Preso il principe libanese rubò 6 miliardi allo Zaire

La procura di Palermo: tra Riina e l'ex premier rapporto paritario, come tra «uomini di Stato» Preso il principe libanese rubò 6 miliardi allo Zaire TANGENTI E COOPERAZIONE PRINCIPE sì, ma delle truffe. I carabinieri hanno arrestato ieri, nel suo lussuoso appartamento di Londra, l'imprenditore Bassam Omar Salame: il pm Vittorio Paraggio, che indaga sullo scandalo della Cooperazione, lo accusa di essersi intascato sei miliardi di soldi pubblici. Una truffa ingegnosa: il principe Salame, libanese di nascita, ma italiano a tutti gli effetti, nel '90 ottenne un rimborso miliardario dalla Sace (braccio economico della Farnesina) sostenendo che lo Zaire, dove avrebbe dovuto costruire un ospedale, non aveva onorato gli impegni. In verità, hanno scoperto gli investigatori, in Africa non hanno mai visto un mattone. Tutto il materiale ospedaliero acquistato, e regolarmente fatturato, è finito a Cipro. E allo Zaire, invece, dove naturalmente gli ospedali servono dawe- ro, niente. E Salame? Ha potuto incassare l'assegno di sei miliardi grazie a una documentazione falsa. E in virtù, secondo l'accusa, di raccomandazioni dell'ambasciatore Umberto Vattani. Vattani, che rappresenta l'Italia a Bonn, all'epoca aveva un ufficio a Palazzo Chigi ed era consigliere diplomatico di Giulio Andreotti. Per questo motivo, una parte dell'inchiesta è già finita davanti al tribunale dei ministri. E così anche il principe libanese è finito nella trappola dei carabinieri - quello stesso maggiore Vittorio Trapani che ha arrestato a Parigi il finanziere socialista Mach di Palmstein - e di Scotland Yard. Grazie al lignaggio arabo, e al passaporto diplomatico liberiano, Sa¬ lame si era specializzato in affari nel Medio Oriente e in Africa. Ma era anche un volto ben conosciuto nel mondo dorato della Capitale, esponente di quel generane che ha fatto affari per tanti anni al seguito del potere politico. Ora non sta più nella pelle, il giudice Paraggio. Lo vuole interrogare al più presto. Vorrebbe sentire dalla sua viva voce il meccanismo della truffa che ha salassato la Sace di sei miliardi. Già, la Sace. Un carrozzone dove la magistratura ha già fatto pulizia, ma che continua a riservare sorprese. Questa volta, però, a suscitare meraviglia, non è tanto la truffa. Se ne sono viste delle belle, nella nostra Cooperazione: dai silos in plastica che si scioglievano al sole della Somalia, agli stivali troppo grossi per i contadini andini. E ogni volta, dietro il business, c'era una tragedia del Terzo Mondo e la mancanza di scrupoli di qualche imprenditore. Ma stavolta è diverso, perché ci sono agli atti le testimonianze di tre diplomatici - Franco Lucioli Ottieri, Alessandro Pignatti Morano di Custoza, Riccardo Sessa - che chiamano in causa il collega Vattani. Si parla di telefonate del consigliere diplomatico di Andreotti. Avrebbe anche insistito con l'ambasciata italiana in Zaire perché «affermasse che quel Paese non era in grado di pagare la merce fornita dal libanese». Fu grazie a quell'alto intervento - sospetta il giudice - che Bassam, amministratore unico della società Ime-International marketing enterprises, incassò i sei miliardi della Sace. Ora tocca al tribunale dei ministri valutare la posizione di Andreotti. Francesco Grignetii L'ambasciatore Vattani avrebbe aiutato Salame ad avere dalla Farnesina un rimborso inesistente Laau