Il segnale del Polo a Dini portaci al voto e sarei di nuovo premier di Augusto Minzolini

Di Muccio: «La fiducia dimostra che il governo è un "ribaltino" in salsa scalfariana» Il segnale del Polo a Pini «Portaci al voto e sarai di nuovo premier» LA GUERRA CON IL COLLE ROMA A qualche minuto nell'aula di Montecitorio è stato annunciato il risultato delle votazioni sul governo Dini e nel Transatlantico, senza perder tempo, Clemente Mastella già pensa al prossimo governo. Quei dati, infatti, dimostrano che il «gabinetto» Dini può sopravvivere alla Camera solo grazie all'astensione dei deputati del Polo e proprio su questa constatazione si fondano tutte le strategie di Berlusconi e dei suoi alleati per la campagna di primavera, quella che dovrebbe portare alle elezioni o, come viene chiamato dalle parti dell'ex-maggioranza, ad un «ribaltone del ribaltone». Spiega Mastella: «Nelle prossime settimane possono realizzarsi due prospettive: o ci sono le elezioni a giugno o, altrimenti, è possibile che l'attuale governo Dini, "tecnico" e di minoranza, sia sostituito da un altro governo Dini con una maggioranza organica di centro-destra». Sono movimenti impalpabili, quasi invisibili che già tendono a rimettere in discussione il debole equilibrio politico appena raggiunto. E sono la conseguenza dell'ultimo scontro tra l'ex maggioranza e il Colle: ieri, infatti, a poche ore dal voto della camera, Scalfaro ha fatto sapere dopo settimane di silenzio che non c'è nessun patto con Berlusconi sulla data delle eiezioni. Per reagire all'ultima sortita del Quirinale e per riprendere le fila del gioco i «generali» dell'ex-maggioranza sanno che, in un modo o nell'altro, dovranno raggiungere un obiettivo priori- tario: convincere Dini a giocare di sponda con loro, a farsi garante delle elezioni a giugno. Basta stare attenti ai gesti per scoprire che l'operazione in alto è questa. L'altra sera, ad esempio, alla fine del dibattito Berlusconi e Fini sono andati a stringere la mano al capo del governo e lo hanno fatto in modo fin troppo plateale. E ieri, durante le votazioni, il cavaliere ha parlottato per qualche minuto con Dini in uno degli anfratti di Montecitorio. «Sono il primo ad essere contento per la tua nomina» gli ha detto. Non si è trattato solo di una frase di circostanza: Berlusconi, infatti, è il primo a sapere che per ottenere le elezioni a giugno avrà bisogno dell'aiuto dell'attuale presidente del Consiglio. Proprio per questo sta valutando i «prò» e i «contro» di un'ipotesi suggestiva: chiedere a Dini l'aiuto per arrivare al voto e in cambio dare la possibilità al neo-presidente del Consiglio di guidare un nuovo governo in caso di vittoria dello schieramento di centrodestra. Ci sarebbe in questo caso una diversa ripartizione dei ruoli: Berlusconi continuerebbe ad essere il «leader» del Polo, mentre Dini potrebbe in un primo tempo guidare il governo del «dopo elezioni» e, poi, trasformarsi in una figura istituzionale da usare al momento opportuno. Si tratta di una cosa del tutto campata in aria? Di un'ipotesi avventata? Forse sì, forse no. Intanto c'è da dire che Berlusconi nelle scorse settimane più di una volta ha confidato ai suoi collaboratori che l'idea di tornare a palazzo Chigi non lo appassiona poi tanto. «Non so - ha spiegato - se ne avrò voglia. Troppo pesante, troppo faticoso. Ho lavorato come un pazzo per sette mesi e, inve¬ ce, mi dicono che non ho fatto niente». In più il cavaliere, ai suoi, ha fatto capire di essersi reso conto che quel ruolo lo espone a troppi attacchi. E ieri per rilanciare la candidatura del suo «capo» alla presidenza del Consiglio, Previti ha usato una singolare espressione: «Solo che lui lo voglia Berlusconi tornerà presto a palazzo Chigi». Già, «solo che lui lo voglia». Ecco perché tra le tante ipotesi che lo stato maggiore del cavaliere sta valutando c'è anche quella di un possibile patto Berlusconi-Dini per il «dopo». Nulla di certo, ovviamente, solo riflessioni o ammiccamenti che, però, cominciano a filtrare dagli incontri di questi giorni. Una prospettiva del genere, infatti, proprio sabato scorso è stata fatta balenare a Dini da un Pannella reduce da un incontro con Berlusconi. Poi, proprio l'altra sera, lo stesso Berlusconi nel corso dell'as- semblea dei deputati di Forza Italia ha illustrato una «variante» di questo tipo per andare al voto: «Se altri deputati usciranno fuori dalla lega e Scalfaro continuerà a dire no alle elezioni, potremmo presentare una mozione di sfiducia al governo Dini qui alla Camera; poi, potremmo proporre un governo Dini con una maggioranza organica di centro-destra che avrebbe la maggioranza alla Camera ma non al Senato. A quel punto rimarrebbe solo la strada delle elezioni». Di congetture come questa il cavaliere e i suoi in questi giorni ne stanno facendo tante. Alcune sono ipotesi fumose, altre meno. Tutte, però, si basano sulla possibilità di poter ritrovare Dini come alleato. Un alleato «prezioso» forse indispensabile per superare l'ostacolo Scalfaro. Prova ne è che da qualche giorno i «pasdaran» del Cavaliere non sparano più su Dini. Se appena una settimana fa l'attuale presidente del Consiglio si era beccato del traditore dallo stesso Berlusconi, adesso, invece, viene risparmiato; anzi, nel campo dell'ex-maggioranza, c'è anche chi ne tesse le lodi. Tutte le critiche, le polemiche, i giù dizi sprezzanti sono, invece, indirizzati verso Scalfaro. Ieri Savarese, deputato di For za Italia, ne ha chiesto le dimissioni. «Il battuto - ha det to - è il presidente Scalfaro, ancora e sempre più delegit timato ad interpretare l'u nità della nazione». «La votazione della Camera - gli ha fatto eco Di Muccio - dimo stra che il governo è un ribal tino in salsa scalfariana». Augusto Minzolini Di Muccio: «La fiducia dimostra che il governo è un "ribaltino" in salsa scalfariana» In alto: i «duellanti» della Lega Nord Umberto Bossi e Roberto Maroni A sinistra: il presidente Scalfaro A destra: il coordinatore di Forza Italia Cesare Previti

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