Vassalli e prima di lui, il primo decreto alla vigilia di ferragosto del 1989 quando l'avvocato Ascari, parte civile per i carabinieri uccisi al maxiprocesso d'appello, mi avvertì che fra il 6 e il 7 settembre i mafiosi ancora in galera sarebbero usciti per decorrenza di termini. Allora in fretta e furia, contro ogni consuetudine e dottrina, minando il garantismo, feci con Vassalli il decreto per tenere i mafiosi in galera. E quel decreto fu avversato fortemente in Parlamento: il pei mi si scatenò contro, con nobilissime ragioni di principio. Tutti i comunisti contro, tranne Aldo Rizzo. Allora: aggiustavo i processi? Ero in combutta con Totò Riina? Vorrei che qualcuno me lo spiegasse». sentodi fronte a dsecondo cui l'uomo d'on inerme i killer arei io re Bj tj La vedo provato. «Beh, sa, non è che sono cose che ti lasciano indifferente. Né a me né ai miei». Sua moglie come vive queste sue vicende, come dire, mafiose? «Mia moglie è stata malissimo, specialmente all'inizio, ha avuto un tracollo terribile e una grave crisi di disperazione. Adesso sta meglio, ma quello che ci viene scaraventato addosso, mi creda, è mostruoso. Quanto al resto, sa, io e mia moglie per fortuna abbiamo il conforto di essere religiosi e quindi preghiamo». Il pentito Di Maggio insiste: il bacio con Riina è stalo un rituale fra poteri. «Questo Di Maggio è un altro grandioso personaggio. Un pentito attendibile, dicono i magistrati: ha fatto prendere Totò Riina. Un pentito disinteressato: ha confessato 10 omicidi che nessuno gli contestava». Dunque un accusatore con i fiocchi. «No, è un altro mistero. Questo gentilissimo signore, che ha fatto la pelle a 10 persone con le sue stesse mani, durante il suo primo interrogatorio a Novara discute davanti a ufficiali dei carabinieri sulla strategia politica della mafia che a un certo punto avrebbe abbandonato la de per passare al psi. Il mio nome in quel caso sarebbe stato un bel colpo, no? Invece non mi nomina. Soltanto a Palermo gli emerge Lima dalla memoria e poi, proprio alla vigilia della decisione sulla mia autorizzazione a procedere, il 16 aprile, la memoria gli fa rintracciare una mia visita a Ignazio Salvo, che io non ho mai visto né conosciuto». Quando sarebbe avvenuto questo incontro? «Ecco, la data è importante. Questo Di Maggio non ricorda mai quando è avvenuto un fatto. Ma nel mio caso, siamo fortunati: dice che mi sarei incontrato con Ignazio Salvo più o meno nei giorni in cui mori un certo Dragotto, che lui conosceva». E chi sarebbe questo Dragotto? «Sarebbe uno che morì precisamente perché Di Maggio lo uccise. Per questo ricorda quella morte. E dice che fu nel settembre del 1988. Ma quella data sembra che non piaccia ai giudici, che la vogliono a tutti i costi spostare al 1987». Resta il fatto che Di Maggio si è autoaccusato di dieci omicidi che nessuno gli contestava. E' una buona garanzia. «E' vero piuttosto il contrario: uno con 10 omicidi sulla coscienza e che vede arrivare l'ora del regolamento dei conti, ha tutto l'interesse a stipulare polizze d'assicurazione». Lei però risulta incastrato anche per tutti gli aerei privati, le scorte allontanate, gli orari spostati: è un mitragliamento di accuse circostanziate e dettagliate. «E' un mitragliamento di chiacchiere nessuna delle quali regge alla prova dei fatti, ma che sparate tutte insieme generano un clima di colpevolezza preventiva. Hanno cercato di smontare gli orari della mia pennichella, hanno creato un giallo su una riunione prevista alle quattro e rinviata alle sei per il caldo feroce e non per mia scelta. Quanto agli aerei, la questione è semplice: quando si trattava di visite politiche ma private, come andare alla festa dell'Amicizia, usavo un aereo privato. Quando viaggiavo per motivi di Stalo, un aereo di Stato. E' tutto lì». Lei è accusato da tutti i maggiori pentiti: non bastassero Buscetta, Mannoia e Di Maggio, c'è anche Messina. Tutti congiurati? «O anche tutti col naso là dove credono che ti' : il vento. Sa, non è che c'è sempre dietro la Spectre. Grazie a Messina finalmente si scopre che la Lega non l'ha fondata Bossi, ma l'ho fondata io insieme a Licio Celli e al professor Miglio». Il giudice Carnevale dice che lei era «ventre a terra» schierato con lui. «Carnevale dice che Vitalone gli avrebbe detto. Ora, io Carnevale lo vedevo soltanto al premio Fiuggi, le sue sentenze non mi piacevano e lo dicevo a tutti, una di quelle l'ho anche definita pubblicamente una offesa al popolo italiano. Quanto all'espressione ventre a terra, venatoria e militaresca, tutti sanno che non l'ho mai usata e mai la userei». Insomma, perché dall'America a Palermo ce l'avrebbero tanto con lei? «Le ragioni non le conosco, ma non è che manchino. Ci arriverò, spero. Quel che è certo è che ci sono persone che dicono, come Mannoia e Di Maggio, di avermi visto fisicamente in luoghi in cui non sono mai stato. Ora, sapendo io che ciò è falso, so anche che qualcuno deve pur averli imbeccati». Riuscirà a dimostrarlo? «Lo spero. Certo, io mi sento un po' inerme di fronte a questi fior di galantuomini: uno con 20 e l'altro con 10 omicidi sulla coscienza. Ma sulla loro parola sarei io l'uomo d'onore». Paolo Guzzanti ii Le accuse dagli Usa non dipendono da Cia governo o Casa Bianca ma da potenti lobby if J £ 6 II giudice Martin? Esce solo ora a dire che 10 anni fa Buscetta gli parlò di me ■ ■ sento inerme di fronte a dei killer secondo cui sarei io l'uomo d'onore Bj tj i 6 Mi hanno rovesciato addosso vere mostruosità Per fortuna ho il conforto della preghiera ■■