Er Pecora ultimo descamisado di Filippo Ceccarelli

I duri: Mussolini ha salvato DELLA FIAMMA Er Pecora, ultimo descamisado Cazzotti e comizi, una vita da irriducibile CFIUGGI UORE e polmoni, urla e passioni, il comiziaccio come categoria dello spirito e prova di resistenza fisica per gli incombenti descamisados di An. A un certo punto, quando il solfeggio degli strepiti si andava strozzando in una sorta di gorgoglio e di convulso sfiatamento con risonanze nient'affatto rassicuranti, ecco, per un attimo si poteva perfino pensare - e temere, anche - che Teodoro Buontempo, tutto rosso e sudato, poveraccio, potesse schiattare proprio lì, sul podietto di Fiuggi, come atto finale di resistenza oratoria alla svolta di Fini. E invece poi s'è ripreso, ha senz'altro scaldato il congresso e soprattutto offerto un'indimenticabile lezione di populismo. Anzi, «poiché nei congressi non si entra coi paraocchi», Buontempo, che ieri mattina sfoggiava un cravattone a strisce gialle d'ordinanza, ha pure aperto al progetto della maggioranza, così prenotando un posticino per la destra cosiddetta sociale nella nuova formazione politica. Che lo abbia fatto a suo modo, quasi divorando un microfono già oscillante per i cazzotti che scaricava sul banchetto, e con delle grida così rauche e prolungate da richiedere con tutta probabilità l'intervento di quella sua terrificante pozione (a base, pare, di acciughe e miele, «come il tenore Caruso») è una questione che va al di là del semplice colore giornalistico. Davvero Buontempo, con tutti i suoi codici, incarna un'anima del partito, e il congresso, più della nomenklatura, gliel'ha riconosciuto con trasporto. Lui, c'è da dire, abituato, o condannato com'è sempre a eseguire i suoi numeri senza rete, lo sapeva benissimo. «Qui l'unico allegro sono io - spiegava al bar prima ancora di esibirsi -. Gli altri, i democratici, sono tutti incazzati, pensano alle quote di delegati da spartirsi col manovale Cencelli. Io non cerco posti, io per cinque volte licenziato, dimesso, dichiarato decaduto, tolti i diritti politici ho continuato a fare politica da semplice iscritto...». Vero. E tuttavia se Buontempo ce la farà - e ce la farà - a restare personaggio, oltre che dal partito dipende parecchio anche da quei media che «mi chiamano 'Er Pecora' - dice con aria lievemente vittimistica - scrivono che sono un orco e ho le unghie zozze». In realtà, sebbene di tanto in tanto con qualche sussulto, i media lo adorano. E lui - «colleghi giornalisti» gli è scappato dal po¬ dio - li ricambia fornendogli generosamente, più che parole, azioni e più che discorsi, gesti, drammi, scenette e situazioni, perloppiù autobiografiche, di straordinario impatto emotivo e descrittivo. Dall'originaria e originalissima sistemazione abitativa, una Cinquecento amaranto posteggiata a villa Borghese, all'incredibile trafugamento della salma di Junio Valerio Borghese, nella cripta di Santa Maria Maggiore: «Senza dire una parola ci mettemmo ai quattro lati della bara, l'alzammo e uscimmo. I familiari rimasero attoniti. Una faticaccia». Passando naturalmente per un'infinità di scazzottate con i rossi e di «scontri camerateschi»: «Li ho avuti con quasi tutti», ha voluto confidare benevolmente alla platea. Tra Dumas e Pasolini. Perché in un certo senso, rivendicando quell'anima profonda del msi, testimoniando la sua fede con una vita precaria, quasi randagia, e battendosi contro la destra «egoista del liberismo» (ma anche contro la sinistra «che ha svenduto il suo patrinmonio per un piatto di lenticchie»), Buontempo esprime uno smarrimento più antropologico che politico. E in fondo le «lucciole» di Teodoro sono quelle di un populismo nazionale, apocalittico, pre e insieme post-industriale. Un filone che a destra da Peppino Caradonna (il padre) a Nicolino Bombacci (che morì gridando «Viva Mussolini, viva il socialismo») - è sempre esistito e che oggi, con Buontempo, rivive nelle borgate in una dimensione sociale rischiosissima, lacerante, tra abusivi, sfrattati, giovani disoccupati rasati a zero, immigrati, transessuali, prostitute. Anche questa sua oggettiva «diversità» d'ambiente ne fa un personaggio che a differenza di tantissimi altri ha davvero poco da perdere e nessun bisogno di mentire. Per cui sbaglierà pure i congiuntivi, Buontempo, e si im- piccerà nei pronomi relativi, ma conosce come pochi altri le leggi spietate della strada e le regole truci del comiziaccio. Figurarsi se ieri, al congresso, non sapeva che doveva mettercela tutta, anche la prepotenza. Così, pur non toccando le vette più avventurosamente sapide del «pecorismo» (a novembre l'hanno l'ormato che andava in due in motorino, contromano, a pochi metri da Palazzo Chigi) il duello con il presidente del congresso Servello, che voleva legittimamente fargli rispettare i tempi, e stato una dimostrazione quasi irresistibile della capacità anche mediatici del personaggio Buontempo. Il povero Servello l'ha infatti interrotto una prima volta dopo un concitato crescendo contro chi vorrebbe «ripulire» An: «Ma da che? Aaargh Da che?». «Teodoro! Ti prego veramente...», l'ha richiamato quasi con rassegnazione sul capitolo stragismo. Per tutta risposta Buontempo, che in quel mentre aveva preso una curiosa posa laterale, tipo Farinata degli Uberti, s'avvitava nella metafora, complessa, della «casa paterna», cioè del msi da abbandonare o meno. «Teodorooo!», insisteva allora Servello, camminando sulle uova. E quello, invece, giù con Spirito e Gentile, la questione nazionale, lo encicliche papali (definite, con qualche enfatica esagerazione, «carne della nostra carne»), il federalismo, lo Stato etico. Arrivato a Maastricht, Servello è insorto di nuovo, ma intanto Buontempo s'era già proiettato sul dissesto idrogeologico, l'Ici e la finanza internazionale che sfrutta donne e bambini. «Teodoro!». «Milioni di bambini affamati!», insisteva lui. E allora uno dalla platea: «Ma che czz dici?». «Dico quello che è giusto». «Caro Fini, salva il msi! - chiudeva sempre più raucamente sonoro tra bang! e crash! -. Salviamo il msi! Troviamo una formula! Incontriamoci! Restiamo la notte svegli!». Inutile dire che l'oratore successivo, Gasparri, aveva problemi di audio. «Anche i microfoni - spiegava - hanno una pazienza che si esaurisce». Filippo Ceccarelli Questa è casa nostra, perché nostra è l'anima profonda del msi! JJ| Teodoro Buontempo, 26 gennaio 1995 Comizio congressuale contro lo scioglimento del msi

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