«Così beffo chi mi imita» di Antonella Amapane
A giudizio per truffa «Così beffo chi mi imita» Cardini perciò dico addio alle sfilate Parla il grande stilista parigino: «Nel mio atelier potranno entrare soltanto le clienti» PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Che scandalo la moda quando si riduce a pura pornografia. Siamo matti? E poi nessuno ci tutela dai volgari scopiazzatori», Pierre Caidin picchia duro. E' un fiume di parole. Spara a zero sul sistema, rivendica il buon gusto. E riconferma che d'ora in poi sfilerà a porte chiuse, perché non sopporta più di vedere i suoi capi imitati. Ma che cosa c'è veramente dietro a questa decisione? Cardili ci spiega le ragioni per cui ha deciso di cambiare rotta. Ma parla anche di come vede la couture oggi. Lo incontriamo nel suo studio di Faubourg Saint Honorè. Alle sue spalle trionfano i totem del successo. L'armadio a maschera che poi divenne il pachaging di un profumo, la spada con cui l'hanno insignito accademico di Francia, boccette di essenze, foto, ringraziamenti. Persino l'acqua minerale porta la firma di uno dei nove uomini più ricchi del mondo. Pierre Cardin vanta la bellezza di 840 licenze. Troppe? («Tutte le griffe aspirano al grande mercato»). Adesso anche i sigari Avana - rotto l'accordo con Davidoff - si chiameranno Maxim's, come la catena dei suoi ristoranti. Il logo di monsieur Pierre è dappertutto: dalle piastrelle ai piatti, fino al profumatore a sfera per l'automobile. Il gadget, battezzato «Car-Cardin», sarà presto in vendita. Il solo Paese dove lui non è presente è l'Albania. Ma ci arriverà presto. E fra un mese il Marco Polo della moda sbarcherà in Birmania per creare una rete di vendita dedicata al mercato interno. Lei è sempre slato unitarissimo perché improvvisamente tutto ciò la urta così tanto? Non è una trovata pubblicitaria? «Non ho bisogno di pubblicità. E' vero mi hanno sempre copiato. Ma adesso è ora di finirla. Ho cambiato idea. A volte bisogna avere il coraggio di farlo. Le copie belle o brutte che siano rappresentano un danno economico. Dopo un giorno dalla sfilata i prontisti già le mettono in produzione, prima ancora che arrivino i modelli originali. Lo ha persino ammesso alla televisione uno di questi signori che vive alle spalle di noi stilisti. Come funziona? Al ristorante una mia cliente ha beccato sul fatto un fotografo che la sera stessa del mio defilò vendeva a un industriale del pronto tutte le foto dei modelli. E volendo c'era anche il video per carpire i minimi dettagli. Per quale ragione una donna deve spendere tanti milioni e poi ritrovarsi in giro le pseudo clonazioni del suo vestito? E' una vergogna. A febbraio organizzerò nel mio atelier una serie di sfilatine per le clienti e basta. Proprio come usava un tempo». Ma lei ha sbarrato l'accesso anche ai giornali specializzati, non le pare eccessivo? «No, anzi. Per vedere un mio capo su Harper Bazaar devo comprare la pagina pubblicitaria al- trimenti non esce nulla. La stampa di settore ò vittima dell'informazione volgare. Non lo dico per gelosia, a 72 anni sarei un cretino se soffrissi di invidia. Il discorso è un altro. Oggi non si parla più di moda in maniera seria. Piacciono le immagini al limite del pornografico. Non è la mia storia. Si vedono foto di ragazze con le gambe aperte, il sesso in primo piano e magari un lembo di gon¬ nella. Pose artistiche, dicono i fotografi. Ma è moda? Ormai i maghi del clic dettano legge. Io non giudico gli altri. Facciano pure. Parlo per me. Non voglio sottostare a questi sistemi». Quindi non è d'accordo con chi sceglie le top model per promuovere le proprie creazioni? «E' una follia, costano tantissimo. Indossano due vestiti per 20 mila dollari e poi manco si vedono gli abiti. A volte arrivano in passerella mezze nude». E allora come pensa di pubblicizzare le sue creazioni? «Comprerò alcune pagine dei giornali e deciderò io quali capi pubblicare». E degli stilisti italiani, anche loro imitatissimi, che cosa pensa? «Valentino e Versace fanno bei vestiti. Anche Ferrè è bravo però è troppo spettacolare, troppo sontuoso. Alle soglie del duemila mi chiedo dove vanno le donne vestite così? Bisogna proporre indumenti al passo con i tempi. Armani è il numero uno nel prètà- porter. I suoi sono capi raffinati, di stile, ma non è un creatore. Non ha inventato nulla. L'Italia ha tanti pregi, guai se venissero a mancare i vostri tessuti e l'industria che, per altro, spesso produce le collezioni francesi». Antonella Amapane Sopra un abito di Chanel presentato alle sfilate di alta moda a Parigi
Persone citate: Armani, Cardin, Ferrè, Harper Bazaar, Pierre Cardin, Versace
Luoghi citati: Albania, Birmania, Faubourg Saint Honorè, Francia, Italia, Parigi
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